Il G8 cancella l’antica ferrovia
Viaggio sul tracciato della L’Aquila-Capitignano vicino all’Aterno.
SAN VITTORINO.Quando ero ragazzino c’era una canzone di Mino Reitano intitolata «Il tempo delle more». Era un inno alla primavera, alle passeggiate all’aria aperta, alla fuga dal caos della grande città. Ho ripensato a quella canzone quando il mio direttore, Luigi Vicinanza, mi ha segnalato una lettera arrivata con la posta elettronica. Nell’e-mail si parlava di una stradina di campagna - dove si andava in bicicletta o a cercare le more - che stava diventando una superstrada.
Ieri pomeriggio sono andato a cercare quella stradina. Mi sono fatto accompagnare dall’architetto Giancarlo De Amicis. Anche lui il sei aprile ha perso la casa e ora abita a Marruci, una frazione di Pizzoli. De Amicis l’ho conosciuto alcuni anni fa perché mi venne a parlare di uno studio fatto da lui in collaborazione con la Provincia (in particolare con Francesco Fucetola) che aveva come obiettivo la valorizzazione dell’area fluviale dell’Aterno, da Montereale a Monticchio. Di quell’area conosce ogni angolo e sentiero. E ha una documentazione fotografica sterminata.
Ci siamo diretti verso Preturo e il mio accompagnatore ha subito individuato una strada sterrata, via delle Vicenne. Le buche hanno fatto sobbalzare non poco la macchina. A destra e a sinistra i ruscelli di Rio Forcella incastonati fra alberi e siepi.
Lungo il percorso tanti prati, qualche orto e un paio di agricoltori al lavoro.
E’ bastato fare duecento metri ed ecco che sullo sfondo sono comparsi camion, ruspe, betoniere. E’ il cantiere per realizzare una strada a scorrimento veloce che dalla statale 80, proprio davanti al teatro romano di San Vittorino e a poche centinaia di metri dall’anfiteatro, porterà alla scuola della Guardia di Finanza a Coppito dove a luglio ci sarà il G8 con tutti i grandi del mondo che, fra una discussione e l’altra sulle sorti del pianeta, si muoveranno per andare a vedere i paesi del terremoto. Dopo il Papa e tutte le più alte cariche istituzionali italiane ed europee nella mia Onna arriverà anche il presidente degli Stati Uniti, Obama.
L’architetto De Amicis mi fa notare che, nascosta fra mezzi meccanici e montagne di terra e sabbia, c’è la piccola stazioncina di San Vittorino, sul percorso della L’Aquila -Capitignano. La strada del G8 sta finendo di cancellare un altro tratto di quella vecchia e dismessa ferrovia.
La storia della L’Aquila-Capitignano è quella di un sogno che non si è mai realizzato: quello di collegare via treno L’Aquila con Teramo.
Il progetto risale al 1910. La prima guerra mondiale rallentò i lavori che furono affidati per un importo di 5 milioni dell’epoca alla Società anonima Industriale dell’Aterno (Sia). La ferrovia nel tratto fino a Capitignano, comune dell’Alta Valle dell’Aterno, doveva essere di circa 32 chilometri e prevedeva stazioni (L’Aquila, Pizzoli, Marana, Montereale e Capitignano) e stazioncine intermedie (Coppito, Cansatessa, San Vittorino, Cermone, Barete, Cagnano).
I binari fino a Pizzoli furono completati nel 1920. Il tratto fino a Capitignano, come è scritto in un sito internet dedicato alle ferrovie dismesse, nel 1922. A Teramo la strada ferrata non arrivò mai. Anzi, a causa dei pochi viaggiatori (sembra che per fare trenta chilometri ci volesse più di un’ora) e della scarsità delle merci veicolate, la ferrovia venne chiusa per il trasporto di persone nel 1933 e nel 1935 ci fu lo stop definitivo.
