Cialente, siamo alla battaglia finale
A Roma ha guidato la mobilitazione, ma è diventato un obiettivo politico e il tira e molla su soldi e tasse sta ritardando idee e progetti per la città futura
L'AQUILA. Lo scorso anno di questi tempi noi aquilani eravamo o sotto le tende o negli alberghi della costa. C'era chi dormiva ancora in macchina a causa dello choc o perché sensibile a ogni "ritorno" di un terremoto che sembrava non finire mai (e che in verità non è ancora finito perchè le scosse continuano soprattutto nell'area dei monti Reatini quindi zona Montereale). E poi c'era l'attenzione di tutta la stampa nazionale e le visite ripetute di esponenti del governo.
In questi giorni, 12 mesi fa, si stava preparando il G8, il summit dei Grandi ai quali doveva essere mostrata la "vetrina" della città terremotata così da spingere le first lady a chiedere ai loro potenti mariti di "acquistare" un pezzo da restaurare. Un modo come un altro per fare shopping. I dintorni della città erano già stati trasformati in un enorme cantiere: strade costruite in una notte, ponti che venivano fuori dal nulla, ruspe in azione 24 ore su 24. Un anno dopo il rumore più assordante è quello del silenzio.
A marzo sono servite le "carriole" per portare l'attenzione su un centro storico abbandonato a se stesso, poi è iniziato il tira e molla sulle tasse (proroga dell'esenzione o non proroga dell'esenzione).
Ieri, il consiglio comunale convocato a Roma davanti alla sede del Senato ha proclamato per la città lo stato di agitazione. La prova generale c'è stata 10 giorni fa con il corteo dei Ventimila. Il 6 luglio i Ventimila proveranno a spostarsi a Roma sotto i palazzi del potere. L'unica televisione che ha trasmesso in diretta il consiglio comunale a Roma è stata Rai news.
Il sindaco Cialente ha parlato per tre quarti d'ora da capopopolo: ha attaccato governo e Protezione civile, ha paragonato la situazione degli aquilani a quel condannato a morte al quale sei mesi per sei mesi viene posticipata l'esecuzione allungandone semplicemente l'agonia. Per il sindaco però oggi si pone una questione: si può fare in contemporanea il capopolo quando si sta in piazza e il vicecommissario della ricostruzione quando si sta nel palazzo?
Il sindaco (e il consiglio) ieri è stato praticamente ignorato sia dal governo che dai rappresentanti delle istituzioni. L'unico esponente della maggioranza che ha provato a interloquire è stato il senatore del Pdl, Piccone il quale alla fine, inviperito per i fischi ricevuti, è sbottato in una serie di velenose dichiarazioni che nascondono alcuni obiettivi politici. Piccone ha detto chiaramente che Cialente ha stufato, è incapace a gestire la ricostruzione e che prima se ne va e meglio è. «Da oggi» ha continuato Piccone «non gli perdoneremo più nulla».
E' iniziata la battaglia finale la cui punta avanzata è la Protezione civile che ormai al sindaco ribatte colpo su colpo dandogli dell'ingrato (ma rispetto a cosa non è chiaro) e perfino del bugiardo. Sui soldi che mancano (Cialente), o che ci sono (Bertolaso) si sta innescando un balletto alle spalle di chi il sei aprile ha perso tutto e che oggi non ha strumenti e forza economica per ripartire. Finalmente sta venendo fuori con chiarezza la richiesta di una legge speciale per L'Aquila supportata da una tassa di scopo o qualsiasi altra diavoleria in grado di garantire un flusso di denaro di almeno due-tre miliardi l'anno.
Ma va evidenziata anche un'altra questione. Il sindaco rivendica a gran voce soldi liquidi per pagare di fatto una serie di arretrati: alberghi, autonoma sistemazione, contributi diretti per case A-B-C, danni sofferti dalle imprese, i traslochi, i mobili distrutti sotto le macerie e naturalmente i puntellamenti.
E' chiaro però che anche se ottenesse subito quei soldi questo non significherebbe ricostruire la città ma sarebbe semplicemente una boccata di ossigeno. Vorrei fare a Cialente una domanda che ho fatto ai sindaci dei piccoli Comuni dell'Aquilano: se domattina nelle casse del Comune arrivassero i fondi per la ricostruzione pesante (non solo per gli arretrati quindi) l'amministrazione sarebbe in grado di spenderli? Non è una questione secondaria, perché oggi non c'è ancora una idea su come dovrà essere L'Aquila del futuro. Ma fino a quando gli aquilani, col sindaco in testa, saranno costretti a stare col cappello in mano davanti ai palazzi romani è difficile pensare a programmare e progettare. Ma forse è questo che si vuole.
