Gabrielli: bene la legge Barca

Il capo della protezione civile: la ricostruzione non è ferma, giusto lo stop all’emergenza

CAPESTRANO. Si respirava a fatica nella sala conferenza del Castello Piccolomini, ieri mattina, dove i volontari e i dirigenti di Nuova Acropoli, il sindaco di Capestrano, Giuseppe Marulli, i familiari di tre volontari vittime del terremoto del 2009 hanno ricordato Sandro e Flavia Spagnoli, e Domenico Parisse, che all’associazione aquilana hanno dedicato parte della propria vita.

A loro è andato l’omaggio profondo e commosso del capo del Dipartimento di Protezione civile, Franco Gabrielli, già prefetto della provincia dell’Aquila, che ha dato, «per la prima volta nella storia della Protezione civile», una decorazione a Sandro Spagnoli, consegnandola alla sorella Giuliana, direttore nazionale di Nuova Acropoli. L’occasione è stata l’inaugurazione del 31° Campo scuola «7 Giorni Giovani». Si respirava a fatica non soltanto per l’afa. C’era tanta commozione fra i volontari, alcuni giovanissimi, mentre sullo schermo scorrevano le immagini che ricordavano i tre volontari. «I volontari sono la cartina di tornasole di una comunità», ha detto il prefetto rispondendo alle domande.

Gabrielli, che ruolo hanno i volontari in un Paese sempre in emergenza come il nostro? «I volontari sono la cartina di tornasole di ogni comunità. L’aspetto importante è che ci sia la serietà in ogni organizzazione di volontariato e protezione civile. Nulla nella vita si improvvisa, specie nell’ambito della Protezione civile».

Anche quando mancano risorse economiche?

«La crisi è reale e facciamo i conti con essa tutti i giorni. Credo debba esserci un meccanismo contrario a quello consueto. Tanto più aumenterà, in questa crisi, la difficoltà delle istituzioni, tanto più avremo bisogno della capacità di fare, con poco, grandi cose. E non è un invito ad arrangiarsi, ma a far tesoro dell’esperienza e delle capacità di questo Paese ha.

Quali sono queste capacità?

«Abbiamo una grande spinta al volontariato e, d’accordo con il ministro Barca, dico che abbiamo anche un buon sistema di governo delle emergenze.

Co me ha trovato la città?

«Passando vedo che si aprono nuovi cantieri, ho sempre avuto la percezione che il meccanismo della ricostruzione all’Aquila andasse avanti. Io non ho mai avuto la sensazione di una città completamente ferma, credo che sia ingiusto sostenerlo».

Qual è, allora, il problema? «Il problema vero, e l'ho sempre detto anche quando ero prefetto di questa provincia, è la ricostruzione di un tessuto economico e sociale, che già prima del sisma era compromesso. La risposta deve venire dal territorio, che deve guardare meno all’ottenimento di aiuti esterni e cercare di riscattarsi attraverso le proprie eccellenze. Credo che questa sia la risposta ai problemi della ricostruzione. Ma si stenta ancora a vedere, in tal senso, dei cambiamenti».

Risposte possono arrivare anche dalla legge Barca ?

«Credo fosse giusto mettere un punto sull’emergenza, il ministro per la Coesione territoriale Fabrizio Barca ha provato a tracciare un modello di ricostruzione buona per tutto il Paese. Questa è la vera sfida della cosiddetta legge-Barca (il maxi-emendamento al decreto Crescita che cambia la governance e interrompe lo stato d’emergenza nei territori colpiti dal sisma del 2009, ndr).

Dunque lei la reputa una buona legge?

«Al nostro Paese manca un adeguato sistema di ricostruzione, visto che abbiamo avuto, finora, innumerevoli casi, modelli e tipologie nei vari post-sisma. Mi auguro che la realtà di questo territorio, attraverso questa legge, possa aiutare a costruire qualcosa di buono anche nell’interesse di tutto il Paese. Bisogna tracciare un nuovo modello di ricostruzione. Questo credo che sia la vera sfida della legge-Barca. Lo sforzo che il ministro ha cercato di fare è apprezzabile».

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