Collemaggio, basilica distrutta
Devastato il simbolo della Perdonanza. Celestino, reliquia intrappolata
L'AQUILA. Celestino intrappolato. Prima rubato nel 1988 e ritrovato pochi giorni dopo nel piccolo cimitero di Roccapassa (Rieti). Ora coperto da un ammasso di detriti che stamani qualcuno tenterà di rimuovere. E di mettere al sicuro. Collemaggio, la chiesa-simbolo della Perdonanza e del romanico abruzzese, è adesso una prigione per la sua reliquia più importante. Le spoglie del Papa del Morrone sono irraggiungibili. Il rettore della basilica più famosa d'Abruzzo, don Nunzio Spinelli, apre la porta della splendida chiesa che pare sventrata dalle bombe.
COME IN GUERRA. Sei aprile, prima e dopo. Entrare a Collemaggio è come vedere il film La Ciociara. Non sono state le bombe, però, a devastare il monumento religioso noto al mondo per la Perdonanza celestiniana. Neppure la Porta Santa che si apre ogni anno il 28 agosto e rinnova, per chi crede, il mistero del perdono, si salva dal bombardamento del terremoto, salito dalla terra e e non sceso dal cielo. La facciata, miracolosamente illesa grazie alla massiccia impalcatura montata per lavori di restauro precedenti al sisma, pare resistere orgogliosa alla sfida lanciata dalla furia distruttrice che ha seminato morte in tutta la città e sfregiato per sempre i luoghi simbolo della fede e della devozione popolare. Varcata la soglia, ecco il tuffo al cuore. La chiesa non esiste più. Al posto del transetto c'è solo una grande voragine che apre il cielo dentro la basilica. Un buco enorme, impressionante, da dove si vede l'elicottero dell'Esercito che volteggia insistentemente su tutte le aree interessate dal catastrofico sisma. Il volteggiare delle pale rimbomba con un suono sordo attraverso le tre navate completamente ricoperte di polvere e di sassi schizzati ovunque. I blocchi caduti dalla volta, dalle colonne e dai grossi capitelli di pietra bianca non levigata hanno ridotto in pezzi anche il preziosissimo organo che era sistemato sulla sinistra della navata centrale. Ora le canne, un tempo lucide, sono ridotte a un ammasso di lamiera così contorta che solo un bombardamento avrebbe potuto renderle così. Non suoneranno più nelle solenni celebrazioni della Perdonanza e neppure nei matrimoni, per cui la chiesa aveva prenotazioni da qui a cinque anni in avanti. Tutto cancellato in pochi secondi di terremoto arrivato nella notte a spazzare le vite, la storia, i simboli, le tradizioni degli aquilani.
SANTO INTRAPPOLATO. Stamani a partire dalle 9 alcune squadre specializzate dei vigili del fuoco proveranno, con tutte le cautele possibili, a varcare quell'enorme montagna di detriti che è crollata e che impedisce di poter arrivare al mausoleo di Celestino V, che si trova in fondo alla navata di destra della basilica. Della tomba del santo si scorge soltanto una parte. Tutto il resto forse ha subìto la stessa fine. Ma si saprà soltanto oggi. «Speriamo di ritrovare le reliquie intatte», si augura il rettore della basilica don Nunzio Spinelli che ha evitato per poco di essere travolto dalle macerie la notte del terremoto, nei locali attigui alla basilica. «Poi dovremo adoperarci per assicurare a questa preziosissima reliquia, patrimonio dell'intera umanità, un'adeguata sistemazione». Con ogni probabilità sarà necessario effettuare anche una ricognizione canonica, una particolare procedura discipinata da rigorose norme dettate dalla Chiesa, per arrivare a stabilire con certezza qual è lo stato di conservazione delle spoglie del santo del Morrone. Resti mortali, quello del Papa che rinunciò al potere per tornare a fare l'eremita, che sembrano non trovare pace. Il furto prima, poi il terremoto. L'altra angustia del sacerdote custode della basilica è quella «di non aver potuto raggiungere neppure la cappella del Santissimo sacramento che custodisce il bene più caro, l'Eucarestia». Non si ha idea alcuna di come poter cominciare neppure la ripulitura del grande ammasso di materiale crollato e ridotto in polvere. Impossibile ipotizzare neppure i tempi di avvio dei lavori. Insomma, un disastro davvero incalcolabile.
SFREGIO PERENNE. Parlare di restauro di fronte a una devastazione del genere sembra davvero fuori luogo. Nulla potrò più tornare come prima. La basilica, oggetto anni fa di un restauro massiccio che interessò soprattutto la volta, completamente realizzata con massicce travi di legno, e il tetto, «È un colpo mortale dal quale forse non ci riprenderemo più», commenta sconsolato il rettore della basilica mentre toglie la polvere dai libretti illustrativi in tutte le lingue del mondo. Sono rimasti tutti intatti, così come le coroncine del rosario che adesso sono oggetti culto per chi entra e vede cosa è diventata Collemaggio. E allora, l'ultima immagine di com'era la basilica dedicata alla Madonna e costruita sul Colle di Maggio, sta sulla copertina di questi volumetti. Rimasti a testimoniare un qualcosa che prima c'era e che adesso, purtroppo, non c'è più.
