Crollo con 13 vittime, condannato Cimino

Via D’Annunzio, inflitti tre anni e mezzo al progettista dei restauri del palazzo. Assolto l’esecutore dei lavori

L’AQUILA. Quattro ore di camera di consiglio e poi la sentenza: condanna a tre anni e mezzo di reclusione per l’ingegnere Fabrizio Cimino progettista dei restauri fatti nel 2002 del palazzo crollato in via D’Annunzio con tredici vittime. Secondo la tesi del pm Fabio Picuti, sostanzialmente accolta dal giudice unico Giuseppe Nicola Grieco, il reato di omicidio colposo plurimo e disastro colposo è di natura omissiva. Cimino, a suo dire, avrebbe dovuto dare un’occhiata anche al vecchio progetto del palazzo e si sarebbe reso conto che era stato realizzato malissimo; avrebbe potuto comunicare ciò agli inquilini, i quali, forse, si sarebbero regolati diversamente il 6 aprile 2009 e non sarebbero rimasti a casa. L’impressione è che il verdetto non fosse così scontato, nel senso che l’avvocato di Cimino, Stefano Rossi, sostenendo una diversa interpretazione del caso, ha evidenziato che l’imputato non aveva alcun obbligo giuridico di provvedere al ricalcolo del vecchio edificio; in quanto avrebbe dovuto fare rilievi incompatibili con l’incarico iniziale di ristrutturare sei colonne che gli fu affidato dall’assemblea di condominio. E non esisteva un contratto in tal senso. Sempre secondo Rossi, inoltre, non si è mai provato che la qualità del cemento adoperato fosse di pessima qualità. Rossi ha pure sostenuto come il palazzo, dopo le scosse comunque non irrilevanti precedenti il 6 aprile, non dette segnali di un prevedibile disastro e dunque non poteva nemmeno esistere la presunzione di quanto accadde. Un’esposizione, quella di Rossi, ascoltata con molta attenzione dal giudice che, non a caso, si è preso quattro ore prima di leggere la sentenza con la quale ha anche inflitto, come pena accessoria, 5 anni di interdizione dai pubblici uffici (sanzione che scatterà solo in caso di condanna in Cassazione) e una provvisionale complessiva di mezzo milione.

Il giudice ha poi assolto l’esecutore dei lavori Fernando Melaragno, 65 anni, assistito dall’avvocato Paolo Vecchioli. Le motivazioni della sentenza si conosceranno tra 90 giorni. Procede, infine, in parallelo il processo-bis a un altro imputato, Filippo Impicciatore, 82 anni, di Perano (Chieti), che si è occupato della costruzione originaria nel 1961, mentre gli altri costruttori sono morti. L’imputato vive in Sudamerica e ci sono stati problemi di notifiche. Le parti civili sono rappresentate dagli avvocati Bernardino Ciucci, Francesco Valentini, Antonio Milo, Donatella Boccabella, Antonio Di Mizio, Francesco Carli, Alessandro De Paulis, Ascenzo Lucantonio.

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