Di Vincenzo sgomita per fare il segretario: pressioni su D’Alfonso
Dalle carte dell’inchiesta il ruolo dell’architetto ex Mibact Con Marcantonio (di nuovo nei guai) e quella nomina ministeriale
L’AQUILA. Il segretario supplente che vuole diventare effettivo. E che, per raggiungere questo obiettivo, smuove mezzo mondo. Dai sindacati alla politica, passando per il presidente della Regione. E l’architetto sempre a caccia di nuovi incarichi fatto nominare in una commissione ministeriale. Ci sono uomini considerati molto vicini a Luciano D’Alfonso tra i personaggi-chiave dell’inchiesta su appalti e tangenti nella ricostruzione pubblica dell’Aquila che ha portato all’arresto di dieci persone. Un’inchiesta costola di quella principale, che ha messo sotto la lente d’ingrandimento l’appalto per la ristrutturazione di Palazzo Centi, sede istituzionale della giunta regionale. Inchiesta con importanti diramazioni nel Pescarese.
«CE L’HA MESSO D’ALFONSO». Un «fido uomo» del presidente D’Alfonso. Così, a pagina 70 dell’ordinanza che ha disposto i 10 arresti e le 5 sospensioni dall’attività professionale, viene definito l’architetto Gianluca Marcantonio, di 46 anni, nato a Pescara e residente a Montesilvano. Viene ritenuto un punto di congiunzione tra la prima e le successive fasi di un’inchiesta che non è certo finita qui. Il professionista, stavolta indagato per un falso – un verbale retrodatato relativo alla ricostruzione della Badia di Sulmona – figura come progettista dell’impresa dei pugliesi Antonio e Graziantonio Loiudice, entrambi arrestati con l’accusa di corruzione. Ma chi è Marcantonio? È ritenuto un brillante professionista. Con qualche amicizia influente negli ambienti politici regionali. In particolare, a pagina 70 dell’ordinanza del gip Gargarella, si fa riferimento alla sua nomina alla commissione tecnica del ministero dei Lavori pubblici. Il suo profilo emerge dalle intercettazioni telefoniche, quando l’architetto Berardino Di Vincenzo parla di lui come «un fido uomo del presidente della Regione», come annota lo stesso gip, «da poco entrato nella commissione tecnica del ministero dei Lavori pubblici per volontà dello stesso D’Alfonso». Così dice Di Vincenzo: «Sì, nel comitato tecnico del ministero dei Lavori pubblici...è un ruolo importante....quello ce l’ha messo D’Alfonso perché gli serve a D’Alfonso...». Questo, secondo il gip, «in quanto avrebbe potuto facilitargli le decisioni sui pareri circa le grandi opere da realizzarsi in Abruzzo». È ancora Di Vincenzo a parlare: «...Sì, una persona là dentro...che quello è un comitato che dà il parere obbligatorio sulle grandi opere...però...non sulle piccole opere...quindi per facilitarsi il lavoro in Abruzzo sulle grandi cose...».
FOTOCOPIA DI PALAZZO CENTI. Il gip arriva a parlare di «fotocopia di Palazzo Centi» quando fa riferimento «alle condotte riscontrate» nei principali sospettati. Di Vincenzo, da segretario supplente dei beni culturali, «si impegna nel far recuperare il ribasso d’asta all’impresa del cantiere della Badia con relativa firma della perizia di adeguamento retrodatata al 30 agosto (ultimo giorno utile prima della pensione)». Poi il gip parla dei «contatti con il presidente D’Alfonso e gli uffici subalterni per favorire lo stanziamento dei fondi». Emerge, inoltre, il ruolo dell’impresa «che ha restituito le attenzioni promettendo incarichi di progettazione» a Di Vincenzo junior (cfr. ex manifatture di Bari e altri a venire) e che ha accettato di inserire tra le figure di cantiere Francesco Montazzoli, dipendente e collaboratore di Giancarlo Di Vincenzo nonché soggetti vicini agli ambienti regionali (Marcantonio)». Tutti elementi che, per il gip, sono «la fotocopia di quanto ascoltato per l’appalto di Palazzo Centi».
LE PRESSIONI. Il pensionamento dell’altro personaggio-chiave dell’inchiesta, l’architetto Di Vincenzo, entra ripetutamente nelle conversazioni tra gli indagati. In particolare, come si legge a pagina 83 dell’ordinanza, il geometra del Mibact Lionello Piccinini appare preoccupato per questo. «...No, mo’ è un problemaccio...perché ci lascia Di Vincenzo...Dino va in...ha firmato le dimissioni dal lavoro e quindi a settembre non ci sta più...». Piccinini aggiunge che uno dei motivi dell’uscita di scena è da attribuire al fatto che non era riuscito a ottenere l’incarico di segretario effettivo (dopo esserlo stato pro tempore) nonostante l’impegno profuso «anche con l’influenza di soggetti a livello sindacale e politico-regionale». Ecco il passaggio: «...Sì, ma noi abbiamo premuto pure coi sindacati..col mio sindacato...col presidente della Regione...co’ questo insomma lui sta molto legato ma...».(e.n.)
