Consorzi per rifare il centro

Quarto di San Pietro, 200 proprietari in assemblea.

L’AQUILA. Duecento proprietari di abitazioni in zona rossa, che abitano nelle strade attorno alla chiesa di San Pietro, in assemblea per dividere in comparti il quarto storico della città e poi costituire un consorzio per avviare la ricostruzione. Dopo il progetto di piazza della Prefettura, anche per altre zone della città ferita dal terremoto scatta la mobilitazione per accelerare i tempi della rinascita.

SI RIPARTE. C’era entusiasmo e voglia di fare, due sere fa, nella riunione che si è tenuta nella sede dell’Accademia di Belle Arti. Si è parlato di comparti e di consorzi, di pieni e di vuoti da riempire, di tempi per avviare la ricostruzione del centro storico. Il consorzio in via di formazione riguarda quella fascia di centro storico che va da San Pietro a San Domenico e comprende anche parte di via Rustici, via Pretatti e un tratto di viale Duca degli Abruzzi fino a via Cascina. Duecento proprietari di abitazioni si sono radunati per dare il via a un nuovo consorzio, dopo quello nato a piazza della prefettura. Eugenio Carlomagno (Comitato «L’Aquila un centro storico da salvare») spiega il senso dell’iniziativa.

«Gli aquilani hanno finalmente capito che se non partecipano direttamente la ricostruzione dal basso non avverrà mai. Certo, il cammino è molto lungo e complicato. Ci sono da formare i comparti, gli aggregati urbani e c’è da costituire il consorzio. Ma finalmente stiamo partendo, anche alla luce della presentazione delle linee di indirizzo strategico per il centro storico. I proprietari delle case in centro storico non devono vendere i loro immobili, né cedere alle lusinghe di chi fa offerte per acquistare. Quando si dice che si ricostruirà in cinque anni si dà un termine che potrebbe, a un primo impatto, spaventare qualcuno. Invece non è così. Bisogna ripartire».

LEGGI E ORDINANZE. Venerdì è in programma un altro incontro al quale verranno invitati a partecipare professionisti e altri proprietari di abitazioni in centro storico. «Organizzeremo incontri periodici», spiega ancora Carlomagno. «Lo scopo principale è quello di informare i cittadini sulle ordinanze e sugli sviluppi della situazione. Infatti bisogna dire che gli strumenti ci sono, a partire dalle ordinanze. Invece, una carenza che si nota in questa fase è quella che riguarda i progettisti. La cosa più grave, infatti, è che i progettisti che si impegnano nella ricostruzione devono essere più veloci nel presentare i loro lavori. Impossibile, infatti, che un professionista assuma 200 incarichi e poi non sia in grado di completarli nei tempi stabiliti.

Chiederemo al sindaco Massimo Cialente di inserire in un’ordinanza un tempo massimo entro il quale ciascun progettista deve consegnare l’elaborato. Deve guidarci l’esempio dell’Umbria, dove l’intoppo maggiore non è stato causato dalla mancanza di soldi ma dai ritardi causati dalla burocrazia e dagli indugi. Per questo va posto l’accento sulla responsabilità dei progettisti perché anche qui i soldi ci sono. Ma dai progettisti, specialmente da quelli aquilani che hanno preso l’impegno di lavorare alla ricostruzione della nostra città, bisogna pretendere maggiore responsabilità. Non sono pessimista sulle risorse disponibili. Le banche hanno cospicui stanziamenti a disposizione, che non sono stati spesi finora perché non si presentano i progetti. Chiediamo anche maggiore speditezza da parte del Comune nelle procedure e più celerità da parte dei professionisti.

Occorre stabilire un termine di 20 giorni entro il quale occorre riconsegnare le perizie richieste. Solo così riusciremo ad accorciare i tempi necessari per far partire la ricostruzione del centro storico. E bisogna coinvolgere le forze della città. Occorre anche avere una visione unitaria anche se è comprensibile che si dovrà procedere per gradi». Gli allievi dell’Accademia di Belle arti sono pronti a lavorare nei restauri.

IL FUTURO DEL CENTRO. Nel corso dell’assemblea i residenti in zona rossa hanno anche affrontato il tema di come ricostruire. Ci sono idee diverse, ma tutti sono d’accordo sul fatto che il cuore della città deve tornare a essere il punto nevralgico e attrattore per il territorio circostante. Nonostante la presenza, in periferia, di 19 nuove aree dove sono sorti gli alloggi del progetto Case. «Non dobbiamo accontentarci del provvisorio», argomenta Carlomagno. «Vuol dire che bisogna partire dal centro storico, lavorando quartiere per quartiere senza speculazioni né deroghe né varianti in corso d’opera.

Ma bisogna anche migliorare la città pensando, ad esempio, alla pedonalizzazione che non c’è mai stata e ad altre forme di rispetto e di valorizzazione per il nucleo di una città. Non ci servono le archistar dei grossi auditorium. Piuttosto, visto che le nuove abitazioni del progetto Case resteranno per i prossimi 30-40 anni, bisognerà andare a riqualificare quelle zone perché vanno inserite lo stesso nel progetto complessivo. Occorre fare in modo, infatti, che quella parte sia integrata con la città e ci siano i servizi necessari. Dobbiamo ricostruire la città, ma anche rimodularla secondo le nuove esigenze».

PIAZZA PREFETTURA. Domani, intanto, verranno presentati i primi risultati dello studio condotto sugli immobili di piazza della Repubblica, meglio nota come piazza della Prefettura. In questa zona-simbolo della devastazione in città è sorta, infatti, la prima iniziativa tra proprietari di immobili che hanno avviato un progetto di ricostruzione. La presentazione dell’attività in corso per il recupero di alcuni degli isolati dannneggiati in quella parte della città avverrà domani alle 16. Parteciperanno all’incontro il vicecommissario per i Beni culturali Luciano Marchetti, il responsabile del procedimento del progetto Case Mauro Dolce, l’ingegnere Gaetano Manfredi del consorzio Reluis e Roberta Gargano in rappresentanza del consorzio proprietari «Piazza della Prefettura». L’appuntamento è organizzato in concomitanza con la presenza all’Aquila di esperti internazionali provenienti da 12 paesi dell’Unione europea e dell’area mediterranea che partecipano al progetto di ricerca europeo «Niker» sulla protezione dei beni culturali dal rischio sismico.