COME IN GUERRA. Sei aprile, prima e dopo. Entrare a Collemaggio è come vedere il film La Ciociara. Non sono state le bombe, però, a devastare il monumento religioso noto al mondo per la Perdonanza celestiniana. Neppure la Porta Santa che si apre ogni anno il 28 agosto e rinnova, per chi crede, il mistero del perdono, si salva dal bombardamento del terremoto, salito dalla terra e e non sceso dal cielo. La facciata, miracolosamente illesa grazie alla massiccia impalcatura montata per lavori di restauro precedenti al sisma, pare resistere orgogliosa alla sfida lanciata dalla furia distruttrice che ha seminato morte in tutta la città e sfregiato per sempre i luoghi simbolo della fede e della devozione popolare. Varcata la soglia, ecco il tuffo al cuore. La chiesa non esiste più. Al posto del transetto c'è solo una grande voragine che apre il cielo dentro la basilica. Un buco enorme, impressionante, da dove si vede l'elicottero dell'Esercito che volteggia insistentemente su tutte le aree interessate dal catastrofico sisma. Il volteggiare delle pale rimbomba con un suono sordo attraverso le tre navate completamente ricoperte di polvere e di sassi schizzati ovunque. I blocchi caduti dalla volta, dalle colonne e dai grossi capitelli di pietra bianca non levigata hanno ridotto in pezzi anche il preziosissimo organo che era sistemato sulla sinistra della navata centrale. Ora le canne, un tempo lucide, sono ridotte a un ammasso di lamiera così contorta che solo un bombardamento avrebbe potuto renderle così. Non suoneranno più nelle solenni celebrazioni della Perdonanza e neppure nei matrimoni, per cui la chiesa aveva prenotazioni da qui a cinque anni in avanti. Tutto cancellato in pochi secondi di terremoto arrivato nella notte a spazzare le vite, la storia, i simboli, le tradizioni degli aquilani.
SANTO INTRAPPOLATO. Stamani a partire dalle 9 alcune squadre specializzate dei vigili del fuoco proveranno, con tutte le cautele possibili, a varcare quell'enorme montagna di detriti che è crollata e che impedisce di poter arrivare al mausoleo di Celestino V, che si trova in fondo alla navata di destra della basilica. Della tomba del santo si scorge soltanto una parte. Tutto il resto forse ha subìto la stessa fine. Ma si saprà soltanto oggi. «Speriamo di ritrovare le reliquie intatte», si augura il rettore della basilica don Nunzio Spinelli che ha evitato per poco di essere travolto dalle macerie la notte del terremoto, nei locali attigui alla basilica. «Poi dovremo adoperarci per assicurare a questa preziosissima reliquia, patrimonio dell'intera umanità, un'adeguata sistemazione». Con ogni probabilità sarà necessario effettuare anche una ricognizione canonica, una particolare procedura discipinata da rigorose norme dettate dalla Chiesa, per arrivare a stabilire con certezza qual è lo stato di conservazione delle spoglie del santo del Morrone. Resti mortali, quello del Papa che rinunciò al potere per tornare a fare l'eremita, che sembrano non trovare pace. Il furto prima, poi il terremoto. L'altra angustia del sacerdote custode della basilica è quella «di non aver potuto raggiungere neppure la cappella del Santissimo sacramento che custodisce il bene più caro, l'Eucarestia». Non si ha idea alcuna di come poter cominciare neppure la ripulitura del grande ammasso di materiale crollato e ridotto in polvere. Impossibile ipotizzare neppure i tempi di avvio dei lavori. Insomma, un disastro davvero incalcolabile.
SFREGIO PERENNE. Parlare di restauro di fronte a una devastazione del genere sembra davvero fuori luogo. Nulla potrò più tornare come prima. La basilica, oggetto anni fa di un restauro massiccio che interessò soprattutto la volta, completamente realizzata con massicce travi di legno, e il tetto, «È un colpo mortale dal quale forse non ci riprenderemo più», commenta sconsolato il rettore della basilica mentre toglie la polvere dai libretti illustrativi in tutte le lingue del mondo. Sono rimasti tutti intatti, così come le coroncine del rosario che adesso sono oggetti culto per chi entra e vede cosa è diventata Collemaggio. E allora, l'ultima immagine di com'era la basilica dedicata alla Madonna e costruita sul Colle di Maggio, sta sulla copertina di questi volumetti. Rimasti a testimoniare un qualcosa che prima c'era e che adesso, purtroppo, non c'è più.