I sindaci: "Dateci subito i soldi"è polemica sul ruolo degli enti locali
L'annuncio di Berlusconi: "Sarà una "mission impossible" ma stiamo procedendo bene. Entro maggio sarà riaperto l'ospedale dell'Aquila. I sindaci attueranno le direttive di Bertolaso"
«Questa sorta di paternalismo non va bene». Il sindaco dell’Aquila Massimo Cialente torna a commentare il Decreto Abruzzo alla vigilia del Consiglio comunale straordinario sulla ricostruzione. «E’ la prima volta», dice Cialente, «che i sindaci non si sentono chiamati in causa. Nel decreto si scrive che le decisioni vengono prese dal commissario di governo d’intesa con la regione e sentiti i sindaci, ma così gli enti locali vengono scavalcati».
Cialente, gli altri sindaci del “cratere” e la Provincia dell’Aquila si sono costituiti in una “Conferenza permanente per la ricostruzione”. Saranno chiamati a farne parte i parlamentari abruzzesi e i consiglieri regionali eletti in provincia dell’Aquila assieme ai comitati di cittadini. «Un segnale quest’ultimo», spiega la presidente della provincia Stefania Pezzopane, «a cui guardiamo con attenzione e interesse. È un segno inconfondibile che i cittadini non hanno alcuna intenzione di accettare incondizionatamente e passivamente scelte imposte dall’alto». Cialente chiede «che si avvii realmente la ricostruzione. Ma per fare questo occorrono risorse e oggi fondi non se ne vedono». In particolare, dice il sindaco, occorrono fondi per ricostruire il centro storico dell’Aquila «una sfida per il paese».
Ma quanti sono i soldi per la ricostruzione post-terremoto? E, soprattutto, dove sono? Dove sono, per esempio, i 150 mila euro per la ricostruzione della prima casa? È questa la domanda che tutti si fanno nelle tendopoli o negli alberghi di Montesilvano o di Alba Adriatica. Nel Decreto Abruzzo i 150 mila euro per la ricostruzione e gli 80 mila euro per la ristrutturazione (citati ampiamente anche dal presidente Berslusconi) non ci sono. Sono solo nelle schede tecniche allagate al decreto.
Ma le cifre indicate nelle schede tecniche, spiega il senatore del Pd Giovanni Legnini, che sta coordinando i due gruppi di Camera e Senato per la raccolta degli emendamenti al decreto, sono «una mera previsione, non sono una norma». Dunque è come se al momento non ci fossero. E anche rimandare l’incardinamento della norma ai decreti attuativi «è una finzione». Perché, dice Legnini, «non c’è diritto al contributo se non viene fissato per legge. Perché se il diritto al contributo viene affidato a un’ordinanza, si può cambiare tranquillamente senza il controllo del Parlamento. Il contributo ha valenza solo se lo scrivi sulla legge». Anche sull’entità del contributo c’è polemica. Legnini è sulla stessa posizione di Cialente, di Pezzopane, del capogruppo in Consiglio regionale dell’Mpa Giorgio de Matteis che chiedono il 100% di contributo sul costo base della casa da ricostruire e non un tetto fissato una volta per tutte. «Questo decreto è un bluff, o un mezzo bluff», dice il senatore del Pd. «In tutti i terremoti si sapeva che le case avrebbero avuto il 100% del contributo per la ricostruzione. L’Abruzzo invece è stato discriminato. Il mio timore è che fra poco monterà la rabbia e tutti saremo spiazzati. Anche le aziende e i professionisti in altre vicende avevano qualche certezza su quanto spettava loro. Qua non c’è niente, solo una posizione di principio». Non c’è neanche il minimo che serve per rimettere a posto quelle case che diventerebbero agibili con piccoli interventi.
Cialente, gli altri sindaci del “cratere” e la Provincia dell’Aquila si sono costituiti in una “Conferenza permanente per la ricostruzione”. Saranno chiamati a farne parte i parlamentari abruzzesi e i consiglieri regionali eletti in provincia dell’Aquila assieme ai comitati di cittadini. «Un segnale quest’ultimo», spiega la presidente della provincia Stefania Pezzopane, «a cui guardiamo con attenzione e interesse. È un segno inconfondibile che i cittadini non hanno alcuna intenzione di accettare incondizionatamente e passivamente scelte imposte dall’alto». Cialente chiede «che si avvii realmente la ricostruzione. Ma per fare questo occorrono risorse e oggi fondi non se ne vedono». In particolare, dice il sindaco, occorrono fondi per ricostruire il centro storico dell’Aquila «una sfida per il paese».
Ma quanti sono i soldi per la ricostruzione post-terremoto? E, soprattutto, dove sono? Dove sono, per esempio, i 150 mila euro per la ricostruzione della prima casa? È questa la domanda che tutti si fanno nelle tendopoli o negli alberghi di Montesilvano o di Alba Adriatica. Nel Decreto Abruzzo i 150 mila euro per la ricostruzione e gli 80 mila euro per la ristrutturazione (citati ampiamente anche dal presidente Berslusconi) non ci sono. Sono solo nelle schede tecniche allagate al decreto.
Ma le cifre indicate nelle schede tecniche, spiega il senatore del Pd Giovanni Legnini, che sta coordinando i due gruppi di Camera e Senato per la raccolta degli emendamenti al decreto, sono «una mera previsione, non sono una norma». Dunque è come se al momento non ci fossero. E anche rimandare l’incardinamento della norma ai decreti attuativi «è una finzione». Perché, dice Legnini, «non c’è diritto al contributo se non viene fissato per legge. Perché se il diritto al contributo viene affidato a un’ordinanza, si può cambiare tranquillamente senza il controllo del Parlamento. Il contributo ha valenza solo se lo scrivi sulla legge». Anche sull’entità del contributo c’è polemica. Legnini è sulla stessa posizione di Cialente, di Pezzopane, del capogruppo in Consiglio regionale dell’Mpa Giorgio de Matteis che chiedono il 100% di contributo sul costo base della casa da ricostruire e non un tetto fissato una volta per tutte. «Questo decreto è un bluff, o un mezzo bluff», dice il senatore del Pd. «In tutti i terremoti si sapeva che le case avrebbero avuto il 100% del contributo per la ricostruzione. L’Abruzzo invece è stato discriminato. Il mio timore è che fra poco monterà la rabbia e tutti saremo spiazzati. Anche le aziende e i professionisti in altre vicende avevano qualche certezza su quanto spettava loro. Qua non c’è niente, solo una posizione di principio». Non c’è neanche il minimo che serve per rimettere a posto quelle case che diventerebbero agibili con piccoli interventi.