Comune di Sulmona, indagato per assenteismo suicida: "Vittima della gogna mediatica"

La Puglielli, avvocato della famiglia del dipendente comunale che si è tolto la vita, punta il dito contro il clamore giornalistico: «Occorre una riflessione e va rispettato il dolore di queste persone»

SULMONA. «Non ce l’ha fatta a reggere la pressione mediatica conseguente all’inchiesta sull’assenteismo in Comune». Questa la spiegazione che l’avvocato Catia Puglielli dà per conto della famiglia di Luigi Paolini. «La famiglia, stretta in un profondo dolore misto a rabbia, chiede il massimo rispetto e riserbo per quanto accaduto», interviene il legale, «la moglie mi ha raccontato che il suo Luigi non ha retto nel vedere il suo nome sul giornale. I parenti sono convinti che la gogna mediatica sia la vera colpevole di questa terribile vicenda».

Intanto, in città si respira un clima molto teso, soprattutto nei corridoi di Palazzo San Francesco, dove ieri nessuno aveva voglia di parlare. «Purtroppo quanto accaduto impone una necessaria riflessione da parte di tutti», aggiunge l’avvocato Puglielli, «da qui l’appello dei familiari a rispettare il loro dolore e a lasciarli in pace. Luigi era una persona molto ligia al dovere, che non sopportava nemmeno prendere le multe».

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Secondo l’inchiesta della Corte dei conti, parallela a quella della Procura, che ha già inviato i primi provvedimenti a 25 dei 46 dipendenti comunali, finiti nelle indagini della Guardia di finanza, Paolini avrebbe dovuto risarcire circa 15mila euro allo Stato per il danno di immagine. «In questa fase non voglio entrare nel merito delle indagini», aggiunge l’avvocato, «per quello c’è tempo e ci saranno le sedi opportune, ma credo che quanto accaduto sia indicativo e imponga successivi approfondimenti. Del resto questa storia è finita su tutte le cronache, anche nazionali».

In una città sospesa da un’atmosfera quasi surreale, per una tragedia che ha colto tutti di sorpresa, non manca chi difende il collega, finito nel calderone delle indagini della Finanza.

«Era un lavoratore», ricorda un collega che preferisce restare nell’anonimato, «si è ritrovato in una storia più grande di lui. Come al solito sono i più deboli e quelli che hanno sbagliato meno di tutti a subire le conseguenze più gravi di certe cose». Nel frattempo, sale in città la rabbia per un’inchiesta non ancora chiusa, dopo sei mesi di osservazioni e pedinamenti delle Fiamme gialle. «Siamo di fronte a un’inchiesta anomala, divulgata con un comunicato stampa e non ancora chiusa», aggiunge un altro impiegato, «la magistratura contabile che precede quella penale non fa sicuramente onore a uno Stato di diritto. Attenzione però a non far strumentalizzare questa tragedia da coloro che hanno dimenticato che a uno Stato di diritto deve corrispondere il dovere soggettivo di rispettare la legge, comprese le norme sugli orari di lavoro».

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