L'Aquila, Menarini a rischio chiusura: appello a Monti

Polo farmaceutico, i sindacati: il decreto liberalizzazioni penalizza gli stabilimenti aquilani

L'AQUILA. Un appello alla politica, sia a livello nazionale che territoriale, per la salvaguardia del polo farmaceutico aquilano, settore di eccellenza nel panorama economico del capoluogo di regione ferito dal terremoto dell'aprile del 2009.

Un polo che, nei mesi del post sisma, ha rappresentato l'unico traino per l'economia locale e che a distanza di tre anni potrebbe rischiare il tracollo, a causa degli effetti del decreto del governo Monti sulle liberalizzazioni.

Dopo l'allarme lanciato, sulle pagine del Centro, dal direttore generale del gruppo Menarini Carlo Colombini, scendono in campo i sindacati, che richiamano l'attenzione del governo e delle istituzioni locali, sollecitando l'apertura di un tavolo di discussione.

L'intento è di investire del problema direttamente il ministro della coesione territoriale Fabrizio Barca, nel suo ruolo di "inviato speciale" all'Aquila per far accelerare la ricostruzione e soprattutto favorire il rilancio economico e sociale della città.

Le tre aziende farmaceutiche presenti nel cratere sismico - Dompè, Menarini e Sanofi Aventis - occupano circa 700 addetti, oltre all'indotto, e sono ripartite a pieno regime, dopo il 6 aprile 2009, tutelando l'occupazione e incrementando la produzione.

Ma secondo il direttore generale della Menarini, l'unico settore solido del territorio è ora messo seriamente a rischio dal provvedimento del governo sulle liberalizzazioni.

In particolare «se non viene cambiato l'articolo relativo alla prescrizione dei farmaci generici» ha dichiarato Carlo Colombini «potremmo essere costretti a delocalizzare il nostro sito aquilano, dove il 70% della produzione è rappresentato da prodotti con brevetto scaduto, producibili anche da aziende diverse da quella che ha depositato il brevetto».

Il decreto Monti, in pratica, "forza" la prescrizione, da parte del medico, dei farmaci generici, quelli a prezzo più basso, che vengono però prodotti per la maggior parte nei Paesi emergenti, come Cina e India, dove il costo del lavoro è più basso.

Le case farmaceutiche italiane, dunque, rischiano di ritrovarsi senza commesse e per restare sul mercato sarebbero obbligate a trasferire la produzione in aree più vantaggiose.

«Nel territorio aquilano» ha affermato il segretario della Cgil L'Aquila Umberto Trasatti «non si può mettere a repentaglio proprio il settore farmaceutico, un'eccellenza che va tutelata e che deve diventare il fulcro per il rilancio dell'economia. Nei tavoli che si apriranno con il ministro Barca, quindi, non si potrà prescindere dal rafforzamento del polo farmaceutico».

Lo strumento, per raggiungere questo obiettivo, c'è già: «La legge 77 del 2009» ha spiegato Francesco Marrelli, segretario Filctem-Cgil «prevede la realizzazione di accordi di programma, destinati al chimico-farmaceutico, per garantire la solidità e la qualità dell'occupazione. Ora più che mai serve un impegno in tal senso anche di Regione e Provincia».

La paventata perdita dello stabilimento Menarini, per il responsabile Cisl dell'Aquila Gianfranco Giorgi «è l'ennesima notizia negativa, che va ad aggravare un quadro occupazionale e industriale desolante. Il farmaceutico è uno dei settori portanti del mercato locale e deve essere supportato e guidato nella crescita. Invitiamo la Menarini» ha concluso Giorgi «a compiere uno sforzo perchè questo patrimonio non vada disperso e ai nostri politici chiediamo di non pensare solo alla ormai prossima campagna elettorale, ma anche a salvaguardare gli interessi della comunità».

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