L’Abruzzo perde 32 mila posti

La crisi travolge l’occupazione femminile e i giovani precari

PESCARA. In Abruzzo tra aprile e giugno sono stati persi 32 mila posti di lavoro. Un calo che riporta la regione ai livelli occupazionali di 15 anni fa e che segna un tracollo di meno 5,9% rispetto ad una media nazionale, sempre riferita al secondo trimestre 2009, dell’1,6%. A rimetterci il posto di lavoro sono stati i settori sociali più deboli: i precari, i giovani e, soprattutto secondo l’Istat le donne, la componente femminili lascia sul campo 25 mila posti. Il tasso di disoccupazione in Abruzzo si colloca all’8%. Il forte calo degli addetti si è verificato nell’agricoltura e nel settore dell’industria (-7%) Nelle analisi fatte da sindacati, dalla Cisl e Uil, ed economisti, come quella che riportiamo nell’intervista al professor Giuseppe Mauro docente di economia all’università d’Annnunzio i fattori che hanno scatenato un aumento della disoccupazione sono diversi, dalla crisi globale che in Abruzzo ha fatto sentire i suoi effetti con alcuni mesi di ritardo; il forte indebitamento regionale per la sanità; e il terremoto che ha azzerato il Pil della provincia dell’Aquila.

A soffrirne maggiormente sono state le piccole imprese che non hanno rinnovato i contratti a termine e ridotto il numero dei collaboratori. I settori più colpiti sono l’agricoltura, con 7.000 occupati in meno, e l’Industria, con una riduzione di altri 7.000 posti. La perdita di lavoro è maggiore tra i lavoratori dipendenti, che diminuiscono di 14.000 unità. Per la Cisl una ricetta per rilanciare l’economia è «la definizione degli strumenti da attivare nella zona colpita dal sisma, porti ad un immediato utilizzo delle risorse comunitarie, ad una definizione degli accordi quadro di programma per l’utilizzo dei fondi Fas con il ministero delle Attività Economiche ed il Cipe, all’avvio delle intese sui progetti infrastrutturali cantierabili».