Ecco l’atlante del dialetto aquilano: la lingua si evolve e racconta storie
L’AQUILA. Nella Conca aquilana sono documentati decine di dialetti. Si potrebbe dire che ogni frazione del comune dell’Aquila e ogni paese – da Cagnano, a Tornimparte, a Poggio Picenze – ha una sua...
L’AQUILA. Nella Conca aquilana sono documentati decine di dialetti. Si potrebbe dire che ogni frazione del comune dell’Aquila e ogni paese – da Cagnano, a Tornimparte, a Poggio Picenze – ha una sua “lingua” che nell’evolversi, dai tempi più antichi ai giorni nostri, racconta storie, tradizioni, usi e costumi.
I dialetti aquilani hanno ora un loro atlante – l’Aleica – frutto di oltre venti anni di ricerche sul campo da parte del professor Francesco Avolio, docente di linguistica all’Università dell’Aquila che è stato affiancato, per l’impostazione e l’organizzazione della sezione multimediale, da Giovanni De Gasperis, anch’egli docente dell’Univaq che ha creato “Carte parlanti” in cui, oltre a leggere, si possono ascoltare tutte le risposte date in dialetto dalle persone intervistate e associare alle varie località d’inchiesta, riportate sull’apposita mappa, i filmati in esse girati, e riguardanti tradizioni, personaggi e brani di cultura orale.
RICERCHE ANTE SISMA
«L’Aleica» dice il professor Avolio «è stato realizzato con materiali raccolti ante 2009 e quindi oggi è anche un’importante, preziosa documentazione del territorio aquilano così come si presentava prima del sisma e potrà essere utilizzato, in modo semplice e intuitivo, nelle scuole di vario ordine e grado, da singole persone e anche dalle amministrazioni locali. Nei tantissimi dialetti della Conca – dove la differenziazione linguistica dell’Appennino raggiunge forse la sua punta massima – si riflettono infatti la storia di quest’ultima, la sua cultura, il modo di vivere della sua gente. Tutto sta a saperli leggere e interpretare, salvaguardando, proprio così facendo, una parte essenziale del patrimonio culturale immateriale o intangibile e dei beni culturali etno-antropologici di quei luoghi».
QUALCHE ESEMPIO?
L’Atlante è una fonte inesauribile di curiosità nel quale ogni abitante dell’Aquilano può trovare termini del linguaggio più o meno quotidiano. La frase “tua madre” fra le più diffuse di tutte, a Termine di Cagnano è “màmmeta”, a Collebrincioni è “màmmota”, a Onna è più semplicemente “màmma”. Il pezzo di legno su cui si appendeva il maiale per macellarlo, ad Arischia è “ju turzarolu”, ad Aragno “la staiella”, a Poggio Picenze “ru scussatore”. Il falcetto, usato un tempo soprattutto per mietere, ad Assergi è “la sarrecchia”, a Cese di Preturo “gliù sorricchiu”, a Villagrande di Tornimparte “la faucia”. E ogni termine ha, nello stesso borgo, anche delle varianti.
PRESENTAZIONE
Completato grazie al finanziamento dell’Università olandese di Leiden (in cui insegna la linguista abruzzese Roberta D’Alessandro), e con la collaborazione dell’Associazione culturale “Esse quisse” di Avezzano, l’Atlante sarà presentato giovedì 1° dicembre alle 15.30 nella sala Ance, in viale De Gasperi, da Gianmario Raimondi, dell’Università della Val d’Aosta; Neri Binazzi, dell’Università di Firenze; Matteo Rivoira, direttore dell’Atlante Linguistico Italiano, opera in corso di pubblicazione dall’Università di Torino. Seguirà una tavola rotonda sulle finalità attuali della geografia linguistica e i suoi rapporti con le discipline affini a cui prenderanno parte alcuni dei massimi esperti italiani e stranieri. Il giorno dopo, 2 dicembre, a partire dalle 9, i lavori si sposteranno nell’aula magna “Alessandro Clementi” del Dipartimento di Scienze umane con un convegno dal titolo “Geolinguistica, etnolinguistica e varietà locali in Italia e in Europa”. Si parlerà ancora dei diversi atlanti linguistici in preparazione in varie zone d’Italia ma anche di vocabolari dialettali innovativi (tra cui quello del romanesco contemporaneo, ideato all’Università di Roma Tre, e il Dizionario etimologico storico napoletano, fondato all’Università “Federico II” di Napoli), nonché di numerose ricerche linguistiche in corso, soprattutto nell’Italia centro-meridionale, dalla Tuscia alla Campania e alla Basilicata, dalla Calabria fino alla Sardegna. (g.p.)