Grandi Rischi, comitati indignati
I familiari delle vittime: traditi dalla testimonianza di Cialente
L'AQUILA. Le dichiarazioni del sindaco Massimo Cialente, in occasione della sua testimonianza «choc» nel processo contro i 7 componenti della commissione Grandi Rischi, hanno indignato comitati e familiari delle vittime suscitando dure reazioni. Cialente, parlando ai giudici, aveva affermato che uscendo dalla riunione della Commissione Grandi Rischi non si sentì rassicurato. «Dopo avere parlato con gli esperti», ha dichiarato, «mi resi conto che essi non avrebbero potuto fornire risposte precise alla domanda che i cittadini si ponevano su cosa sarebbe potuto succedere visto che i terremoti non sono prevedibili. Uscito da quella riunione rimasi con gli stessi problemi di prima e con qualche preoccupazione in più».
Una testimonianza che sembra andare incontro alle tesi difensive. L'accusa, infatti, poggia sul fatto che in seguito a quella riunione, i cui esiti rassicuranti furono diramati poco dopo, molti aquilani furono indotti a restare a casa venendo meno la paura del sisma. Poi, però, ci fu la catastrofe con 309 morti. Finora tutti i testimoni dell'accusa, sindaco a parte, hanno dichiarato di essere stati rassicurati. Secondo alcuni tali affermazioni, proprio perché fatte dal sindaco, sono un duro colpo di piccone al castello di accuse eretto della procura. Ci sono, dunque, le prime reazioni di persone i cui animi sono rimasti segnati da quelle affermazioni inattese. Infatti questa mattina un congruo numero di familiari delle vittime del terremoto terrà una conferenza stampa per rendere pubblico il disappunto. Del resto, subito dopo l'udienza di mercoledì scorso, Vincenzo Vittorini una delle parti lese ha gridato al complotto: «C'è una non belligeranza tra istituzioni. Il sindaco», ha tuonato, «è il capo locale della Protezione civile ed è assurdo che gli avvocati difensori non abbiano voluto chiedergli nulla».
Del malanimo generale si fa portavoce Ilaria Carosi sorella di Claudia, giovane avvocato deceduta sotto le macerie del palazzo di via XX Settembre 123. «Ci offende», scrive, «la superficialità con cui si parla di noi, delle nostre cause in tribunale o degli eventi passati in quei lontani e troppo vicini giorni di una drammatica primavera restata a metà. Giorni che noi ricordiamo perfettamente, con la minuzia di dettagli che potrebbero sembrare anche patetici. Non la conosco signor sindaco, benché io stessa l'abbia votata. Non ho visto i suoi vestiti sporchi di polvere quel 6 aprile, non ho visto le sue lacrime per dei concittadini che avrebbero potuto essere figli suoi. Non ricordo e, sia ben chiaro, potrebbe anche essermi sfuggito, il suo volto tra quelli incrociati in obitorio. Ricordo invece di aver parlato con un afflitto Presidente della Repubblica, come fosse un amico di vecchia data. Egli volle sapere di mia sorella, che lavoro facesse, se fosse o meno sposata, se vivesse da sola. Ricordo che l'unica attestazione di cordoglio arrivata alla mia famiglia fu da parte dell'allora Presidente della Provincia, Stefania Pezzopane».
«Non condivido molto di quanto da lei sostenuto in tribunale», aggiunge rivolgendosi al sindaco, «e vorrei semplicemente soffermarmi sull'incoerenza della sua posizione: da un lato, come Comune, si costituisce parte civile, dall'altro sembra non aver nulla da recriminare sull'operato della commissione Grandi Rischi. Vorrei banalmente farle notare che se un reato venisse riscontrato, il Comune potrebbe percepire anche un indennizzo economico e a questo punto mi chiedo perché dovrebbe, se lei stesso non ravvisa nessuna mancanza e nessuna colpevolezza. Non vorrà farmi credere che le interessino solo i risarcimenti? Un altro punto mi colpisce. Non sa o non vuole, dire se la popolazione fu rassicurata? Se non sa, mi chiedo dove sia vissuto nella settimana tra il 30 marzo e il 6 aprile 2009. Resta una grandissima delusione. Lei ha offeso noi cittadini tutti, prima ancora che parenti delle vittime ma soprattutto i pubblici ministeri, il giudice e gli avvocati che in tribunale lavorano, e tanto mi creda, al fine di accertare la verità. Perché noi non vogliamo condannare nessuno. Non ci ripagherebbe, neppure in minima parte, di ciò di cui siamo stati defraudati».
