I magistrati: «Basta con gli insulti»

Ma l’Anm non abbandona l’aula «per rispetto di Alfano e degli aquilani»

L’AQUILA. Seduti, in silenzio, la Costituzione in mano. Ma senza abbandonare l’aula, «per rispetto della figura istituzionale del ministro e per solidarietà verso tutta la popolazione aquilana». La magistratura abruzzese non segue le indicazioni dell’Associazione nazionale magistrati e sceglie una linea più morbida. Come il pm di Sanitopoli Giampiero Di Florio, presidente regionale dell’Anm.

«Essere presenti con la Costituzione in mano in segno di protesta non vuol dire che non bisogna trovare il dialogo in tutte le sedi più opportune», dice Di Florio, «Poiché il servizio della giustizia non è di proprietà di nessuno ma è nell’interesse dei cittadini, tutto quello che possiamo fare per migliorare questo servizio credo che sia nell’interesse della collettività. In nome di quel popolo italiano per cui amministriamo la giustizia. Non è che alzandoci in presenza del ministro, si risolva il problema, a parte che, secondo me, non andava fatto».

Sul palco, a evitare possibili strumentalizzazioni legate all’inchiesta Del Turco, è salito il segretario regionale Camillo Romandini, giudice civile a Pescara, il quale, di fronte al ministro della Giustizia, Angelino Alfano, ha letto il comunicato nazionale diffuso dall’Anm dal titolo «Basta insulti, sì a vere riforme». «Non intendiamo assuefarci a un costume politico che ha reso pratica quotidiana l’insulto e il dileggio», ha detto Romandini in aula con riferimento a Berlusconi, «Ogni giorno siamo costretti ad ascoltare invettive e aggressioni nei confronti dei magistrati. Cloaca, cancro, metastasi, disturbati mentali, plotoni di esecuzione sono solo alcune delle espressioni utilizzate dal capo del governo e da esponenti politici di primo piano».

Romandini ha preso atto delle iniziative annunciate nel suo intervento dal ministro, che ha parlato di un piano straordinario per smaltire il pesante carico di arretrato della giustizia civile, non eliminando il quale «qualsiasi riforma sarebbe impossibile». Il segretario regionale dell’Anm si è concesso anche una digressione, chiedendo che cessino insulti e aggressioni «alla magistratura pescarese», con riferimento all’inchiesta sulla Regione, perché, ha aggiunto, «i processi si fanno nelle aule». Al centro della protesta è finito soprattutto il processo breve, in attesa del via libera della Camera, destinato a provocare l’eutanasia della giustizia: «Senza mezzi», le parole di Di Florio, «non siamo nelle condizioni di attuare il processo breve. Così si chiude baracca, è fallimento totale, denegata giustizia.

E’ però necessario conservare le proprie posizioni in termini costruttivi: se possiamo dire la nostra sul processo breve, è bene che questo accada. Se domani ci cambiano le regole del processo in corso d’opera - e noi siamo molto spaventati dalla norma transitoria che prevede l’applicazione retroattiva della legge - allora sì che siamo preoccupati. Perché mi si dice di dover fare un processo con quei tempi, ma so già in partenza che io non posso rispettarli, perché non ho mezzi e strumenti. Allora, dateci mezzi e strumenti per raggiungere quegli obiettivi e saremo in grado di farlo. Ma non ora, in un tempo medio-lungo». (g.p.c.)