«Il nostro Marco ucciso due volte»
La rabbia dei familiari: «Come hanno fatto i giudici a non sbattere Antidormi in galera? Chi ci assicura che non lo rifarà?»
CELANO. «Marco lo hanno ucciso due volte. Una sabato sera scaraventandolo sull’asfalto e lasciandolo abbandonato a morire, l’altra, in tribunale, quando un giudice ha rimandato a casa il suo assassino invece di sbatterlo in galera». Maria Paola Zaurrini è la cugina di Marco, il 15enne investito e ucciso dall’auto guidata da Luigi Antidormi, pluripregiudicato 33enne di Celano.
Entriamo a casa della famiglia Zaurrini a Campitelli: non si respira solo il dolore della perdita di un figlio, ma c’è anche rabbia e indignazione. Qualcuno ogni tanto suona al campanello e Giuseppe, da cui non si stacca un attimo la sorella Antonella, apre a tutti e prima ancora che dicano qualcosa ringrazia cordialmente. La mamma di Marco, Rossella, a malapena riesce a salutare. Da domenica mattina stringe al petto una grande foto di suo figlio racchiusa in una cornice, ma non riesce a dire quello che prova. Simone, il fratello 18enne, è di fianco al padre, che ogni tanto lo abbraccia. «Adesso devo pensare a lui e devo stare calmo, ho Simone mi ripeto», dice il padre di famiglia, «un incidente può accadere a tutti, ma quello di mio figlio non è stato un incidente, è stato un omicidio».
Zaurrini non si rassegna alla decisione dei giudici di confermare i domiciliari ad Antidormi «che guidava drogato e ubriaco e che ha dichiarato di essere scappato per paura di essere linciato». «Abbiamo parlato con tutti i ragazzi che sono arrivati lì quella sera», va avanti, «sono giovani accorati e che sono stati vicini a mio figlio e al suo amico, in attesa dei soccorsi. Tutti raccontano di Antidormi che urla arrabbiato e fuori di sé, poi si allontana e se ne va».
«Quando quella sera sono arrivato sul luogo dell’incidente», racconta con lo sguardo fisso, «ho visto mio figlio morto e ho chiesto a un poliziotto chi era stato. Mi sono guardato intorno. Se lì ci fosse stata una persona che mi avesse chiesto perdono, che mi avesse spiegato di non averlo visto, che mi avesse detto “È colpa mia, scusami”, io avrei capito. Ma così no. Io nella mia vita non ho mai avuto a che fare con gli avvocati, con i tribunali, di Luigi Antidormi conoscevo solo i reati, di cui sa tutta Celano, non conoscevo il suo volto. Al giudice al quale è andato a dire che si è drogato e ubriacato a casa, dove ha anche figli piccoli, vorrei chiedere con quale animo si è sentito di rimandarlo a casa. Questa persona ha commesso una lista di reati mentre era sottoposto alle restrizioni impostegli dalla legge. Adesso quindi è cambiato? Cos’altro deve fare?».
“Chi gliel’ha data quella macchina nonostante non avesse la patente e non potesse guidare?», continua Maria Paola, «fosse l’ultima cosa che faccio nella mia vita, ma renderò giustizia a Marco. Per questo chiedo l’appoggio di tutte le istituzioni e anche della stampa, affinché questa storia non venga dimenticata». «Solo qualche giorno fa», conclude Zaurrini, «Marco aveva confidato alla mamma di voler studiare ingegneria. Sognava di specializzarsi alla scuola della Fiat a Torino. Insieme a lui hanno ucciso tutte le sue ambizioni. Giustizia. Non vogliamo altro».
Magda Tirabassi
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