Il pg: «Don Piccoli è un omicida» Chiesta la conferma dei 21 anni 

Martedì verdetto del processo-bis per la morte di monsignor Rocco, l’ex parroco aquilano unico imputato A Venezia ultime battute per il caso del sacerdote anziano ucciso a Trieste nel 2014. La difesa: va assolto

L’AQUILA. «Monsignor Giuseppe Rocco fu ucciso, l’assassino è don Paolo Piccoli e gli va confermata la condanna a 21 anni e sei mesi di reclusione per omicidio volontario». Lo ha sostenuto in udienza Paola Tonini, sostituto procuratore generale della Corte d’Appello di Venezia. Nessuna retromarcia della pubblica accusa nell’Appello-bis in corso nella città lagunare. È ormai trascorso un decennio da quando, il 25 aprile 2014, nella sua stanza alla Casa del Clero di via Besenghi, a Trieste, venne ritrovato il corpo senza vita del prelato 92enne. Oggi come allora, l’unico indiziato rimane il sacerdote veronese già parroco a Rocca di Cambio e Pizzoli e canonico onorario dell’amplissimo capitolo metropolitano dell’Aquila, l’oggi 57enne Piccoli. Una vicenda irrisolta da dieci anni durante i quali l’unico sospettato non ha mai smesso di proclamarsi innocente. Le cronache del tempo lo intitolarono «giallo del seminario» e tale è rimasto: manca ancora, infatti, la sentenza definitiva. Il caso è tuttora apertissimo e l’imputato resta in attesa di giudizio definitivo, non quello del Signore, ma quello della giustizia terrena. Un mistero insoluto, domande irrisolte. In un primo momento, all’epoca, il decesso fu trattato come morte naturale, ma i successivi accertamenti portarono all’indagine per omicidio. Nella struttura per preti a riposo abitava in quel periodo anche Piccoli, individuato come il sospettato principale dopo il ritrovamento di alcune gocce del suo sangue sul cadavere della vittima. Da dieci anni, su di lui, aleggiano i «terrificanti sospetti di aver commesso un omicidio che, forse, non fu neppure tale...». È la paradossale situazione in cui si trova dal 2014 Piccoli, condannato in primo e secondo grado per il (presunto) delitto al seminario di Trieste di cui si sarebbe macchiato, ma che lui continua a negare. Si è tornati di nuovo in aula dopo il clamoroso annullamento della condanna a 21 anni e sei mesi di reclusione, in primo e secondo grado. La sorte di don Paolo sembrava segnata, invece la Cassazione lo scorso marzo ha cancellato tutto accogliendo in toto il ricorso della difesa e ordinando la celebrazione di un nuovo processo di secondo grado. I difensori, gli avvocati Vincenzo Calderoni e Alessandro Filippi, insistono per l’assoluzione. La sentenza martedì, nel terzo giorno della settimana santa.(cr.aq.)