«Il mio capoluogo non ha più vita»
Il ricordo di Rocco Mastrocola, di Pescara: così ci vorranno altri dieci anni
Leggendo la notizia sulla prossima fiction sulla ricostruzione dell’Aquila, ho pensato di farvi conoscere un mio racconto sulla città, scritto dopo la mia visita del 6 aprile 2009, la mattina del terremoto.
Sono arrivato nel terminal bus di Collemaggio e per ri-ammirare le scalette di San Bernardino che, da studente, scendevo con la mia Fiat 500 (mezzo secolo fa) mi sono avviato per via Fortebraccio, ancora un desolato cantiere, con negozi ancora sbarrati ma con l’unica sorpresa per il palazzo dove abitavo, proprio quello alla base della scalinata. Il palazzo sembra talmente abbellito da aver cambiato volto, è stato riparato, arricchito e rivalutato ma sui campanelli non ho trovato nessun nome.
I portici del centro (le vasche) tra Vittorio Emanuele e Principe Umberto sono ancora impacchettati, tutta la zona è ancora disabitata ad eccezione di qualche negozio. Le passeggiate sotto i portici si chiamavano “vasche” e poiché era il principale centro di incontri e ritrovi, le vasche serali erano almeno 10. Ora la desolazione che si osserva in tutto il centro storico genera tanta tristezza. Sono trascorsi ben 10 anni ma i lavori vanno a rilento e, con molta probabilità, si arriverà al ventennio. Il centro reale dell’Aquila, tra corso Vittorio Emanuele e Principe Umberto, sembra un vuoto cantiere: di operai al lavoro ne ho visti pochissimi, a differenza di quanto visto la mattina del terremoto e nelle settimane successive quando si rimaneva sbalorditi per la velocità dei lavori per i nuovi palazzi di Bazzano (Progetto Case), dove ho visto le betoniere anche alle 21 del Ferragosto 2009. Ho visto la ricostruzione della chiesa di Onna, con il nuovo villaggio di villini in legno della Provincia di Trento. Nei primi mesi del terremoto si percepiva la vita al lavoro. A distanza di 10 anni, il Centro Reale di L’Aquila non ha più vita, le case e i palazzi sono vuoti, gli abitanti sono svaniti e non per colpa di Guido Bertolaso: ho seguito e molto apprezzato il suo lavoro, si abbigliava solo con una maglietta con striscioline tricolori sul colletto e non con le belle e sgargianti divise di oggi, ripiene di vuoto. La fiction sulla ricostruzione è proprio una “finzione”, il mio Capoluogo di Regione non ha più vita. Auguro buona fortuna a tutti gli “speranzosi” della ricostruzione, auguri a “L'Aquila grandi speranze”.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Sono arrivato nel terminal bus di Collemaggio e per ri-ammirare le scalette di San Bernardino che, da studente, scendevo con la mia Fiat 500 (mezzo secolo fa) mi sono avviato per via Fortebraccio, ancora un desolato cantiere, con negozi ancora sbarrati ma con l’unica sorpresa per il palazzo dove abitavo, proprio quello alla base della scalinata. Il palazzo sembra talmente abbellito da aver cambiato volto, è stato riparato, arricchito e rivalutato ma sui campanelli non ho trovato nessun nome.
I portici del centro (le vasche) tra Vittorio Emanuele e Principe Umberto sono ancora impacchettati, tutta la zona è ancora disabitata ad eccezione di qualche negozio. Le passeggiate sotto i portici si chiamavano “vasche” e poiché era il principale centro di incontri e ritrovi, le vasche serali erano almeno 10. Ora la desolazione che si osserva in tutto il centro storico genera tanta tristezza. Sono trascorsi ben 10 anni ma i lavori vanno a rilento e, con molta probabilità, si arriverà al ventennio. Il centro reale dell’Aquila, tra corso Vittorio Emanuele e Principe Umberto, sembra un vuoto cantiere: di operai al lavoro ne ho visti pochissimi, a differenza di quanto visto la mattina del terremoto e nelle settimane successive quando si rimaneva sbalorditi per la velocità dei lavori per i nuovi palazzi di Bazzano (Progetto Case), dove ho visto le betoniere anche alle 21 del Ferragosto 2009. Ho visto la ricostruzione della chiesa di Onna, con il nuovo villaggio di villini in legno della Provincia di Trento. Nei primi mesi del terremoto si percepiva la vita al lavoro. A distanza di 10 anni, il Centro Reale di L’Aquila non ha più vita, le case e i palazzi sono vuoti, gli abitanti sono svaniti e non per colpa di Guido Bertolaso: ho seguito e molto apprezzato il suo lavoro, si abbigliava solo con una maglietta con striscioline tricolori sul colletto e non con le belle e sgargianti divise di oggi, ripiene di vuoto. La fiction sulla ricostruzione è proprio una “finzione”, il mio Capoluogo di Regione non ha più vita. Auguro buona fortuna a tutti gli “speranzosi” della ricostruzione, auguri a “L'Aquila grandi speranze”.
©RIPRODUZIONE RISERVATA