Negli ultimi venti anni avrò sentito parlare decine di volte di far rinascere in qualche modo quel tratto ferroviario quasi del tutto seppellito da terra e arbusti: c’è chi ha pensato a utilizzarlo per una metropolitana leggera (quello della metropolitana è un mito che all’Aquila è morto solo con il terremoto), altri a farne la traccia per una pista ciclabile. Nel 1992 fu presentata anche una scheda Pop (piani operativi plurifondo), per realizzare un percorso per cicloamatori. Quei “famosi” fondi Pop fecero finire in carcere una intera giunta regionale (i cui componenti furono poi tutti prosciolti o assolti).
Ma se, come mi sottolinea De Amicis, al di là di qualche bel convegno la valorizzazione dell’area fluviale dell’Aterno non è stata mai una priorità per gli amministrati di ogni colore politico, la cancellazione della L’Aquila-Capitignano è avvenuta in maniera silente ma continua. Delle stazioni ne è rimasta solo qualcuna ancora in piedi, la gran parte è stata abbattuta per far posto ad altre strutture. Quello che era rimasto era un sentiero che costeggiava il fiume Aterno.
Era diventato una pista ciclabile “ufficiosa” e un luogo dove poter trascorrere qualche ora in santa pace. Ora purtroppo non è più così. Vedere quel mega cantiere dove si lavora giorno e notte per arrivare in tempo a fare tutto per i primi di luglio, fa impressione ma allo stesso tempo mi viene da pensare: ma servirà tutto questo? Quella strada, finito il G8, avrà ancora una utilità o sarebbe stato meglio lasciare quel sentiero dove si andava a raccogliere le more?
Come al solito, in questi tempi di terremoto, le domande non hanno risposte precise.
Il lettore che ci ha inviato l’e-mail è sicuro: è una strada inutile. Forse bisognerà riparlarne fra una decina di anni. A quel punto però sarà difficile tornare indietro. La stradina piena di buche si interrompe davanti a un grosso rullo compressore, di quelli che si utilizzano per “battere” le strade. Il ruscello viene inghiottito sotto il cemento, chissà l’acqua dove andrà a sbucare. Il fiume Aterno lo riconosci da lontano per la lunga fila di alberi sulle sponde. A fianco si potrà ancora “passeggiare”: in macchina.
Ieri pomeriggio sono andato a cercare quella stradina. Mi sono fatto accompagnare dall’architetto Giancarlo De Amicis. Anche lui il sei aprile ha perso la casa e ora abita a Marruci, una frazione di Pizzoli. De Amicis l’ho conosciuto alcuni anni fa perché mi venne a parlare di uno studio fatto da lui in collaborazione con la Provincia (in particolare con Francesco Fucetola) che aveva come obiettivo la valorizzazione dell’area fluviale dell’Aterno, da Montereale a Monticchio. Di quell’area conosce ogni angolo e sentiero. E ha una documentazione fotografica sterminata.
Ci siamo diretti verso Preturo e il mio accompagnatore ha subito individuato una strada sterrata, via delle Vicenne. Le buche hanno fatto sobbalzare non poco la macchina. A destra e a sinistra i ruscelli di Rio Forcella incastonati fra alberi e siepi.
Lungo il percorso tanti prati, qualche orto e un paio di agricoltori al lavoro.
E’ bastato fare duecento metri ed ecco che sullo sfondo sono comparsi camion, ruspe, betoniere. E’ il cantiere per realizzare una strada a scorrimento veloce che dalla statale 80, proprio davanti al teatro romano di San Vittorino e a poche centinaia di metri dall’anfiteatro, porterà alla scuola della Guardia di Finanza a Coppito dove a luglio ci sarà il G8 con tutti i grandi del mondo che, fra una discussione e l’altra sulle sorti del pianeta, si muoveranno per andare a vedere i paesi del terremoto. Dopo il Papa e tutte le più alte cariche istituzionali italiane ed europee nella mia Onna arriverà anche il presidente degli Stati Uniti, Obama.
