L'AQUILA
«I morti non hanno colpa». Così una città va in piazza
Domani alla Villa comunale il presidio contro la sentenza choc di via Campo di Fossa
L’AQUILA. Per L’Aquila e per le sue vittime, ma non solo. Anche per tute le vittime delle catastrofi che mai possono essere considerate colpevoli. “Le vittime non hanno colpa” è il nome della manifestazione convocata per domani alle 11, alla Villa comunale: un’iniziativa nata sull’onda dell’indignazione per la sentenza choc firmata dalla giudice Monica Croci, che ha assegnato il 30% di colpa a chi, il 9 aprile del 2009, è morto nel crollo della palazzina di via Campo di Fossa. Un verdetto che indigna e che molti giudicano anche preoccupante, perché può costituire un pericoloso e replicabile precedente.
«MANIFESTARE È UN DOVERE». «L’idea di questa manifestazione», spiega la docente universitaria Giusi Pitari, «è nata in occasione della prima dimostrazione spontanea all’indomani di una sentenza che ci ha sconvolto e ci ha indignato. Ci siamo ritrovati spontaneamente, ma allo stesso tempo abbiamo pensato che fosse necessario portare avanti un’azione più forte e allargata a quante più persone possibile».
Pitari è stata infatti tra le prime persone a sottoscrivere l’appello-manifesto che ha promosso l’iniziativa di domenica mattina: un appello che ieri ha superato le 500 firme, non solo di aquilani. «È una sentenza che sconvolge», ripete Pitari a proposito del verdetto del tribunale dell’Aquila, «perché, anche se circoscritta a una sola casa, potrebbe avere ripercussioni su tanti episodi simili. Le vittime non possono essere considerate colpevoli per tanti motivi, a partire dal fatto che, come tutti noi che eravamo all’Aquila quella notte, erano state rassicurate. Dopo tredici anni di lotte, ora arriva una sentenza che spiazza tutti: manifestare è un dovere verso la città, verso le vittime e i loro familiari, e verso tutta Italia».
«UNA RISPOSTA COLLETTIVA». «È un’iniziativa che nasce dallo sgomento seguito alla sentenza e dalla voglia di giustizia», aggiunge Rita Innocenzi, sindacalista della Cgil, anche lei tra le prime a sottoscrivere l’appello. «È un precedente per quello che è successo e, ahinoi, potrà succedere di nuovo», aggiunge Innocenzi, «per questo è necessaria una risposta non individuale ma collettiva. Quella di domenica sarà una manifestazione che unisce tutta la città, come testimonia anche quanto avvenuto in consiglio comunale venerdì mattina, quando tutti gli esponenti di maggioranza e opposizione si sono fatti fotografare insieme esponendo cartelli con una frase simbolo. Siamo di fronte a una cosa grave, che ci riporta indietro nel tempo, alla tragedia», conclude Innocenzi, «e quindi la dimensione collettiva serve a far capire che, dopo tanti anni, L’Aquila è ancora coesa e unita nel chiedere risposte di verità, di giustizia e di rispetto».
«UN PRECEDENTE PERICOLOSO». «Credo sia importante esserci come città e come cittadinanza», sottolinea Alessandro Tettamanti, membro dell’associazione 3e32 anch’egli promotore dell’iniziativa, «per esigere verità e giustizia dopo tanto tempo e dopo una sentenza, quale è quella della scorsa settimana, che è una negazione della verità e della giustizia. È un precedente pericoloso per tutte le vittime delle catastrofi: non per niente il nostro appello è stato firmato anche chi fa parte dei comitati delle vittime di tragedie come Rigopiano o il Ponte Morandi», sottolinea Tettamanti, «significa che ci si rende conto di quanto sia grave il fatto che qualcuno voglia scaricare anche solo una parte di responsabilità sulle vittime, sui più deboli. Ed è importante affermare determinati principi non solo sui social ma anche nelle piazze».
«OCCASIONE PER RIFLETTERE». Domani in piazza non ci saranno bandiere né simboli politici. A sventolare saranno i cartelli che in questi giorni sono stati affissi in tanti angoli dell’Aquila. La manifestazione sarà in pratica un presidio con una serie di interventi: parleranno familiari delle vittime e rappresentanti di associazioni, ma anche avvocati. «Deve essere innanzitutto un incontro che spiega alla città tante vicende di questi anni», sottolinea Federico Vittorini, «questa sentenza non è arrivata all’improvviso, ma dopo tredici anni caratterizzati da tanti episodi che hanno portato a una sentenza folle. La manifestazione di domenica non deve essere un momento di rabbia ma di riflessione, per far luce su errori che la magistratura non può fare: è una follia», conclude Vittorini, «assegnare una colpa alle vittime del terremoto».