Il sisma adesso si allarga

E’ Campotosto il nuovo epicentro, due scosse. Va verso il Teramano, il Centro incontra la gente che lascia la zona del lago e delle dighe

CAMPOSTOSTO. Da ieri Campotosto vive sopra il terremoto. Da ieri il sisma che ha sconvolto l’Abruzzo si è esteso e avanza verso Nord, verso il Teramano. Ha scelto la via più breve per scavalcare il Gran Sasso. Ha imboccato il passo delle Capannelle e alle 2,52 in punto di ieri ha schioccato la prima frustata. Violenta e implacabile. Sentita ovunque, ma a Teramo più di altre parti. Una scossa di magnitudo 5.1 Richter che da ieri unisce nella paura aquilani e teramani.
 

Una scossa che ha innescato, nella zona dell’epicentro e nei paesi vicini, Capitignano e Barete, la stessa incontenibile voglia di fuggire verso città più sicure.
 
Ma è impietoso il mostro quando alle 21,38 dà la seconda frustata: 4,9 Richter, sempre a Campotosto.

INCONTRO AL TERREMOTO.
Il sisma avanza e si estende. Siamo andati incontro al terremoto, abbiamo subito raggiunto il paese dell’epicentro per parlare con la gente di Campotosto. Per raccontare loro che se ci si muove in anticipo senza perdere l’autocontrollo, senza farsi ingannare dal panico, anche il terremoto mostra il suo punto debole. E perde la sfida.
 
Anche a Campotosto trovi le stesse testimonianze drammatiche, ma questa è la voce di chi ha un vantaggio rispetto alla povera gente di Onna o Paganica o ai martiri dell’Aquila che oggi piangono centinaia di lutti.
 
A Campotosto, invece, incontri abruzzesi che ora conoscono la potenza del nemico. Che non si lasceranno sconfiggere facilmente.
 
«HO SENTITO UN BOATO».
Sono le 14 di ieri quando entriamo nella piazza del paese che domina il lago e tre imponenti dighe dell’Enel.
 «Ho sentito un boato. Era qui, sotto di me».
 
Ha la voce agitata Fabrizio Calandrella mentre indica il campanile della chiesa della Madonna di Brognaleto che da ieri notte è ruotato su se stesso oppure quella crepa in alto che ferisce la facciata del luogo sacro. Il sagrato è transennato, i calcinacci ingombrano il marciapiede.
 
Si avvicina il sindaco, Bruno D’Alessio, lui non può permettersi momenti di cedimento verso la sua gente che da ieri mattina è accampata in piazza. Chi a giocare a carte sotto una tenda, chi a riposare in una piccola canadese, dopo lunga notte vissuta nel terrore e nella speranza che le scosse (tre) finissero per sempre.
 
«Purtroppo l’epicentro si è spostato da noi», dice il sindaco. «Speravamo che non accadesse mai, invece da oggi siamo direttamente coinvolti come L’Aquila», continua. «La mia gente ha già sofferto molto in passato. Ma questa notte è stato diverso, è stato terribile. E nessuno ci manda tende e bagni chimici».