Chicco da Acciano, sulle orme del gigante

La lunga notte di Di Benedetto tra scongiuri, brindisi e scommesse perse dai suoi sostenitori

L’AQUILA. Ci fosse stato il Gigante di Acciano – al secolo Giuseppe Catoni (1820-1890), che era alto 2 metri e 25 e divenne per questo famoso, girando il mondo – questa Magnum Mathusalem da litri 6 di Ferrari l’avrebbe tenuta su con la forza di sole tre dita.

Chicco Di Benedetto, novello gigante delle primarie del centrosinistra, la prende a due mani, non si sa mai. È passato dalla lista Nuova frontiera del suo paese d’origine al Passo possibile per L’Aquila. Ma sa bene che il cammino è soltanto all’inizio. Attorniato da fan ebbri di gioia, dà il meglio di sé, nella notte che lo incorona candidato sindaco del centrosinistra. Anche se è stanco e provato. E meno male che siamo soltanto alle prove tecniche di elezioni. Lui che, commercialista e presidente dell’acquedotto, l’avrebbe volentieri riempita d’acqua del Gran Sasso, ché magari costava pure di meno e faceva pur sempre girare il brand.

Acciano batte Cesaproba di 621 voti, intorno all’una il bottiglione è mezzo vuoto e non si trovano più neppure i bicchieri. Alzano i calici anche storici elettori di destra che assistono allo spoglio in vigile attesa, come i vecchi rappresentanti di lista del Pci con l’Unità in tasca.

«Forse starà passando dai sottoservizi». scherzano i supporter che l’aspettano alla Fontana luminosa, dove il tunnel dell’ingegner Tramontano è passato di corsa, ben sapendo che il presidente avrebbe cominciato proprio da qui la corsa a Palazzo Margherita. Ma non tutti ci credevano. Qualcuno dei suoi dice a voce alta di averci perso «due cene».

Nei corridoi dell’hotel Castello c’è chi la butta sul campanilismo: «Così non entra in consiglio regionale Giovanni D’Amico. E L’Aquila, almeno stavolta, non perde una poltrona». Il primo nodo di Chicco è restare o mollare la Gran Sasso acqua, con l’appaltone milionario delle fogne intelligenti, per tuffarsi in campagna. Il Comune è azionista di maggioranza e nomina il cda. Dunque, da sindaco, diventerebbe grande elettore di se stesso. «Vediamo, ci penserò, certo che lasciare a lavori avviati non va bene...», sussurra prima di confidare che, adesso, vorrebbe andarsene a dormire.

Prima, però, l’investitura solenne con la triade al completo, in cima a due scalini di una sala che ribolle di entusiasmo. Cialente sembra contento. Del resto, nessuno dimentica che fu lui a cacciare Pietrucci dal suo Gabinetto. Ora che c’è il suo delfino, dice che non si ricandida al Comune, neppure come consigliere e torna al lavoro all’Asl. Ma può pensare a uno sbocco alla Camera in quota Cuperlo. Pezzopane, da renziana, si sarà spesa per Chicco, anche se non pubblicamente. E la cosa la farà pesare per restare al Senato. Lolli ha tifato Pietrucci. Ha dunque perso con lui, ma sorride e non lo dà a vedere. Più indietro, sprofondati sulle poltrone, gli amici più fedeli dello sconfitto, tra cui l’assessora Emanuela Di Giovambattista. Che il primo effetto di Chicco candidato sia l’ennesimo rimpasto?(e.n.)

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