Grandi rischi e sisma storia di una tragedia tra omissioni e silenzi

Presentato alla Camera dei Deputati un volume che fa luce sulla gestione degli eventi e sul processo alla Commissione

L’AQUILA. Le scosse in atto da mesi, la paura crescente, la riunione della Grandi Rischi, la scossa terribile. Fotogrammi di una storia che segnerà per sempre L’Aquila e il Paese intero. Il resto è cronaca e brutti ricordi, tendopoli e tentativi faticosi di normalità. In mezzo c’è il processo alla Commissione, conclusosi con la condanna in primo grado di sette imputati per omicidio colposo plurimo. Che cosa non ha funzionato in quella riunione? E nei mesi precedenti di scosse sempre più frequenti e forti? Lo hanno spiegato Stefano Cianciotta, docente all’università di Teramo e Fabio Alessandroni, avvocato di parte civile nel processo, che insieme hanno scritto il libro «La condanna della Commissione Grandi rischi, responsabilità istituzionali e obblighi di comunicazione nella società del rischio». Una risposta a una serie di quesiti non solo sulla riunione di 45’ che si tenne all’Aquila «per tranquillizzare la popolazione» sullo sciame in atto, ma anche un richiamo al «senso di responsabilità da parte delle istituzioni a vigilare e organizzare gli interventi e la comunicazione in caso di emergenze in maniera strutturata ed efficiente». Con più attenzione per la prevenzione. Il lavoro è stato presentato nell’aula del Palazzo dei gruppi parlamentari della Camera, a Roma. Tra i relatori il sottosegretario Giovanni Legnini – che ha sollecitato «una riflessione sul fatto che esiste un obbligo a normare il modo di comunicare coi cittadini» sollevando la necessità di «applicare questi princìpi anche alla rete» -, il consigliere d’amministrazione Rai Rodolfo De Laurentiis e il rettore di Teramo Luciano D’Amico. La signora Piccinini, mamma-avvocato che nel sisma ha perso la figlia, ha sintetizzato cos’è successo in aula. «Non si è parlato di scienziati che hanno sbagliato previsioni», ha detto, «ma di funzionari inadempienti che non hanno usato le loro conoscenze per aiutare la popolazione a gestire il rischio». Il messaggio che il volume intende veicolare è l’importanza di dotarsi di un sistema di comunicazione nella Pubblica amministrazione strutturato ed efficiente. «Il libro colma una lacuna nella descrizione degli eventi processuali», ha spiegato il direttore editoriale dei quotidiani locali del Gruppo L’Espresso Luigi Vicinanza. «Non si è processata la scienza ma il modo burocratico con cui le intelligenze italiane si sono prestate a una committenza politica che voleva minimizzare la paura degli abruzzesi». Vicinanza e il caporedattore del Centro Giustino Parisse – autore della prefazione – hanno ricordato come i giornalisti avessero cercato, nei mesi dello sciame, di sopperire alla mancanza d’informazioni da parte delle istituzioni. «Abbiamo pubblicato grafici, testimonianze, interpellato gli amministratori», ha raccontato Parisse, «ma abbiamo ricevuto risposte evasive. Se questo libro è un primo passo per formare giovani e cittadini a una nuova coscienza civica, allora il sacrificio delle vite umane sarà servito a qualcosa». L’avvocato Alessandroni ha rimarcato le responsabilità penali della Grandi Rischi. Un richiamo al senso di responsabilità non soltanto delle istituzioni ma anche dei giornalisti è arrivato dal direttore del Centro Mauro Tedeschini – autore della postfazione – che ha sottolineato il «limite di tanta parte della stampa italiana e internazionale che non è entrata nel merito del processo».

Marianna Gianforte

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