L'Aquila, blitz della Finanza: sequestrati atti alla Gran Sasso acqua
Nel mirino della Procura la maxi commessa per la costruzione di un tunnel e la transazione da 740mila euro per i sottoservizi
L’AQUILA. La Finanza ha sequestrato atti nella sede della Gran Sasso acqua spa. Nel mirino della Procura della Repubblica ci sarebbero alcune procedure legate alla realizzazione del primo stralcio dei nuovi sottoservizi del capoluogo, una maxi-commessa da circa 40 milioni di euro che vede la costruzione di 13 chilometri di tunnel con all’interno tutte le reti nelle principali vie del centro.
I finanzieri del nucleo di polizia tributaria si sono presentati, un mese fa nella sede della stazione appaltante, la società idrica del comprensorio Gran Sasso Acqua, e hanno acquisito una serie di documenti.
Al momento sono ignote le ipotesi di reato e se vi siano già eventuali iscrizioni nel registro degli indagati. Le indagini delle Fiamme Gialle sono coordinate dal sostituto procuratore Stefano Gallo, lo stesso che guida un primo procedimento penale con l’accusa di turbativa d’asta con quattro imputati, ancora in corso.
I finanzieri hanno chiesto e ottenuto i documenti da Raffaele Giannone, nella sua qualità di dirigente dell’ufficio amministrativo della Gran Sasso acqua. Tra le carte e i file informatici acquisiti, figurerebbero anche il contratto firmato tra la stazione appaltante e le tre imprese che si sono consorziate in Asse Centrale, la ravennate Acmar (capofila) e le aquilane Edilfrair e Taddei, comprese le integrazioni successive; materiale digitale sui primi undici stati di avanzamento dei lavori; una quindicina di file relativi alla transazione delle riserve, avvenuta in anticipo e a lavori ancora in corso; centinaia di file relativi al progetto esecutivo e ai vari pagamenti effettuati. In particolare, nel mirino ci sarebbe la transazione da 740mila euro da parte della Gsa in favore del consorzio che si è aggiudicato i lavori. Una transazione liquidata, a fronte di una richiesta milionaria, nell’ambito delle cosiddette riserve, cioè la domanda di maggiori compensi che l’appaltatore, se non vuole decadere dal relativo diritto (e pertanto dalla possibilità di far valere in qualsiasi tempo e modo la sua pretesa), è tenuto a formulare nel corso dell’appalto. Un pagamento avvenuto quasi allo spirare della vecchia gestione (targata Americo Di Benedetto), ma che non passò mai attraverso il consiglio di amministrazione e non ebbe pareri unanimi nell’ente. Il collegio sindacale ha chiesto di apporre correttivi, ma il cda, vecchio e nuovo, non ha mai affrontato il caso. I nuovi amministratori della spa ne parleranno la prossima settimana.
©RIPRODUZIONE RISERVATA.
I finanzieri del nucleo di polizia tributaria si sono presentati, un mese fa nella sede della stazione appaltante, la società idrica del comprensorio Gran Sasso Acqua, e hanno acquisito una serie di documenti.
Al momento sono ignote le ipotesi di reato e se vi siano già eventuali iscrizioni nel registro degli indagati. Le indagini delle Fiamme Gialle sono coordinate dal sostituto procuratore Stefano Gallo, lo stesso che guida un primo procedimento penale con l’accusa di turbativa d’asta con quattro imputati, ancora in corso.
I finanzieri hanno chiesto e ottenuto i documenti da Raffaele Giannone, nella sua qualità di dirigente dell’ufficio amministrativo della Gran Sasso acqua. Tra le carte e i file informatici acquisiti, figurerebbero anche il contratto firmato tra la stazione appaltante e le tre imprese che si sono consorziate in Asse Centrale, la ravennate Acmar (capofila) e le aquilane Edilfrair e Taddei, comprese le integrazioni successive; materiale digitale sui primi undici stati di avanzamento dei lavori; una quindicina di file relativi alla transazione delle riserve, avvenuta in anticipo e a lavori ancora in corso; centinaia di file relativi al progetto esecutivo e ai vari pagamenti effettuati. In particolare, nel mirino ci sarebbe la transazione da 740mila euro da parte della Gsa in favore del consorzio che si è aggiudicato i lavori. Una transazione liquidata, a fronte di una richiesta milionaria, nell’ambito delle cosiddette riserve, cioè la domanda di maggiori compensi che l’appaltatore, se non vuole decadere dal relativo diritto (e pertanto dalla possibilità di far valere in qualsiasi tempo e modo la sua pretesa), è tenuto a formulare nel corso dell’appalto. Un pagamento avvenuto quasi allo spirare della vecchia gestione (targata Americo Di Benedetto), ma che non passò mai attraverso il consiglio di amministrazione e non ebbe pareri unanimi nell’ente. Il collegio sindacale ha chiesto di apporre correttivi, ma il cda, vecchio e nuovo, non ha mai affrontato il caso. I nuovi amministratori della spa ne parleranno la prossima settimana.
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