Escluse dagli appalti 37 ditte in odor di mafia
I provvedimenti sono stati adottati dalla prefettura dell’Aquila Le intercettazioni: i soldi estorti agli operai finivano nelle casse dei Casalesi
L’AQUILA. Non solo intercettazioni e inchieste giudiziarie. Anche dai dati che trapelano dalla prefettura aquilana, tramite fonti ministeriali, si conferma come la ricostruzione del post-sisma sia stata presa quanto mai sul serio dai clan.
Infatti la prefettura del capoluogo ha disposto delle interdittive a carico di 37 imprenditori. Significa che si tratta di persone in odore di mafia o, comunque, da tenere sotto controllo. Di questi, secondo quanto riferisce il settimanale L’Espresso, ben 28 risulterebbero impegnati nella ricostruzione di opere pubbliche mentre le restanti stavano lavorando nei cantieri privati dove, su ammissione di istituzioni e forze dell’ordine, è più facile infiltrarsi anche se si tratta di appalti meno sostanziosi. Undici di queste ditte hanno sede al Nord, 19 al Centro (12 all’Aquila) e le altre nel Sud. Ma va anche ricordato che molte ditte possono essere di fatto pilotate, tramite prestanome, da soggetti che risiedono altrove.
In sostanza, la ricostruzione aquilana, come anche l’Expo di Milano, è stata individuata come ipotetico bancomat per finanziare la malavita. Con particolare riferimento alla vicenda aquilana, dove le recenti intercettazioni riguardanti l’arresto dell’imprenditore Raffaele Cilindro hanno confermato i sospetti. Questi, ritenuto vicino ai Casalesi, è buon amico di Alfonso Di Tella indagato all’Aquila per avere fatto da riferimento delle cosche negli appalti per la ricostruzione.
Un’intercettazione di Di Tella conferma quello che già si sospettava in relazione a precedenti conversazioni. Ovvero che nel clan Zagaria affluivano soldi tramite gli appalti dall’Aquila. Di Tella, secondo gli investigatori, dava disposizione ai figli di girare somme a Cilindro. Dalle conversazioni degli indagati sarebbe risultato subito chiaro che le somme di denaro consegnate a Cilindro derivavano dalle estorsioni delle indennità alla cassa edile percepite dagli operai gestiti dai Di Tella. Cilindro poi, avrebbe disposto di quelle somme a seconda delle disposizioni date dal clan. Ma non passa sotto silenzio e inquieta il fatto che anche un operaio vicino al clan «concorrente» Schiavone, Salvatore Tana, sia stato preso mentre lavorava in un cantiere aquilano.
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