I passi del piromane nel sentiero-discarica

Roio, sopralluogo nel punto dov’è stato trovato l’innesco del rogo doloso che ha sfregiato la pineta. Eternit in frantumi vicino al sito sequestrato

L’AQUILA. Non è la cava il centro dell’inferno. L’innesco ritrovato e portato in laboratorio per le analisi sta più su e più avanti rispetto alla cavea naturale da dove, un tempo, si estraeva la pietra. L’epicentro dell’incendio è ai piedi di un muretto a secco che delimita la collinetta. Da quassù l’antenna bianca e rossa del ripetitore tv di Monteluco, che anche oggi, a due giorni dal rogo, il Canadair continua a sfiorare per poi appoggiarsi sulle chiome dei pini neri e depositare schiumogeno, appare ancora più grossa. Per ripercorrere i passi del piromane, avvistato da più persone mentre lasciava in tutta fretta questo luogo isolato, bisogna infilare un sentiero che si apre in corrispondenza della curva da dove si scende verso Santa Rufina. Parecchie bottiglie vuote, qualcuna forse piena di benzina, una bombola di gas per miracolo rimasta intatta, parecchia immondizia, persino il monitor di un computer bruciacchiato. L’area sotto sequestro è racchiusa in dieci metri quadrati. Da questa posizione si vedono le frazioni di Roio, l’autostrada e tutta la zona Ovest della città. Ma chi sale fin quassù è nascosto a chi passa sulla strada. Lunedì dopo mezzogiorno il piromane è stato qui. Ha percorso il sentiero sassoso, più che altro frequentato di notte, lasciandosi a sinistra un deposito di auto e altre cose abbandonate e fermandosi sotto una pianta di mandorlo. Qui ha piazzato l’innesco per poi fuggire. In direzione opposta rispetto a quella del fuoco.

I TESTIMONI. Più di una persona dice di aver visto quell’uomo di mezza età che dopo aver percorso a ritroso i sessanta passi del sentiero si è allontanato in fretta con un mezzo veloce, si pensa a una moto. Comunque un mezzo rapido che gli ha permesso di lasciare subito la zona. Ora le testimonianze vengono incrociate per confermarne la veridicità. Tuttavia, è anche possibile, in linea teorica, che chi è stato visto e descritto come sopra si sia trovato a passare per caso. Quindi il piromane potrebbe essere un altro. C’è chi ha fornito anche immagini scattate subito dopo il rogo nei luoghi interessati. Ma forse a quel punto il piromane si era già allontanato.

DISCARICA DI ETERNIT. Alla fine del sentiero una brutta scoperta, ora certamente nota anche alla Forestale specialmente dopo i sopralluoghi ripetuti degli ultimi giorni. C’è una discarica di eternit spaccato in mille pezzi che spande fibre di amianto ovunque, con questo vento caldo che continua a soffiare tenendo vivo il fuoco che cammina nel sottobosco della pineta.

NIENTE CONTROLLI. Alle 15 del terzo giorno dopo l’incendio, entrare nella pineta sfregiata è un gioco da ragazzi. Sparito il nutrito schieramento di controllori restano sul campo alcuni agenti della Forestale che stazionano vicino al mostro di ferro arrugginito, struttura in disuso della vecchia cava, che più che altro sta qui ad attirare i fulmini quando infuriano i temporali. Quando verrà tolta?Chissà. Ce ne sarebbe voluta di pioggia per spegnere sul nascere le fiamme che hanno avvolto tutto in pochi istanti, rischiando di mandare in fumo tutta la collina. Che il pericolo sia ancora reale lo testimoniano i lanci dei Canadair, mezzi indispensabili per domare questo tipo di incendi e che, tuttavia, «sono troppo pochi in un territorio come questo dell’Abruzzo interno ricco di boschi e faggete», come sostiene Alessandro, salito quassù con la mountain bike per vedere i danni provocati dal fuoco. «I Canadair sono pochi e devono arrivare sempre da fuori regione», incalza, «mentre l’elicottero della Forestale è rimasto fermo a Preturo».

LE IPOTESI. Il comandante provinciale della Forestale Nevio Savini mantiene uno stretto riserbo sulle indagini. «Abbiamo rimesso un rapporto alla Procura che ha aperto un’inchiesta. Da parte nostra proseguono le investigazioni attraverso la raccolta di altre testimonianze, ma escludo che siano state trovate nel luogo dell’innesco taniche oppure ordigni. Le ipotesi sono tante e tutte praticabili». Tra queste anche quella del gesto dimostrativo per evidenziare il degrado ambientale in cui versa la zona, tra baracche, terreni incolti, siti abbandonati e discariche di eternit.

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