Il pg Sgambati: confermare le condanne
Ma le difese non ci stanno e chiedono la rinnovazione parziale del dibattimento per valutare nuove prove. Si decide il 28
L’AQUILA. Il sostituto procuratore generale Alberto Sgambati, per nulla condizionato dall’ingente materiale probatorio portato all’attenzione della Corte da parte delle difese, ritiene che la sentenza di primo grado sul crollo della Casa dello studente abbia fatto giustizia e non occorra cambiare nulla.
E ieri, dunque, in quello che è il processo-simbolo della tragedia aquilana con otto giovani vittime, il magistrato ha invocato la conferma della condanna a 4 anni di reclusione, per omicidio colposo, disastro colposo e lesioni, nei riguardi di Tancredi Rossicone, Berardino Pace e Pietro Centofanti, ovvero dei tecnici autori dei lavori di restauro effettuati nel corso del 2000 allo stabile crollato.
Chiesta la conferma della condanna anche per Pietro Sebastiani, tecnico dell’Azienda per il diritto agli studi universitari (Adsu) del capoluogo che gestiva la struttura, condannato in primo grado alla pena di 2 anni e 6 mesi di reclusione. Un crollo, va ricordato, causato anche, e forse soprattutto, da vizi inequivocabili del progetto originario del 1965 e nella successiva realizzazione ma coloro che vi parteciparono sono deceduti.
Nell’udienza a porte chiuse di ieri mattina, gli avvocati dei tre tecnici, Mercurio e Massimo Galasso, entrambi del Foro di Pescara, hanno chiesto di far entrare nel dibattimento nuove prove: una relazione di calcoli e dvd, frutto di una serie di simulazioni il cui contenuto, a loro dire, scagionerebbe gli imputati dalle accuse.
Il collegio giudicante, presieduto da Luigi Catelli, si è riservato di decidere su questo punto al termine della fase istruttoria. L’udienza è stata quindi aggiornata al 28 aprile. In calendario sono previste le arringhe degli ultimi due avvocati ed eventuali repliche. Solo al termine di queste, il collegio deciderà se ritirarsi in camera di consiglio oppure fissare una nuova udienza rinnovando parzialmente il dibattimento. Una decisione importante che potrebbe rimettere tutti in gioco. Procura generale e parti civili hanno espresso la loro contrarietà a tale ipotesi. Le parti civili, tramite l’avvocato Wania Della Vigna, hanno sostenuto anche che, al massimo, si potrebbe riascoltare la perita del giudice di primo grado, la professoressa Maria Gabriella Mulas, al fine di chiarire qualche passo oscuro della sua relazione, ma nulla più di questo.
Ieri l’avvocato Angelo Colagrande, che difende Sebastiani (insieme al collega Attilio Cecchini il quale interverrà il 28 aprile insieme a Mercurio Galasso) si è letteralmente sgolato per mettere in evidenza come sul loro assistito comunque non gravava alcun onere di collaudo statico sulla scorta di una legislazione del 1978. Colagrande, che ha contestato duramente le richieste dell’accusa, ha invocato l’innocenza di Sebastiani. «Gli appellanti e i loro difensori», si legge nel ricorso dello studio Galasso, per il quale il restauro non ha inciso affatto sulla tragedia, «non sono disposti né ora né mai a fare da capri espiatori e continueranno a battersi strenuamente in ogni sede giurisdizionale per fare emergere con chiarezza la loro assoluta estraneità ai tragici fatti in questione, e lo faranno con la forza e la serenità di coloro che sanno di non essere responsabili della perdita di quelle giovani vite, in memoria delle quali si inchinano riverenti».
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