Fabriano-L'Aquila, la lunga marcia (11 giorni) nelle Terre del sisma / Video
È giunta ieri in città dopo aver attraversato i luoghi colpiti dal terremoto e percorso 198 chilometri. Durante il tragitto aquilano si sono uniti anche molti cittadini
L’AQUILA. Dopo 11 giorni di cammino e 198 chilometri percorsi è arrivata ieri all'Aquila la Lunga marcia nelle Terre del sisma. Il trekking solidale, partito da Fabriano il 28 giugno scorso, ha toccato le aree duramente colpite dagli ultimi terremoti tra Umbria e Marche, e si è concluso ieri nel capoluogo abruzzese.
«Abbiamo camminato lungo le faglie dell'Appennino per incontrare e dare voce ai protagonisti della ricostruzione, ai progetti e all'impegno di chi si sforza per resistere e ricreare una nuova prospettiva di vita», hanno detto i marciatori, che hanno sfilato da piazza Duomo al Castello con le magliette blu e lo striscione della Lunga marcia, accompagnati dalla banda “Akuna Matata”.
A loro, durante il tragitto aquilano si sono uniti alcuni cittadini e una coppia di novelli sposi.
Il tema della partecipazione è stato portante anche dell’incontro sul nuovo Piano regolatore comunale che si è svolto ieri mattina al palazzetto dei Nobili. «Il Piano regolatore non può essere una scelta di parte, ma condivisa da tutta la città», ha sottolineato nel suo intervento l’assessore all’Urbanistica, Luigi D’Eramo, «solo così si dà vita a uno strumento realmente innovativo e all’altezza del capoluogo di regione, in grado di arrestare il drammatico fenomeno dello spopolamento. Questa è la sfida da vincere».
Nel corso dell’incontro sono stati illustrati i tre temi su cui gli uffici comunali attiveranno un nuovo processo di partecipazione: ambiente urbano e reti ecologiche, progetti strategici, innovazioni normative. Intanto su Google Heart, sono in fase di caricamento gli elaborati per ciascun intervento progettato, consultabili e commentabili.
È stato poi Fabrizio Barca, ex ministro per la Coesione territoriale, a tenere una lectio magistralis nell'Auditorium di Renzo Piano. «L'aumento delle disuguaglianze in Occidente», ha detto, «non è il frutto di inevitabili tendenze tecnologiche e mondiali in atto, ma di trent’anni di politiche sbagliate. Questa è una buona notizia perché vuol dire che possiamo ridurre le disuguaglianze e fermare la deriva autoritaria in atto cambiando le politiche. In altre fasi della storia lo hanno fatto i partiti. Oggi non è così. Le organizzazioni di cittadinanza da una parte e alcune esperienze realizzate all'interno dello Stato dall'altra rappresentano il terreno più ricco su cui lavorare. Sta proprio alle organizzazioni, senza perdere la loro natura, compiere in questa fase un salto a proposte più di sistema».