©RIPRODUZIONE RISERVATA.
«CE L’HA MESSO D’ALFONSO». Un «fido uomo» del presidente D’Alfonso. Così, a pagina 70 dell’ordinanza che ha disposto i 10 arresti e le 5 sospensioni dall’attività professionale, viene definito l’architetto Gianluca Marcantonio, di 46 anni, nato a Pescara e residente a Montesilvano. Viene ritenuto un punto di congiunzione tra la prima e le successive fasi di un’inchiesta che non è certo finita qui. Il professionista, stavolta indagato per un falso – un verbale retrodatato relativo alla ricostruzione della Badia di Sulmona – figura come progettista dell’impresa dei pugliesi Antonio e Graziantonio Loiudice, entrambi arrestati con l’accusa di corruzione. Ma chi è Marcantonio? È ritenuto un brillante professionista. Con qualche amicizia influente negli ambienti politici regionali. In particolare, a pagina 70 dell’ordinanza del gip Gargarella, si fa riferimento alla sua nomina alla commissione tecnica del ministero dei Lavori pubblici. Il suo profilo emerge dalle intercettazioni telefoniche, quando l’architetto Berardino Di Vincenzo parla di lui come «un fido uomo del presidente della Regione», come annota lo stesso gip, «da poco entrato nella commissione tecnica del ministero dei Lavori pubblici per volontà dello stesso D’Alfonso». Così dice Di Vincenzo: «Sì, nel comitato tecnico del ministero dei Lavori pubblici...è un ruolo importante....quello ce l’ha messo D’Alfonso perché gli serve a D’Alfonso...». Questo, secondo il gip, «in quanto avrebbe potuto facilitargli le decisioni sui pareri circa le grandi opere da realizzarsi in Abruzzo». È ancora Di Vincenzo a parlare: «...Sì, una persona là dentro...che quello è un comitato che dà il parere obbligatorio sulle grandi opere...però...non sulle piccole opere...quindi per facilitarsi il lavoro in Abruzzo sulle grandi cose...».
FOTOCOPIA DI PALAZZO CENTI. Il gip arriva a parlare di «fotocopia di Palazzo Centi» quando fa riferimento «alle condotte riscontrate» nei principali sospettati. Di Vincenzo, da segretario supplente dei beni culturali, «si impegna nel far recuperare il ribasso d’asta all’impresa del cantiere della Badia con relativa firma della perizia di adeguamento retrodatata al 30 agosto (ultimo giorno utile prima della pensione)». Poi il gip parla dei «contatti con il presidente D’Alfonso e gli uffici subalterni per favorire lo stanziamento dei fondi». Emerge, inoltre, il ruolo dell’impresa «che ha restituito le attenzioni promettendo incarichi di progettazione» a Di Vincenzo junior (cfr. ex manifatture di Bari e altri a venire) e che ha accettato di inserire tra le figure di cantiere Francesco Montazzoli, dipendente e collaboratore di Giancarlo Di Vincenzo nonché soggetti vicini agli ambienti regionali (Marcantonio)». Tutti elementi che, per il gip, sono «la fotocopia di quanto ascoltato per l’appalto di Palazzo Centi».
LE PRESSIONI. Il pensionamento dell’altro personaggio-chiave dell’inchiesta, l’architetto Di Vincenzo, entra ripetutamente nelle conversazioni tra gli indagati. In particolare, come si legge a pagina 83 dell’ordinanza, il geometra del Mibact Lionello Piccinini appare preoccupato per questo. «...No, mo’ è un problemaccio...perché ci lascia Di Vincenzo...Dino va in...ha firmato le dimissioni dal lavoro e quindi a settembre non ci sta più...». Piccinini aggiunge che uno dei motivi dell’uscita di scena è da attribuire al fatto che non era riuscito a ottenere l’incarico di segretario effettivo (dopo esserlo stato pro tempore) nonostante l’impegno profuso «anche con l’influenza di soggetti a livello sindacale e politico-regionale». Ecco il passaggio: «...Sì, ma noi abbiamo premuto pure coi sindacati..col mio sindacato...col presidente della Regione...co’ questo insomma lui sta molto legato ma...».(e.n.)
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