Cemento nella storica galleria
Paganica accusa la Provincia: stravolto il luogo simbolo delle nostre tradizioni
PAGANICA. La storia dei paesi della conca aquilana stretta fra i contrafforti dei monti più alti dell'Appennino la si può rintracciare soprattutto in quei luoghi simbolo che entrano, sin dal primo vagito, nel cuore di chi in quei borghi ci nasce. Non servono libri o lezioni a scuola. Il legame si crea subito e resta dentro fino all'ultimo respiro. Per Paganica e per i paganichesi uno di quei luoghi è il santuario della Madonna d'Appari incastonato fra le rocce che annunciano la grandiosità delle cime del Gran Sasso, e il gorgoglìo del torrente Raiale. Un piccolo angolo di paradiso che grazie anche al Comitato pro Santuario è stato reso fruibile e gradevole per tutto l'anno, persino in inverno quando a ridosso di uno spuntone di roccia viene allestito il presepe. Il Santuario – con ciò che lo circonda – è un unicum. La devozione popolare per la Madonna d'Appari e la bellezza dell'ambiente circostante ne fanno il cuore pulsante della comunità paganichese che, ogni anno, il martedì di Pasqua, si reca in processione in quella piccola chiesa tutta affrescata tanto che qualcuno si è spinto a definirla la Cappella Sistina d'Abruzzo. Durante la Messa chi resta fuori ne approfitta per un pic-nic all'aperto, una sorta di cerimonia laica con salame, prosciutto, pane e buon vino che non contrasta con l'omaggio alla Madonna anzi, per certi versi, ne consolida il legame. Il terremoto del 2009 ha causato, per fortuna, danni non irreparabili al Santuario tanto che un anno fa è stato riaperto dopo lavori di consolidamento sia alle strutture murarie che all'apparato decorativo. A rompere quell'equilibrio secolare fatto di ambiente, storia e pietà popolare ci ha pensato la Provincia che ha appaltato un mese fa lavori che dovevano avere l'obiettivo di mettere in sicurezza la galleria che fu scavata a mano, nella roccia, nel 1877 per permettere il passaggio di chi doveva andare verso Camarda, Assergi e Campo Imperatore.
Il cantiere è stato avviato e chiuso in pochi giorni. Quando sono state tolte le impalcature si è visto che la messa in sicurezza è consistita nel far cadere pietre ritenute pericolanti allargando il "buco" e rinforzandolo con rete elettrosaldata con spruzzo di cemento a consolidare il tutto. Il risultato agli occhi dei paganichesi, ma non solo, è stato uno «sfregio» a un luogo carico di storia, simboli e tradizione. La Provincia non ha pensato nemmeno per un attimo che quella galleria era un tutt'uno con il Santuario e che quindi non si potevano fare opere qualsiasi ma si doveva procedere a un vero e proprio restauro. Cosa che non è avvenuta, tanto che non è stata coinvolta la Soprintendenza e men che meno del progetto è stata informata la popolazione. I primi a reagire allo «scempio» sono stati i rappresentanti della Onlus Salviamo Paganica che in una dura nota inviata all'assessore provinciale alla viabilità Guido Quintino Liris hanno espresso tutta la loro indignazione per quanto era stato fatto. L'assessore Liris è un giovane che viene considerato una "novità" positiva nel panorama politico aquilano. Ma evidentemente ha già imparato alcuni trucchi del mestiere. Se un amministratore "concede" al popolo bue un favore _ che consiste in un'opera pubblica magari attesa da anni _ quell'amministratore si aspetta almeno un grazie e magari la promessa di future copiose schede elettorali con il suo nome. La reazione dell'assessore alla lettera di "Salviamo Paganica" non è stata una riflessione critica sul suo operato (della serie: ma dove avrò sbagliato) bensì una replica a caldo (la nota di Liris in risposta alla Onlus è stata imbastita a tamburo battente) in cui il rappresentante della Provincia si è detto amareggiato per l'attacco ricevuto e, pieno di rabbia, ha accusato l'associazione di anteporre l'estetica alla sicurezza delle persone. Una frase quest'ultima che Liris poteva risparmiarsi sia perché le sue parole cadono come aceto nelle ferite ancora aperte della tragedia del 2009, e sia perché ha dimenticato che una comunità viene ferita nel profondo anche quando la sua storia viene trattata con indifferenza e i suoi luoghi offesi. Che la galleria dovesse essere messa in sicurezza non c'è dubbio, solo un pazzo potrebbe pensare il contrario (e la stessa cosa vale per i costoni prospicienti un lungo tratto della statale 17 bis), ma lo si poteva fare molto meglio rispettando la "sacralità" dei luoghi. Una cosa adesso l'assessore può fare: andare a Paganica, convocare un'assemblea con i cittadini, illustrare le proprie ragioni (se pensa di averne), ascoltare le ragioni dei paganichesi e a quel punto, evitando di metterci solo la classica "pezza", puntare a un progetto complessivo per tutta l'area del Santuario che ne valorizzi le peculiarità ed elimini per quanto possibile lo «scempio». A sostegno del "suo " assessore è arrivato anche il presidente della Provincia Antonio Del Corvo, secondo il quale non si poteva far di più di quello che è stato fatto. Anche questa una frase infelice: si può sempre fare di più, basta volerlo e soprattutto conoscere le realtà locali. Cosa penserebbe Del Corvo se nella sua Celano venisse fatto uno sfregio allo storico Castello? Sicuramente andrebbe a legarsi con il sindaco Filippo Piccone al portone del maniero per difenderlo costi quel che costi. Per Paganica la Madonna d'Appari è come il Castello di Celano. Il Santuario è luogo carico di storia che ha emozionato, commosso, rinfrancato generazioni di abitanti di Paganica e dei centri alle falde del Gran Sasso. Le vicende del piccolo tempio affondano nel XIII secolo quando secondo la tradizione a una pastorella, Maddalena Chiaravalle, apparve (da qui d'Appari) la Madonna con in grembo il Cristo, suo Figlio, morto. La Vergine avrebbe chiesto alla pastorella che in quel luogo fosse eretto un santuario in suo onore. Il parroco dell'epoca prima si mostrò incredulo poi si convinse della veridicità del racconto e a sua volta spronò i paganichesi a costruire il Santuario. Liris avrebbe dovuto conoscere la celebre frase di Federico Fellini a proposito degli spot durante la proiezione in tv dei film. Il grande regista sentenziò: non si interrompe un'emozione. L'assessore ci pensi e rifletta e magari ammetta di aver sbagliato. A tutto, o quasi, c'è rimedio.
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