Grandi Rischi, le carte dell'accusa

Nella memoria del pm ciò che avvenne nella riunione del 31 marzo 2009

L'AQUILA. Una memoria di 224 pagine. Firmata dal sostituto procuratore della Repubblica dell'Aquila Fabio Picuti. E' l'atto d'accusa nei confronti dei componenti della Commissione Grandi rischi che si riunirono all'Aquila alle 18,30 del 31 marzo del 2009. La memoria è allegata agli atti che la Procura ha depositato una decina di giorni fa all'ufficio del giudice per le indagini preliminari per chiedere il rinvio a giudizio dei componenti di quella Commissione. Gli atti ora sono a disposizione sia degli avvocati delle parti civili che dei difensori degli imputati. L'accusa è quella di aver cagionato, in cooperazione colposa fra loro, la morte di 32 persone (per correttezza nei confronti dei lettori: fra le 32 vittime ci sono anche i miei due figli e questo dunque mi rende volente o nolente di parte) e il ferimento del guardiano della Casa dello studente. Il numero di 32 nasce dagli esposti che i parenti hanno presentato.

Va detto che la stessa Procura ha chiesto l'archiviazione del procedimento nei confronti degli imputati in riferimento alla morte di altre persone (per le quali erano state presentate egualmente denunce) perché dagli accertamenti non è stato possibile stabilire un collegamento diretto con il comportamento di «negligenza, imprudenza, imperizia» degli accusati.

La memoria del pm Picuti va letta integralmente per comprenderne lo spirito e anche la complessità. Il pubblico ministero più volte scrive che l'inchiesta non aveva l'obiettivo di stabilire se i terremoti sono o meno prevedibili. Su questo equivoco si è giocato molto: siccome i terremoti non si possono prevedere come si fa a mettere sotto accusa qualcuno solo perché non è riuscito a fare quella impossibile previsione? Ancora ieri sera sulle agenzie di stampa è tornata a circolare (accade con regolarità ogni 15-20 giorni) una lettera al presidente della Repubblica di scienziati americani che liquidano le accuse come «ingiuste e ingenue» ed esprimono «preoccupazione sulle recenti imputazioni a sei ricercatori e a funzionari statali».

L'indagine della Procura ruota in realtà solo ed esclusivamente su ciò che accadde quel pomeriggio del 31 marzo e lo fa analizzando ai raggi X il comunicato che annunciava quella riunione, il verbale che condensava la discussione (verbale, ma questo è noto da tempo firmato non quella sera ma il 6 aprile pomeriggio con i corpi senza vita e i feriti ancora sotto le macerie) e le dichiarazioni rese alla stampa da alcuni dei componenti della Commissione e dai politici presenti (il sindaco Cialente e l'assessore regionale Stati) i quali, sentiti dal pubblico ministero, hanno riferito che ciò che loro dissero ai mass media era frutto di quello che gli esperti avevano sostenuto durante la riunione.

Il magistrato parte dal nome dato alla Commissione dalla legge istitutiva che ne indica anche gli scopi: «Previsione e prevenzione dei grandi rischi». Dunque quella sera gli scienziati presenti non dovevano stabilire se poteva avvenire un terremoto in tempi più o meno brevi, ma valutare se ci fosse o meno il rischio che tale evento potesse accadere. Come si fa a valutare il rischio? Non certo con la palla di vetro ma con gli elementi che la scienza aveva a disposizione in quel momento come era scritto anche nel comunicato diffuso dalla protezione civile per rendere nota la convocazione della riunione del 31 marzo: «L'obiettivo è quello di fornire ai cittadini abruzzesi tutte le informazioni disponibili alla comunità scientifica sull'attività sismica delle ultime settimane, alla riunione partecipano le massime autorità scientifiche del settore sismico in grado di fornire il quadro più aggiornato e affidabile di quanto sta accadendo».

Scorrendo le pagine della memoria si scopre che al contrario di quanto è stato sempre detto («le scosse sono iniziate fra fine novembre e dicembre 2008»), la sequenza dello sciame sismico viene fatta risalire ai primi di giugno del 2008: scosse strumentali all'inizio ma che man mano arrivano al secondo grado Richter e il 29 luglio del 2008 a 2.9. Scosse significative anche ad agosto e a ottobre. La magnitudo nelle tabelle della Procura viene scritta in nero quando supera il grado 2: nel mese di marzo del 2009 sono quasi più quelle in nero che le altre e, moltissime quelle registrate il 30 marzo, centinaia fra il primo aprile e il 5 aprile. Il pm fa anche un conteggio per dimostrare l'aumento delle scosse nei primi mesi del 2009: 69 a gennaio, 78 a febbraio, 100 a marzo, 57 nei primi 5 giorni di aprile tutte registrate a una profondità tra i 6 e gli 11 chilometri. Si discusse di tutto questo in quel 31 marzo fra le 18,30 e le 19,30?

Dal verbale c'è quello che disse il professor Dolce che si limitò a fare delle constatazioni abbastanza neutre. Dal verbale risultano poi riferimenti alle "sequenze storiche" con il professor Boschi che dice «i forti terremoti in Abruzzo hanno periodi di ritorno molto lunghi. Improbabile che ci sia a breve una scossa come quella del 1703, pur se non si può escludere in maniera assoluta». Insomma affidiamoci alla provvidenza.

Quello che appare più interessante ai fini della formulazione delle accuse sono le dichiarazioni rese alla fine da alcuni dei partecipanti e in particolare dal professor Barberi e dal professor De Bernardinis. Barberi la prima cosa che dice è: «I terremoti non si possono prevedere» e poi spara a zero contro chi «millanta e dice fesserie». L'intervista di De Bernardinis è di quelle da manuale: chi ci capisce è bravo. (1/continua)
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