In questi giorni, 12 mesi fa, si stava preparando il G8, il summit dei Grandi ai quali doveva essere mostrata la "vetrina" della città terremotata così da spingere le first lady a chiedere ai loro potenti mariti di "acquistare" un pezzo da restaurare. Un modo come un altro per fare shopping. I dintorni della città erano già stati trasformati in un enorme cantiere: strade costruite in una notte, ponti che venivano fuori dal nulla, ruspe in azione 24 ore su 24. Un anno dopo il rumore più assordante è quello del silenzio.
A marzo sono servite le "carriole" per portare l'attenzione su un centro storico abbandonato a se stesso, poi è iniziato il tira e molla sulle tasse (proroga dell'esenzione o non proroga dell'esenzione).
Ieri, il consiglio comunale convocato a Roma davanti alla sede del Senato ha proclamato per la città lo stato di agitazione. La prova generale c'è stata 10 giorni fa con il corteo dei Ventimila. Il 6 luglio i Ventimila proveranno a spostarsi a Roma sotto i palazzi del potere. L'unica televisione che ha trasmesso in diretta il consiglio comunale a Roma è stata Rai news.
Il sindaco Cialente ha parlato per tre quarti d'ora da capopopolo: ha attaccato governo e Protezione civile, ha paragonato la situazione degli aquilani a quel condannato a morte al quale sei mesi per sei mesi viene posticipata l'esecuzione allungandone semplicemente l'agonia. Per il sindaco però oggi si pone una questione: si può fare in contemporanea il capopolo quando si sta in piazza e il vicecommissario della ricostruzione quando si sta nel palazzo?
Il sindaco (e il consiglio) ieri è stato praticamente ignorato sia dal governo che dai rappresentanti delle istituzioni. L'unico esponente della maggioranza che ha provato a interloquire è stato il senatore del Pdl, Piccone il quale alla fine, inviperito per i fischi ricevuti, è sbottato in una serie di velenose dichiarazioni che nascondono alcuni obiettivi politici. Piccone ha detto chiaramente che Cialente ha stufato, è incapace a gestire la ricostruzione e che prima se ne va e meglio è. «Da oggi» ha continuato Piccone «non gli perdoneremo più nulla».
E' iniziata la battaglia finale la cui punta avanzata è la Protezione civile che ormai al sindaco ribatte colpo su colpo dandogli dell'ingrato (ma rispetto a cosa non è chiaro) e perfino del bugiardo. Sui soldi che mancano (Cialente), o che ci sono (Bertolaso) si sta innescando un balletto alle spalle di chi il sei aprile ha perso tutto e che oggi non ha strumenti e forza economica per ripartire. Finalmente sta venendo fuori con chiarezza la richiesta di una legge speciale per L'Aquila supportata da una tassa di scopo o qualsiasi altra diavoleria in grado di garantire un flusso di denaro di almeno due-tre miliardi l'anno.
Ma va evidenziata anche un'altra questione. Il sindaco rivendica a gran voce soldi liquidi per pagare di fatto una serie di arretrati: alberghi, autonoma sistemazione, contributi diretti per case A-B-C, danni sofferti dalle imprese, i traslochi, i mobili distrutti sotto le macerie e naturalmente i puntellamenti.
E' chiaro però che anche se ottenesse subito quei soldi questo non significherebbe ricostruire la città ma sarebbe semplicemente una boccata di ossigeno. Vorrei fare a Cialente una domanda che ho fatto ai sindaci dei piccoli Comuni dell'Aquilano: se domattina nelle casse del Comune arrivassero i fondi per la ricostruzione pesante (non solo per gli arretrati quindi) l'amministrazione sarebbe in grado di spenderli? Non è una questione secondaria, perché oggi non c'è ancora una idea su come dovrà essere L'Aquila del futuro. Ma fino a quando gli aquilani, col sindaco in testa, saranno costretti a stare col cappello in mano davanti ai palazzi romani è difficile pensare a programmare e progettare. Ma forse è questo che si vuole.
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