Crollo con 5 vittime, nessun colpevole
Prima assoluzione in tribunale per gli edifici collassati nel sisma. Per il giudice il collaudatore Carulli non è responsabile
L’AQUILA. «Quel palazzo era un fragile castello di carta», disse il pm Fabio Picuti parlando, nella requisitoria con la quale chiedeva 4 anni di carcere per cooperazione in omicidio colposo plurimo e lesioni, del palazzo di via XX Settembre 123. È bastato un solo foglio di carta, ieri pomeriggio, per far cadere tutte le accuse nei confronti dell’unico imputato del crollo di quell’immobile che nella notte del terremoto si è portato via le vite di Piervincenzo Gioia, Katia Cialone, Rosina Di Filippo, Claudia Carosi, Anna Cocco.
Il giudice unico del tribunale dell’Aquila Giuseppe Grieco ha assolto «per non aver commesso il fatto» l’88enne ingegnere Leonardo Carulli, residente a Roma, collaudatore statico delle strutture portanti dell’edificio risalente al 1950. Le motivazioni della sentenza saranno depositate entro novanta giorni. La Procura, rappresentata in aula dal pubblico ministero Fabio Picuti, si riserva ogni decisione all’esito delle motivazioni. È la prima volta che un procedimento riguardante un crollo avvenuto nel sisma si conclude senza la condanna di almeno un responsabile.
Carulli, l’unico rimasto in vita tra le persone potenzialmente imputabili, visto che le altre sono tutte decedute, collaudò la palazzina di edilizia popolare nel 1959. In questa veste era stato imputato dal pm, il quale aveva rilevato che, in occasione della costruzione del palazzo, non furono osservate le prescrizioni antisismiche. Inoltre l’accusa ha parlato, nel corso del procedimento, di materiali scadenti sia in relazione al cemento che al ferro nonché di «progetto maldestro» che «un bimbo delle scuole elementari avrebbe realizzato meglio». Secondo l’accusa il collaudatore si sarebbe dovuto rendere conto degli errori. Per questo avrebbe dovuto, sempre secondo l’accusa, essere condannato a quattro anni di reclusione. Di contro, la difesa dell’imputato aveva ribadito l’estraneità del proprio assistito rispetto alle contestazioni mosse chiedendone pertanto l’assoluzione.
L’udienza di ieri è stata caratterizzata da un confronto tra i periti dell’accusa e della difesa al termine del quale il giudice si è ritirato in camera di consiglio. Cadono, dunque, anche le richieste di risarcimento danni che eventualmente, come ipotesi residuale, potranno essere fatte valere in un procedimento in sede civile.
Il procedimento per il crollo del palazzo di via XX Settembre 123 ha avuto un iter piuttosto travagliato. Lo stesso imputato, infatti, tentò la strada della Cassazione per ottenere il trasferimento del processo in altra sede, in quanto, a suo dire, nei giudici del tribunale dell’Aquila «essendo trascorso poco tempo dal terremoto», come affermò nel suo ricorso, non vi sarebbe stata la necessaria serenità per affrontare il caso. Il dispositivo della Suprema Corte, tuttavia, respinse la richiesta dell’imputato lasciando il processo all’Aquila.
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