Irti, colosso del mattone nel mirino
Tra gli indagati il geometra Mauro, parte dell’impero che non c’è più
L’AQUILA. Dalle carte dei crolli spunta fuori un colosso. L’indagato Mauro Irti, 43 anni, geometra, è un pezzo importante di quella dinasty del mattone che ha imperato all’Aquila, in Italia e all’estero, fino agli anni Novanta, col picco di appalti e potere, prima del tracollo iniziato dopo Tangentopoli e culminato nel fallimento avvenuto nel 2003. Un crac che trascinò con sé anche la società di calcio. L’indagato è figlio di Claudio, uno dei cinque fratelli discendenti del capostipite Iniseo. Cioè dell’uomo che cominciò nel 1920 con le mietitrebbie a Sassa Scalo e arrivò fino a piazza del Fante a Roma, costruendo strade e ponti in tutto il mondo. Mauro è coinvolto nell’indagine dei pm della procura aquilana, nella sua qualità di direttore di cantiere, per conto dell’associazione temporanea di imprese tra la Spa «Irti lavori» di Sassa Scalo e la spa Iga con sede a Roma, esecutrice dei lavori di ampliamento della facoltà di Ingegneria dell’Università dell’Aquila.
LE ACCUSE. Secondo i pm Rossini e Picuti, che hanno firmato insieme l’informazione di garanzia, Mauro Irti avrebbe, in cooperazione colposa con altri otto indagati, «cagionato o comunque cooperato nel porre le condizioni del crollo delle strutture murarie in blocchetti di calcestruzzo vibrocompresso e delle strutture di copertura inclinate di vetro, acciaio, alluminio sulle prime appoggiate, per una lunghezza di quaranta metri, dell’area di ingresso principale, corpo A, della facoltà di Ingegneria». In particolare, dicono i pm, «per colpa consistita in negligenza, imprudenza e imperizia, consentiva la realizzazione delle strutture murarie oggetto del crollo (su cui, poi, veniva appoggiata la struttura di copertura)... prive delle necessarie nervature di irrigidimento in cemento armato e degli ancoraggi al retrostante telaio... e consentiva che le strutture di copertura inclinate di vetro, acciaio, alluminio, oggetto del crollo, fossero, in modo del tutto improvvido, appoggiate alle strutture murarie, a tale scopo inidonee».
CHI SONO GLI IRTI. Un’azienda in cui «i rapporti umani sono fondamentali», come amano ripetere tutti i discendenti del capostipite. Sono gli Irti dell’autostrada L’Aquila-Roma, dell’Emiciclo e del megaparcheggio di Collemaggio, della scuola della Finanza di Coppito e del supercarcere di Preturo, dell’ospedale San Salvatore e dei ricchi subappalti Cogefar. Ma anche delle grandi infrastrutture, come Tav e alcuni edifici e servizi come quelli per gli aeroporti di Fiumicino e di Capodichino a Napoli. Dove, per un appalto da 70 miliardi delle vecchie lire per realizzare gli uffici della «Us Navy support activity», avrebbero avuto anche un abboccamento con la camorra che avrebbe estorto dei soldi al colosso di Sassa Scalo. Si parlò di un miliardo di lire. Cosa che emerse nel corso di indagini sui clan Contini e Licciardi. Poi, prima del tracollo, l’avventura in Germania. Un viaggio senza ritorno.
OGGI. La holding miliardaria oggi non esiste più. Il colosso è caduto. La sua vicenda appartiene, però, a pieno titolo, alla storia della città. Alcuni discendenti, come Mauro, oggi direttore tecnico di un’impresa, proseguono in qualche modo l’attività in campo edilizio. Ma i fasti del passato sono davvero lontanissimi.
LE ACCUSE. Secondo i pm Rossini e Picuti, che hanno firmato insieme l’informazione di garanzia, Mauro Irti avrebbe, in cooperazione colposa con altri otto indagati, «cagionato o comunque cooperato nel porre le condizioni del crollo delle strutture murarie in blocchetti di calcestruzzo vibrocompresso e delle strutture di copertura inclinate di vetro, acciaio, alluminio sulle prime appoggiate, per una lunghezza di quaranta metri, dell’area di ingresso principale, corpo A, della facoltà di Ingegneria». In particolare, dicono i pm, «per colpa consistita in negligenza, imprudenza e imperizia, consentiva la realizzazione delle strutture murarie oggetto del crollo (su cui, poi, veniva appoggiata la struttura di copertura)... prive delle necessarie nervature di irrigidimento in cemento armato e degli ancoraggi al retrostante telaio... e consentiva che le strutture di copertura inclinate di vetro, acciaio, alluminio, oggetto del crollo, fossero, in modo del tutto improvvido, appoggiate alle strutture murarie, a tale scopo inidonee».
CHI SONO GLI IRTI. Un’azienda in cui «i rapporti umani sono fondamentali», come amano ripetere tutti i discendenti del capostipite. Sono gli Irti dell’autostrada L’Aquila-Roma, dell’Emiciclo e del megaparcheggio di Collemaggio, della scuola della Finanza di Coppito e del supercarcere di Preturo, dell’ospedale San Salvatore e dei ricchi subappalti Cogefar. Ma anche delle grandi infrastrutture, come Tav e alcuni edifici e servizi come quelli per gli aeroporti di Fiumicino e di Capodichino a Napoli. Dove, per un appalto da 70 miliardi delle vecchie lire per realizzare gli uffici della «Us Navy support activity», avrebbero avuto anche un abboccamento con la camorra che avrebbe estorto dei soldi al colosso di Sassa Scalo. Si parlò di un miliardo di lire. Cosa che emerse nel corso di indagini sui clan Contini e Licciardi. Poi, prima del tracollo, l’avventura in Germania. Un viaggio senza ritorno.
OGGI. La holding miliardaria oggi non esiste più. Il colosso è caduto. La sua vicenda appartiene, però, a pieno titolo, alla storia della città. Alcuni discendenti, come Mauro, oggi direttore tecnico di un’impresa, proseguono in qualche modo l’attività in campo edilizio. Ma i fasti del passato sono davvero lontanissimi.