I sindacati rilanciano la vertenza delle aree interne
Cgil, Cisl e Uil chiedono alla Regione strategie e fondi per poter superare la crisi che da anni investe il territorio
SULMONA. «Riteniamo necessario e urgente riaprire con la Regione Abruzzo la vertenza delle aree interne, con l’obiettivo di definire una vera e propria “strategia” che riguardi tutti i comparti». È quanto affermano Cgil, Cisl e Uil, tracciando il bilancio di fine anno che vede un Abruzzo interno sempre più alle prese con una crisi che sembra irreversibile. Un bilancio a tinte fosche quello tracciato dai segretari provinciali Umberto Trasatti,( Cgil), Paolo Sangermano, (Cisl), Michele Lombardo, Uil, per i quali «l’avvio di questa vertenza deve comportare, a fronte della condivisione della strategia, l’apertura di un confronto anche con il governo centrale con l’intento di impegnare le risorse economiche necessarie al perseguimento degli obiettivi di crescita sociale ed economica. È un Abruzzo interno bloccato», evidenziano i tre esponenti sindacali, «e lo dimostrano i dati. Nel biennio 2012-2014 la provincia dell’Aquila è passata da 124 mila a 107mila occupati, con una perdita secca di 17.000 posti di lavoro, nonostante il ricorso massiccio all’utilizzo degli ammortizzatori sociali». Per Cgil, Cisl e Uil la perdita consistente di occupazione ha riguardato tutti i settori, ad eccezione del solo comparto dell’agricoltura, ed ha coinvolto tutte le aree della provincia, in particolare la Valle Peligna. «Da un’attenta lettura dei dati si evince che la provincia dell’Aquila passa da un’incidenza sul totale regionale dell’export dal 20,5% nel 2001 al 10,5% nel 2008, fino al 5,6% nel 2015, con una riduzione nel periodo 2008-2015 pari al 52,43%», affermano Trasatti, Sangermano e Lombardo. «Analizzando i dati relativi agli ammortizzatori sociali riferiti a novembre 2015, si rileva che nella regione le ore complessive di Cig autorizzate si riducono del 31% rispetto allo stesso periodo del 2014, mentre la provincia dell’Aquila è l’unica ad aver registrato un incremento del 12,7%. E neanche gli interventi relativi ai Contratti di sviluppo con l’utilizzo del 5% dei fondi per la ricostruzione, da noi richiesti, hanno invertito la tendenza negativa». E dai dati emerge che neppure il processo di ricostruzione post-sisma è stato un volano per lo sviluppo, a causa della naturale presenza di imprese e lavoratori provenienti da altri territori. A tutto ciò dobbiamo aggiungere le ricadute legate ai tagli al sistema dei servizi e alla riorganizzazione della sanità», concludono Cgil, Cisl e Uil. «È ora di agire prima che sia troppo tardi».
Claudio Lattanzio
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