Gran Sasso, stop al referendum
Il Csm impedisce a un magistrato di unirsi ai Garanti Insorgono i promotori: cerotti sulla bocca per protesta
L’AQUILA. Un cerotto sulla bocca, tanto grande da impedire di proferire parola. Con questa provocazione il Comitato promotore del referendum comunale Gran Sasso e Monti della Laga, riunito sotto la sigla #SaveGranSasso, ha annunciato che non ci sarà alcun referendum consultivo cittadino in merito alla possibilità di rivedere i confini dell’area Sic (Sito d’interesse comunitario) e del Parco del Gran Sasso.
Il comitato dei Garanti, organo indispensabile per avviare l’azione referendaria, infatti, non potrà riunirsi perché il Consiglio superiore della magistratura non ha dato l’autorizzazione a un giudice a parteciparvi. Da statuto, le figure necessarie da nominare infatti sono tre. Nessun problema c’è stato per le prime due, il segretario generale dell’amministrazione comunale e il difensore civico. Tuttavia, lo stallo è relativo alla nomina del “presidente del Tribunale”. Il Csm da tempo si oppone per incompatibilità alla nomina del presidente del Tribunale nella commissione. Allo stato attuale chiunque, per qualsiasi causa, volesse indire un referendum comunale (e quindi solo consultivo), deve fare i conti con uno statuto che di per sé non è sufficiente a garantire l’azione referendaria.
«Si tratta di una grave violazione dei diritti», denuncia il maestro da sci Luigi Faccia, membro del comitato. «Parliamo di una scelta che contrasta con tutte le caratteristiche che dovrebbe avere un’istituzione democratica». Il comitato pro referendum ricorda di aver chiesto alla Regione di visionare i documenti con i quali si istituì nel 1997 il Sic di Campo Imperatore. «Questi atti, tuttavia», spiegano, «ci sono stati negati con un inammissibile silenzio-rigetto. Abbiamo chiesto dunque al difensore civico di procedere contro la Regione perché riteniamo illegittimo il comportamento dell’ufficio in quanto va contro princìpi costituzionali».
Altra questione è quella relativa a quanto tirato in ballo dal vicepresidente della Regione Giovanni Lolli, il quale si è fatto promotore di un’azione di mediazione: «A nostro avviso, l’unica vera questione è rimuovere i vincoli», valutano i membri del Comitato. «Altrimenti il rischio è che si cominci per volontà politica a rifare Monte Cristo e poi ci si blocchi sul collegamento fondamentale con la Scindarella e questo vuol dire spendere soldi inutilmente e noi non lo vogliamo. Noi vogliamo che l’area Sic venga ridotta di 1.800 ettari, il minimo indispensabile per fare gli impianti». (fab.i.)
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