Il Tar blocca il mega-appalto delle fogne
Sottoservizi in centro storico, sospeso l’atto di aggiudicazione dei lavori alle ditte Edilfrair, Taddei e Acmar
L’AQUILA. L’appalto da 27 milioni per le fogne del centro storico s’è già arenato prima di partire. Com’era ampiamente prevedibile – dopo il ricorso della seconda classificata, la ditta Alma Cis costruzione impianti speciali dell’imprenditore pescarese Enrico Marramiero – i giudici del tribunale amministrativo per l’Abruzzo hanno sospeso l’atto di aggiudicazione fino alla camera di consiglio del 12 febbraio 2014. Nel mirino della ditta esclusa è finita, infatti, la determinazione numero 26 del 27 settembre 2013 con la quale è stato aggiudicato l’appalto della progettazione esecutiva e dei lavori di ricostruzione delle infrastrutture nell’ambito urbano del centro storico dell’Aquila. Aggiudicazione ottenuta dall’associazione temporanea d’impresa formata dalla capofila Acmar (Associazione cooperativa muratori e affini di Ravenna) e dalle imprese aquilane Taddei Spa ed Edilfrair costruzioni generali spa.
Il collegio (presidente Saverio Corasaniti, consiglieri Paolo Passoni e Maria Abbruzzese) ha emesso un’ordinanza di quattro pagine nella quale si muovono alcuni rilievi alla procedura seguita. «Dalla sommaria delibazione», si legge nell’ordinanza, «emerge un contesto procedimentale di scelta della stazione appaltante che lascia margini di perplessità, sui quali la stessa stazione appaltante è chiamata a rendere idonei chiarimenti, solo all’esito dei quali il collegio potrà assumere definitive decisioni sulla presente fase cautelare, anche in considerazione della prodromica delicatezza dell’appalto de quo, in vista della ricostruzione della città». Insomma, un appalto troppo importante. Proprio perché la ricostruzione del centro storico della città e delle frazioni deve necessariamente partire dai sottoservizi.
Secondo il Tar è la Gran Sasso acqua spa a dover fornire, entro 15 giorni, «decisivi chiarimenti» su tre questioni: la compatibilità con i princìpi di par condicio del metodo pragmatico-sostanzialista seguìto dalla commissione, in relazione alle formali prescrizioni di gara che richiamavano la necessità di apposita relazione geologica a corredo della domanda di partecipazione; la piena idoneità geologica del progetto aggiudicatario, con ogni conseguente responsabilità a vari livelli in caso di sorprese geologiche, ove i lavori dovessero avere corso; l’attendibilità del modus operandi valutativo della commissione». Questo anche alla luce della «complessa impugnativa», sulla quale la Gran Sasso acqua non ha fornito controdeduzioni. Il Tar aggiunge che «se le censure fossero fondate» si sarebbe in presenza di «un più generale contesto valutativo che risulterebbe minato da gravi e diffuse superficialità» tanto da ipotizzare «eventuali azioni di autotutela». Insomma, il bando potrebbe ripartire daccapo. Si decide a febbraio.
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