«Il comportamento della commissione Grandi Rischi», commenta l'assessore comunale Stefania Pezzopane, che mercoledì doveva deporre come testimone ma ci si è limitati ad acquisire un suo vecchio interrogatorio, «è stato imperdonabile visto che a me sembra che siano venuti a rassicurarci e non a informarci, quasi a smentire il tecnico Giampaolo Giuliani come fossimo un popolo bue incapace di determinarci». «Quando ero in attesa di essere chiamata a deporre», conclude, «ho avuto modo di stare insieme ad altri testimoni e ho visto i tanti avvocati di primo piano che si occupano di questo processo rendendomi conto di quanto possa essere importante a livello nazionale».
Una testimonianza che sembra andare incontro alle tesi difensive. L'accusa, infatti, poggia sul fatto che in seguito a quella riunione, i cui esiti rassicuranti furono diramati poco dopo, molti aquilani furono indotti a restare a casa venendo meno la paura del sisma. Poi, però, ci fu la catastrofe con 309 morti. Finora tutti i testimoni dell'accusa, sindaco a parte, hanno dichiarato di essere stati rassicurati. Secondo alcuni tali affermazioni, proprio perché fatte dal sindaco, sono un duro colpo di piccone al castello di accuse eretto della procura. Ci sono, dunque, le prime reazioni di persone i cui animi sono rimasti segnati da quelle affermazioni inattese. Infatti questa mattina un congruo numero di familiari delle vittime del terremoto terrà una conferenza stampa per rendere pubblico il disappunto. Del resto, subito dopo l'udienza di mercoledì scorso, Vincenzo Vittorini una delle parti lese ha gridato al complotto: «C'è una non belligeranza tra istituzioni. Il sindaco», ha tuonato, «è il capo locale della Protezione civile ed è assurdo che gli avvocati difensori non abbiano voluto chiedergli nulla».
Del malanimo generale si fa portavoce Ilaria Carosi sorella di Claudia, giovane avvocato deceduta sotto le macerie del palazzo di via XX Settembre 123. «Ci offende», scrive, «la superficialità con cui si parla di noi, delle nostre cause in tribunale o degli eventi passati in quei lontani e troppo vicini giorni di una drammatica primavera restata a metà. Giorni che noi ricordiamo perfettamente, con la minuzia di dettagli che potrebbero sembrare anche patetici. Non la conosco signor sindaco, benché io stessa l'abbia votata. Non ho visto i suoi vestiti sporchi di polvere quel 6 aprile, non ho visto le sue lacrime per dei concittadini che avrebbero potuto essere figli suoi. Non ricordo e, sia ben chiaro, potrebbe anche essermi sfuggito, il suo volto tra quelli incrociati in obitorio. Ricordo invece di aver parlato con un afflitto Presidente della Repubblica, come fosse un amico di vecchia data. Egli volle sapere di mia sorella, che lavoro facesse, se fosse o meno sposata, se vivesse da sola. Ricordo che l'unica attestazione di cordoglio arrivata alla mia famiglia fu da parte dell'allora Presidente della Provincia, Stefania Pezzopane».
«Non condivido molto di quanto da lei sostenuto in tribunale», aggiunge rivolgendosi al sindaco, «e vorrei semplicemente soffermarmi sull'incoerenza della sua posizione: da un lato, come Comune, si costituisce parte civile, dall'altro sembra non aver nulla da recriminare sull'operato della commissione Grandi Rischi. Vorrei banalmente farle notare che se un reato venisse riscontrato, il Comune potrebbe percepire anche un indennizzo economico e a questo punto mi chiedo perché dovrebbe, se lei stesso non ravvisa nessuna mancanza e nessuna colpevolezza. Non vorrà farmi credere che le interessino solo i risarcimenti? Un altro punto mi colpisce. Non sa o non vuole, dire se la popolazione fu rassicurata? Se non sa, mi chiedo dove sia vissuto nella settimana tra il 30 marzo e il 6 aprile 2009. Resta una grandissima delusione. Lei ha offeso noi cittadini tutti, prima ancora che parenti delle vittime ma soprattutto i pubblici ministeri, il giudice e gli avvocati che in tribunale lavorano, e tanto mi creda, al fine di accertare la verità. Perché noi non vogliamo condannare nessuno. Non ci ripagherebbe, neppure in minima parte, di ciò di cui siamo stati defraudati».
«Il comportamento della commissione Grandi Rischi», commenta l'assessore comunale Stefania Pezzopane, che mercoledì doveva deporre come testimone ma ci si è limitati ad acquisire un suo vecchio interrogatorio, «è stato imperdonabile visto che a me sembra che siano venuti a rassicurarci e non a informarci, quasi a smentire il tecnico Giampaolo Giuliani come fossimo un popolo bue incapace di determinarci». «Quando ero in attesa di essere chiamata a deporre», conclude, «ho avuto modo di stare insieme ad altri testimoni e ho visto i tanti avvocati di primo piano che si occupano di questo processo rendendomi conto di quanto possa essere importante a livello nazionale».
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