L'Aquila, doppia condanna per il crollo del Convitto

Al processo d’appello confermati i 4 anni di reclusione per l’ex preside Bearzi, 2 anni e 6 mesi per l’ex dirigente della Provincia Mazzotta assolto in primo grado

L’AQUILA. Condanna a quattro anni di reclusione per l’ex preside Livio Bearzi e condanna a 2 anni e 6 mesi di reclusione per l’ex dirigente della Provincia Vincenzo Mazzotta. È la sentenza del processo di appello per il crollo del Convitto nazionale nella notte del terremoto, nel quale persero la vita tre giovani, Luigi Cellini di Trasacco, Marta Zelena e Ondreyi Nouzovsky che erano all’Aquila in vacanza premio.

Sul banco degli imputati l’ex preside Livio Bearzi, che in primo grado fu condannato a quattro anni di carcere per omicidio colposo plurimo, e Vincenzo Mazzotta, ex dirigente della Provincia, che fu assolto con ampia formula ma il pm ha fatto ricorso anche per la sua posizione.

Il Convitto nazionale era un edificio costruito due secoli fa e pertanto doveva essere evacuato secondo l’accusa ma il preside, ha sempre sostenuto la difesa, non aveva alcun potere al riguardo e, inoltre, la commissione Grandi Rischi aveva rassicurato tutti. Diversa la posizione di Mazzotta, ex dirigente della Provincia, ente proprietario del palazzo, che secondo il giudice di primo grado Giuseppe Grieco non ha avuto responsabilità. Secondo il giudice Grieco, «Bearzi», si legge nella motivazione, «operò in totale spregio del piano di sicurezza vigente e delle più elementari norme cautelari che in quel momento niente altro imponevano se non di fare uscire i minorenni come già avvenuto nei giorni precedenti. Egli impose ai più piccoli di restare nelle loro stanze come se fossero sicure azzerando ogni percezione delle ben note condizioni dell’odierna struttura». I due imputati sono assistiti dagli avvocati Paolo Enrico Guidobaldi e Antonio Mazzotta.

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