Gli antichi dipinti rubati tornano all’asta a Londra e scatta il nuovo allarme
Lettera-appello del vescovo e della Soprintendenza per fermare Christie’s Tra due settimane scade il termine del sequestro.
CAMPO DI GIOVE. Due settimane. È il tempo che resta per salvare un pezzo di storia dell’arte d’Abruzzo. Perché poi gli antichi dipinti delle «Storie di Sant’Eustachio» torneranno all’asta da Christie’s. Le tavole in oro e tempera che risalgono al 1380 sono sotto sequestro nel caveau della casa d’aste di Londra, ma fra 15 giorni il provvedimento scadrà. Così è di nuovo allarme, a quasi un anno di distanza, col terremoto che ha bloccato le procedure per il rimpatrio delle opere.
CASO ITALO-INGLESE. Gli imprenditori Alberto Vella e i fratelli Antonio e Luciano Capaldo, originari di Campo di Giove ma da anni nel Regno Unito per affari, si sono rivolti allo studio legale Silverman Sherliker di Londra per impedire la vendita dei dipinti, rubati all’inizio del secolo scorso nella parrocchiale di Campo di Giove.
SCADE IL TEMPO. «Tra due settimane scadrà il termine del sequestro», spiega Antonio Capaldo, «serve muoversi con urgenza per impedire una nuova asta. Soprattutto è necessario un intervento del Nucleo tutela del patrimonio culturale dei carabinieri o del ministero dei Beni culturali».
SI MUOVE LA CHIESA. Proprio ieri l’imprenditore ha incontrato il vescovo della diocesi di Sulmona-Valva, Angelo Spina. A Christie’s sarà spedita una lettera firmata dall’alto prelato, dal parroco di Campo di Giove e dalla Soprintendenza d’Abruzzo per i beni archeologici e culturali. Una lettera-appello. Che però è destinata ad avere ben poco valore.
NUOVA ASTA. Perché la casa d’aste londinese ha deciso già di bandire una nuova asta, dopo un anno di risposte mai arrivate. Malgrado la mobilitazione dell’inverno scorso. Il terremoto ha bloccato ogni possibile progetto per riportare le opere d’arte in Abruzzo.
ALLARME NEL 2008. Tutto è cominciato nel dicembre dell’anno scorso con un allarme della ricercatrice dell’Università dell’Aquila, Cristiana Pasqualetti. Il 18 novembre il Centro segnalò il caso dei dipinti messi all’asta da Christie’s per 150mila sterline (oltre 200mila euro). Si mobilitarono Regione e Provincia. E soprattutto gli imprenditori originari di Campo di Giove, che si rivolsero all’avvocato Richard Ellis. Quest’ultimo contattò Giovanni Pastore, vicecomandante dei carabinieri del Nucleo tutela patrimonio culturale. Il sindaco di Campo di Giove, Vittorio Di Iorio, scrisse una lettera al ministero. E infine intervenne Scotland Yard. L’asta era prevista il 2 dicembre nella sala South Kensington. Ma 48 ore prima la vendita fu bloccata.
IL SEQUESTRO. Si arrivò al sequestro cautelativo delle opere - di proprietà di un collezionista privato del Regno Unito - e vennero concessi tre mesi di tempo per risolvere il caso. Successivamente arrivò una lunga proroga.
POSSIBILI SOLUZIONI. Due le strade che potevano essere intraprese: la restituzione forzata delle opere - anche se la legislazione in materia ha molte lacune, trattandosi di opere rubate ma poi entrate legittimamente in possesso di collezionisti o musei - o un eventuale acquisto finanziato dal ministero o dalla Soprintendenza. Ad asta bloccata ci furono anche una serie di appelli di studiosi e ricercatori abruzzesi, che sperarono nella generosità economica di enti pubblici e privati. Una speranza rimasta aperta fino allo scorso 6 aprile.
LA STORIA DEI DIPINTI. Le tavole in oro e tempera formavano il tabernacolo di San’Eustachio realizzato nel 1380 da un anonimo artista. L’opera comprendeva sedici episodi della vita del Santo. Dopo il furto, avvenuto nell’ottobre 1902 com’è ampiamente documentato, i dipinti rimasero in Italia almeno fino al 1925 (Firenze) prima di essere venduti a collezionisti privati o a musei di tutto il mondo (dalla Francia agli Stati Uniti). Il ciclo pittorico prende spunto dalla leggenda di Jacopo da Varagine e secondo gli studiosi di arte medievale si tratta del più importante al mondo. Il racconto inizia con l’apparizione di Cristo al romano Placido, fra le corna di un cervo, durante una battuta di caccia. La scena è seguita dal battesimo dello stesso Placido, che in seguito avrebbe assunto il nome di Eustachio. Dopo la seconda apparizione di Cristo, sono illustrate le vicissitudini del Santo. Le immagini rappresentano anche la moglie Teopista e i figlioletti Agapito e Teopisto e si concludono con il martirio dell’intera famiglia, arsa viva dentro un toro di bronzo.
