Grandi rischi, Boschi 3 ore dal pm

Il sismologo: mai dato rassicurazioni e quell'atto l'ho firmato il 6 aprile

L'AQUILA. Per la prima volta, dopo gli avvisi di garanzia per il mancato allarme, gli indagati sono passati al contrattacco e due di loro sono comparsi davanti al pm Fabio Picuti che li accusa di omicidio colposo. Così il presidente dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, Enzo Boschi e il professor Claudo Eva, ordinario di fisica terrestre dell'ateneo di Genova, entrambi componenti della commissione Grandi rischi, per quasi tre ore a testa hanno raccontato la loro verità. I due indagati, che si chiamano fuori, hanno chiesto di essere interrogati e presentato memorie.

BOSCHI.
«Il mio cliente non ha mai fatto dichiarazioni in termini di rassicurazione» ha assicurato l'avvocato Marcello Melandri del foro di Roma, ribattendo che comunque nel documento lo stesso Boschi precisò che non è possibile fare previsioni ribadendo che L'Aquila è una città caratterizzata da una sismicità che richiede particolari attenzioni.

FIRMA POSTUMA.
Boschi e il suo avvocato hanno poi confermato che il documento «incriminato» non è stato firmato da lui il 31 marzo 2009, data della riunione ma il 6 aprile, giorno della tragedia su sollecitazione di Mauro Dolce direttore dell'ufficio prevenzione della Protezione civile, pure lui indagato. Non si tratta di una novità visto che già in passato Boschi ha detto queste cose. In sostanza le dichiarazioni «rassicuranti» del 31 marzo 2009 sarebbero state fatte da altri prima che Boschi apponesse la sua firma su un documento che non conosceva bene. Ma quello della firma postuma, secondo l'avvocato, è un aspetto irrilevante sotto l'aspetto giudiziario e, comunque, rientra in una prassi consolidata. Boschi,a sostegno della imprevedibilità dei terremoti, ha allegato ulteriori pubblicazioni scientifiche. Sia l'indagato che il legale hanno ritenuto «utile» l'incontro con il pm per chiarire molti aspetti e ruoli. Boschi, del resto, era molto teso prima delli incontro con il pm ma, dopo tre ore di discussione, ne è uscito sollevato. In precedenza era stato ascoltato dalla polizia giudiziaria ma nella veste di persona informata sui fatti.

EVA. L'avvocato Alfredo Biondi, già ministro della Giustizia, parlamentare Pdl, legale di fiducia del professor Eva, si è limitato a dire, a fine, interrogatorio che «i terremoti non sono prevedibili e questo non è affatto elemento di rassicurazione, chi lo ha valutato in tal senso ha agito in maniera autoconsolatoria». La posizione del suo assistito, comunque, sembra la meno esposta. Infatti nel documento si limita a sostenere che la casistica è molto limitata ed egli stesso, come si legge nel documento, precisa «che non è possibile affermare che non ci saranno terremoti».

SELVAGGI.
Una decina di giorni fa, è stato ascoltato anche un altro componente della commissione Grandi rischi, Giuliano Selvaggi, direttore del Centro nazionale terremoti, assistito dall'avvocato Franco Coppi.

NIENTE CASSAZIONE.
Sia l'avvocato Biondi che il collega Melandri hanno assicurato che almeno per i loro assistiti è fuori luogo pensare di inoltrare una richiesta in Cassazione per trasferire il processo altrove.

ALTRI INDAGATI.
Non sembra, almeno per ora, che gli altri indagati della commissione Grandi rischi, accusati del mancato allarme per avere sottovalutato lo sciame sismico, intendano farsi interrogare. Si tratta di Mauro Dolce, di Gian Michele Calvi, «padre» del Progetto case, dell'ex vice capo della Protezione civile, Bernando De Bernardinis e Franco Barberi, vicario della commissione Grandi Rischi.

INTERPELLANZA PD.
«E' necessario, che il governo faccia chiarezza sugli ingiustificabili eventi che hanno portato la commissione Grandi rischi e la Protezione civile ad abdicare alle loro proprie attività di previsione e prevenzione in riferimento a quanto accaduto in occasione del terremoto che ha colpito l'Abruzzo il 6 aprile del 2009». Lo chiede in un'interpellanza urgente indirizzata al presidente del consiglio il senatore del Pd Mario Gasbarri.
«Ad oggi», conclude Gasbarri nel suo documento, «gli aquilani non sanno perchè chi era preposto a garantire la loro sicurezza non ha esplicato fino in fondo il proprio compito».

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