ASCOLI PICENO
Il vescovo D'Ercole si dimette: "Vado in monastero". E' stato il vicario all'Aquila
Decisione inattesa dell'alto prelato originario di Rendinara di Morino sempe nell'Aquilano: "Ho fatto tutto che mi è stato possibile per aiutare e sostenere tutti, soprattutto chi ho visto soffrire di più"
L'AQUILA. Il vescovo di Ascoli Piceno Giovanni D'Ercole, originario di Rendinara di Morino, in provincia dell'Aquila, si dimette e va in un monastero. Lo annuncia lui stesso in un video sui canali social della diocesi.
D'Ercole _ che è stato nel 2009 vescovo ausiliare dell'Aquila e quindi vicario generale dell'arcidiocesi dell'Aquila attraversando tutto il periodo post terremoto _ definisce la sua rinuncia, accolta dal Papa, «una scelta difficile, sofferta ma profondamente libera, ispirata al servizio della Chiesa e non al mio interesse personale». «In un momento difficile come questo - aggiunge - in cui regna confusione nella nostra società, in cui c'è tanta paura, io credo, sento profondamente il bisogno di dedicarmi ala preghiera. Entro in un monastero - annuncia - dove potrò accompagnare il cammino della Chiesa in un modo più intenso, nella meditazione, nella contemplazione e nel silenzio. Quando avrò percorso questo periodo in monastero - seguita -, poi mi aprirò a tutte le prospettive che il signore vorrà darmi. Sento che in questo momento dio mi chiama a fare un passo perché possa rendere servizio in questo modo».
D'Ercole ringrazia «tutti coloro che mi hanno voluto bene e che continuano a volermi bene. Io vi rinnovo tutta la mia stima, tutto il mio affetto e soprattutto - sottolinea - siate certi non abbandono nessuno ma sarò ancora più vicino alla diocesi, a ciascuno di voi con la mia preghiera, perché in questo momento sento profondamente che solo Dio può essere la speranza affidabile su cui poggiare ogni nostro passo verso un futuro che qualche volta appare molto incerto ma che alla luce di Dio sarà sicuramente segnato dalla sua vittoria, la vittoria di Cristo. Vi prego quindi - conclude il vescovo - di considerare queste mie dimissioni come un atto di fede e un segno di amore più grande verso tutti».
Monsignor Giovanni D'Ercole ha consegnato la lettera di dimissioni da vescovo di Ascoli Piceno a Papa Francesco lo scorso 13 ottobre. «Lo ringrazio, perché, accettando in anticipo la mia rinuncia, mi ha dato la possibilità di realizzare una scelta su cui meditavo da tanto tempo e che avrei voluto concretizzare al compimento dei miei 75 anni: tornare alle origini del mio sacerdozio, in Africa, tra "i più poveri tra i poveri", come direbbe Santa Teresa di Calcutta», spiega in una nota.
Sin dal terremoto del 2016, che ha inferto una grave ferita alle popolazioni della sua diocesi, monsignor D'Ercole ha condiviso la sofferenza e l'incertezza di molti. «Sofferenza e incertezza proseguite e aumentate a causa della pandemia del Covid-19, che ha fatto crescere in me inquietudine - aggiunge -. Posso dire di aver fatto tutto ciò che mi è stato possibile per accompagnare la comunità diocesana e aiutare e sostenere tutti, soprattutto chi ho visto soffrire di più».
L'ex vescovo di Ascoli e vicario dell'Aquila si è ispirato all'icona della Chiesa come «ospedale da campo», accogliente verso ogni tipo di povertà, secondo quanto insegna Papa Francesco. «Chi mi conosce sa che ho cercato di assumere in modo pieno la mia responsabilità di vescovo guida della diocesi, mai girandomi dall'altra parte - sottolinea -. Tutto questo mi ha però logorato e ha suscitato in me domande più profonde sul mio ruolo di pastore. Davanti a situazioni impreviste e cariche di fatiche e sconfitte umane, pur impegnando ogni sforzo, ho sentito che questo non basta. D'accordo con i superiori della Congregazione religiosa cui appartengo, quella della Piccola opera della Divina Provvidenza di San Luigi Orione, ho pensato opportuno ritirarmi, per un certo periodo, in un monastero in Africa, dove ho iniziato il mio sacerdozio, per immergermi in un totale clima di preghiera e di contemplazione. Credo - insiste - che in questo momento il soccorso debba venire da Dio, implorato con intensa preghiera. Non abbandono quindi la vigna del Signore nella quale continuerò a operare con interiore partecipazione, offrendo il mio sostegno ai sacerdoti e alle nostre comunità in maniera più profonda e spirituale» conclude.
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