Il ritiro nel santuario di Sant’Angelo scavato nella roccia
Un week end tra raccoglimento e rispetto della natura Ecco il miracolo di un luogo sacro e mistico da tutelare
BALSORANO. Una lama di luce in verticale accarezza la roccia della Serra Lunga. Siamo nel vallone di Sant’Angelo, in un luogo in cui aleggiano misticismo e spiritualità. Il santuario è ospitato da secoli in una grotta che si apre alle falde di una parete di circa 100 metri, uno strapiombo straordinario che regala suggestione e atmosfera uniche. Il luogo sacro oggi viene gestito dal comitato di Sant’Angelo, una decina di uomini di fede che lavorano volontariamente per tenere in vita una tradizione che risale al IX e X secolo dopo Cristo, anche se la prima menzione ufficiale è del 1296 grazie a una Bolla papale firmata da Bonifacio VIII.
IL RADUNO.
Sono le 15 e insieme a un corposo gruppo di pellegrini ci accingiamo a iniziare la salita che ci condurrà al santuario. A un primo tratto in cui il pendio non appare particolarmente impegnativo, durante il quale lo sguardo indugia sugli uliveti che promettono un buon raccolto, segue la parte più difficile. A partire da una croce, l’ascensione diventa improvvisamente ripida.
Le gambe cominciano ad accusare la fatica e il sentiero lastricato è una sorta di via crucis per chi non è abituato al passo di montagna. Esattamente in linea, del resto, con il senso del ritiro spirituale, fatto di raccoglimento e penitenza. Una via crucis scandita dai tornanti continui e dai terrazzamenti che accompagnano i pellegrini. Lungo il tragitto, più o meno a metà percorso, si notano alcune iscrizioni incise in targhe di bronzo.
E pensare che la fatica di oggi è nulla rispetto alla mulattiera affrontata stoicamente dai fedeli prima dei lavori per lastricare la strada. Oggi, un’ora e mezza o poco più basta al gruppo, che si sfilaccia naturalmente, per raggiungere il piazzale di San Martino, un ampio prato che apre al fabbricato dei pellegrini. Qualcuno arriva anche di notte con tanto di lampade da minatori sul caschetto o lanterne in mano.
LA SISTEMAZIONE.
L’accoglienza da parte del comitato è generosa e discreta allo stesso tempo. Una sistemazione dignitosa, seppur spartana, e l’agognato ristoro precedono gli esercizi spirituali. Anche i meno credenti, coloro i quali sono meno avvezzi a preghiere e rosari, vengono conquistati dall’atmosfera di devozione. Un fuoco, come da tradizione, arde per tutta la durata del ritiro e, a turno, tutti si danno da fare per suonare le due campane.
L’ingresso nella grotta è mozzafiato. Due scalinate conducono agli altari principali, mentre la pietra si diverte a tracciare traiettorie di riflessi sulle pareti della caverna.
Dopo la cena il freddo della sera spinge tutti a raccogliersi intorno al fuoco e qui, dopo il rosario, con il ricordo dei nomi dei defunti, è il momento in cui si forgia ancora di più l’armonia del gruppo, formato, in questa occasione da fedeli di Balsorano e Celano.
LA VIA CRUCIS.
La notte passa veloce e la mattina porta alla Via Crucis vera e propria con momenti di autentico trasporto quando la voce acuta del priore buca il silenzio del bosco e inonda la vallata con delle sonorità toccanti.
La ricostruzione del calvario di Gesù Cristo è suggestiva e all’ombra di monte Breccioso e Colle Pizzuto è palpabile il momento di intenso raccoglimento.
Dopo il pranzo inizia il ritorno a valle e dagli oltre 900 metri di altitudine si scende fino ai 340 del paese.
In tutti resta dentro un’esperienza speciale che attende solo di essere ripetuta.
©RIPRODUZIONE RISERVATA