Crollo con 17 morti, 3 anni al progettista

Prima condanna nei processi post-sisma. L’ingegnere Diego De Angelis ristrutturò il palazzo dove perse la vita la figlia

L’AQUILA. Una breve camera di consiglio e poi la storica sentenza, la prima sui crolli dei palazzi in seguito al terremoto. Diego De Angelis, progettista e direttore dei restauri del palazzo di via Generale Rossi nel cui crollo morirono la figlia e altre 16 persone, è stato condannato a tre anni per omicidio colposo, disastro colposo e lesioni gravi. Con la stessa sentenza il giudice unico Giuseppe Romano Gargarella, ha assolto con formula piena gli altri due imputati Davide De Angelis, fratello di Diego, collaudatore e Angelo Esposito, titolare dell’impresa che all’inizio del Duemila eseguì i restauri. A De Angelis è stata inflitta come pena accessoria l’interdizione dai pubblici uffici per cinque anni. Una sentenza che ricalca le richieste del pm Fabio Picuti, il quale aveva chiesto quattro anni di carcere per il condannato e l’assoluzione per gli altri due.Ma la sentenza, a sua volta, è in parte figlia della perizia del giudice, che ha ribaltato nella sostanza quella del pm, per la quale il crollo del palazzo era imputabile ai restauri e in particolar modo dall’appesantimento del tetto in seguito ai lavori. La successiva perizia ha escluso la responsabilità dei restauri ritenendo che la tragedia fu causata da gravi errori nella progettazione del palazzo, risalente a oltre cinquanta anni fa e all’uso di materiale scadente. E allora perché la condanna? Lo spiegherà il giudice nella sua motivazione per la quale si è preso novanta giorni. Ma è possibile che abbia avuto peso la contestazione fatta dal pm per la quale in occasione dei restauri non ci fu alcuna verifica sulla staticità del palazzo. Si contestano delle omissioni nei calcoli che non emergono dalle documentazioni. Secondo l’accusa, se quei calcoli fossero stati fatti, l’accusato si sarebbe accorto della criticità del fabbricato. La camera di consiglio è arrivata nel tardo pomeriggio dopo che l’avvocato Attilio Cecchini, difensore dell’imputato insieme al collega Giampiero Berti de Marinis, aveva chiesto l’assoluzione per l’ingegnere sulla scorta di due considerazioni. Il fatto che la perizia del giudice escludesse in modo chiaro che il crollo fosse collegato alla ristrutturazione; e poi il fatto che l’imputato avesse inviato al Genio civile i documenti per quei lavori ottenendo il via libera.

Dopo la lettura della sentenza il pm Picuti ha dato la sua solidarietà umana all’imputato mentre gli avvocati assicurano che faranno ricorso in appello dopo avere conosciuto le motivazioni. Soddisfazione per l’assoluzione degli altri due imputati è stata espressa dall’avvocato Luca Ercole.

Le parti civili: «La sentenza viene incontro alle nostre richieste, ma nessuno ci ridarà i nostri cari». Desta sgomento il fatto che non è stato possibile, per mancanza dei documenti, individuare chi realizzò il palazzo oltre mezzo secolo fa.

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