Il pg Falcone: profili penali nell’inchiesta su Bertolaso

Depositate le motivazioni in base alle quali il fascicolo è stato avocato «Non appare corretta allo stato l’ipotesi di mera archiviazione degli atti»

L’AQUILA. «Considerate le ragioni dedotte, e le argomentazioni proposte che vanno in ogni caso approfondite e valutate in relazione agli elementi già acquisiti, dai quali emergono probabili profili di rilevanza penale, rispetto ai quali non appare corretta allo stato l’ipotesi di mera archiviazione, si dispone l’avovazione del procedimento».

Queste le motivazioni, espresse in forma molto sobria e stringata, con le quali il procuratore generale della Repubblica Giuseppe Falcone ha avocato al suo ufficio l’inchiesta «Grandi Rischi bis», a carico dell’ex capo della Protezione civile Guido Bertolaso, indagato per omicidio colposo plurimo e lesioni.

Con l’avocazione il procuratore generale ha poi revocato la richiesta di archiviazione a carico di Bertolaso che era stata avanzata due volte dalla Procura della Repubblica. Lo stesso magistrato, in ordine al suo decreto, ha poi chiesto e ottenuto la sollecita restituzione del fascicolo al proprio ufficio. Falcone ha assegnato la trattazione del fascicolo all’avvocato generale Romolo Como il quale potrà essere coadiuvato dal magistrato Domenico Castellani.

Le istanze di avocazione erano state presentate dagli avvocati Stefano Parretta e Angelo Colagrande nell’interesse delle persone offese Vincenzo Vittorini, Massimo Cinque, Pier Paolo Visione e dall’avvocato Maurizio Cora per proprio conto. L’inchiesta, dall’esito incerto, dovrebbe avere una durata breve, probabilmente una trentina di giorni, anche se nel provvedimento di Falcone questo aspetto non è specificato.

Le parti lese, in totale contrasto con le posizioni della Procura della Repubblica, hanno sempre ritenuto che Bertolaso, pur assente, fosse il mandante degli esiti della riunione del 31 marzo 2009 della Commissione Grandi Rischi, dalla quale scaturirono messaggi rassicuranti per la popolazione. Mentre il 6 aprile ci fu la catastrofe.

L’inchiesta, dunque, riparte da capo e bisognerà vedere se troveranno accoglimento le richieste che le parti offese avevano avanzato a fini istruttori al fine di ottenere l’incriminazione dell’indagato. Una delle censure fatte dalle parti offese alla Procura ha riguardato le scelte dei testimoni non ritenuti idonei a chiarire i fatti. A loro dire, infatti, non aveva molto senso chiamare a deporre gli ex componenti della commissione Grandi Rischi, tutti condannati in primo grado a sei anni di reclusione. I quali, quando si è trattato di entrare nel nocciolo della controversia, si sono quasi tutti avvalsi della facoltà di non rispondere. E, di contro, non sono state accolte le richieste di ascoltare deposizioni di altre persone che, sempre secondo i ricorrenti, avrebbero potuto portare a conclusioni diverse.

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