L’architetto De Amicis mi fa notare che, nascosta fra mezzi meccanici e montagne di terra e sabbia, c’è la piccola stazioncina di San Vittorino, sul percorso della L’Aquila -Capitignano. La strada del G8 sta finendo di cancellare un altro tratto di quella vecchia e dismessa ferrovia.
La storia della L’Aquila-Capitignano è quella di un sogno che non si è mai realizzato: quello di collegare via treno L’Aquila con Teramo.
Il progetto risale al 1910. La prima guerra mondiale rallentò i lavori che furono affidati per un importo di 5 milioni dell’epoca alla Società anonima Industriale dell’Aterno (Sia). La ferrovia nel tratto fino a Capitignano, comune dell’Alta Valle dell’Aterno, doveva essere di circa 32 chilometri e prevedeva stazioni (L’Aquila, Pizzoli, Marana, Montereale e Capitignano) e stazioncine intermedie (Coppito, Cansatessa, San Vittorino, Cermone, Barete, Cagnano).
I binari fino a Pizzoli furono completati nel 1920. Il tratto fino a Capitignano, come è scritto in un sito internet dedicato alle ferrovie dismesse, nel 1922. A Teramo la strada ferrata non arrivò mai. Anzi, a causa dei pochi viaggiatori (sembra che per fare trenta chilometri ci volesse più di un’ora) e della scarsità delle merci veicolate, la ferrovia venne chiusa per il trasporto di persone nel 1933 e nel 1935 ci fu lo stop definitivo.
Negli ultimi venti anni avrò sentito parlare decine di volte di far rinascere in qualche modo quel tratto ferroviario quasi del tutto seppellito da terra e arbusti: c’è chi ha pensato a utilizzarlo per una metropolitana leggera (quello della metropolitana è un mito che all’Aquila è morto solo con il terremoto), altri a farne la traccia per una pista ciclabile. Nel 1992 fu presentata anche una scheda Pop (piani operativi plurifondo), per realizzare un percorso per cicloamatori. Quei “famosi” fondi Pop fecero finire in carcere una intera giunta regionale (i cui componenti furono poi tutti prosciolti o assolti).
Ma se, come mi sottolinea De Amicis, al di là di qualche bel convegno la valorizzazione dell’area fluviale dell’Aterno non è stata mai una priorità per gli amministrati di ogni colore politico, la cancellazione della L’Aquila-Capitignano è avvenuta in maniera silente ma continua. Delle stazioni ne è rimasta solo qualcuna ancora in piedi, la gran parte è stata abbattuta per far posto ad altre strutture. Quello che era rimasto era un sentiero che costeggiava il fiume Aterno.
Era diventato una pista ciclabile “ufficiosa” e un luogo dove poter trascorrere qualche ora in santa pace. Ora purtroppo non è più così. Vedere quel mega cantiere dove si lavora giorno e notte per arrivare in tempo a fare tutto per i primi di luglio, fa impressione ma allo stesso tempo mi viene da pensare: ma servirà tutto questo? Quella strada, finito il G8, avrà ancora una utilità o sarebbe stato meglio lasciare quel sentiero dove si andava a raccogliere le more?
Come al solito, in questi tempi di terremoto, le domande non hanno risposte precise.
Il lettore che ci ha inviato l’e-mail è sicuro: è una strada inutile. Forse bisognerà riparlarne fra una decina di anni. A quel punto però sarà difficile tornare indietro. La stradina piena di buche si interrompe davanti a un grosso rullo compressore, di quelli che si utilizzano per “battere” le strade. Il ruscello viene inghiottito sotto il cemento, chissà l’acqua dove andrà a sbucare. Il fiume Aterno lo riconosci da lontano per la lunga fila di alberi sulle sponde. A fianco si potrà ancora “passeggiare”: in macchina.