CASO ITALO-INGLESE. Gli imprenditori Alberto Vella e i fratelli Antonio e Luciano Capaldo, originari di Campo di Giove ma da anni nel Regno Unito per affari, si sono rivolti allo studio legale Silverman Sherliker di Londra per impedire la vendita dei dipinti, rubati all’inizio del secolo scorso nella parrocchiale di Campo di Giove.
SCADE IL TEMPO. «Tra due settimane scadrà il termine del sequestro», spiega Antonio Capaldo, «serve muoversi con urgenza per impedire una nuova asta. Soprattutto è necessario un intervento del Nucleo tutela del patrimonio culturale dei carabinieri o del ministero dei Beni culturali».
SI MUOVE LA CHIESA. Proprio ieri l’imprenditore ha incontrato il vescovo della diocesi di Sulmona-Valva, Angelo Spina. A Christie’s sarà spedita una lettera firmata dall’alto prelato, dal parroco di Campo di Giove e dalla Soprintendenza d’Abruzzo per i beni archeologici e culturali. Una lettera-appello. Che però è destinata ad avere ben poco valore.
NUOVA ASTA. Perché la casa d’aste londinese ha deciso già di bandire una nuova asta, dopo un anno di risposte mai arrivate. Malgrado la mobilitazione dell’inverno scorso. Il terremoto ha bloccato ogni possibile progetto per riportare le opere d’arte in Abruzzo.
ALLARME NEL 2008. Tutto è cominciato nel dicembre dell’anno scorso con un allarme della ricercatrice dell’Università dell’Aquila, Cristiana Pasqualetti. Il 18 novembre il Centro segnalò il caso dei dipinti messi all’asta da Christie’s per 150mila sterline (oltre 200mila euro). Si mobilitarono Regione e Provincia. E soprattutto gli imprenditori originari di Campo di Giove, che si rivolsero all’avvocato Richard Ellis. Quest’ultimo contattò Giovanni Pastore, vicecomandante dei carabinieri del Nucleo tutela patrimonio culturale. Il sindaco di Campo di Giove, Vittorio Di Iorio, scrisse una lettera al ministero. E infine intervenne Scotland Yard. L’asta era prevista il 2 dicembre nella sala South Kensington. Ma 48 ore prima la vendita fu bloccata.
IL SEQUESTRO. Si arrivò al sequestro cautelativo delle opere - di proprietà di un collezionista privato del Regno Unito - e vennero concessi tre mesi di tempo per risolvere il caso. Successivamente arrivò una lunga proroga.
POSSIBILI SOLUZIONI. Due le strade che potevano essere intraprese: la restituzione forzata delle opere - anche se la legislazione in materia ha molte lacune, trattandosi di opere rubate ma poi entrate legittimamente in possesso di collezionisti o musei - o un eventuale acquisto finanziato dal ministero o dalla Soprintendenza. Ad asta bloccata ci furono anche una serie di appelli di studiosi e ricercatori abruzzesi, che sperarono nella generosità economica di enti pubblici e privati. Una speranza rimasta aperta fino allo scorso 6 aprile.
LA STORIA DEI DIPINTI. Le tavole in oro e tempera formavano il tabernacolo di San’Eustachio realizzato nel 1380 da un anonimo artista. L’opera comprendeva sedici episodi della vita del Santo. Dopo il furto, avvenuto nell’ottobre 1902 com’è ampiamente documentato, i dipinti rimasero in Italia almeno fino al 1925 (Firenze) prima di essere venduti a collezionisti privati o a musei di tutto il mondo (dalla Francia agli Stati Uniti). Il ciclo pittorico prende spunto dalla leggenda di Jacopo da Varagine e secondo gli studiosi di arte medievale si tratta del più importante al mondo. Il racconto inizia con l’apparizione di Cristo al romano Placido, fra le corna di un cervo, durante una battuta di caccia. La scena è seguita dal battesimo dello stesso Placido, che in seguito avrebbe assunto il nome di Eustachio. Dopo la seconda apparizione di Cristo, sono illustrate le vicissitudini del Santo. Le immagini rappresentano anche la moglie Teopista e i figlioletti Agapito e Teopisto e si concludono con il martirio dell’intera famiglia, arsa viva dentro un toro di bronzo.