L'odissea dello sfollato invisibile
L'artigiano Sandro sfrattato dalla Campomizzi torna nella casa inagibile
L'AQUILA. Si definisce uno degli "invisibili" e non si rassegna, «dopo una vita di lavoro», a chiedere assistenza alla Caritas. Piuttosto, ha deciso di tornare a vivere nella sua casa, che non è ancora agibile. È la storia di Sandro Di Prospero, 49 anni, artigiano senza lavoro e uno degli sfollati che dovranno lasciare la Campomizzi dal prossimo 30 giugno, per far posto agli studenti universitari vincitori di borsa di studio. Sono in tutto 65 gli ospiti sfrattati. Di loro, 43 sono stati destinati alla Guardia di finanza, mentre per gli altri 22 non è stata ancora stabilita una sistemazione, come per Sandro. Inizialmente erano stati rassicurati: avrebbero lasciato la caserma solo per una sistemazione definitiva, ma così non è.
«Sono nato a Preturo», racconta, «e ho lavorato una vita intera. Adesso la Struttura per la gestione dell'emergenza, la Sge, mi dice che dovrò essere assistito dal servizio sociale del Comune o dalla Caritas. Chi l'avrebbe mai pensato?». Sandro è indignato. Prima del terremoto abitava nelle case Ater di via Verzieri e dice: «Sono sono stato l'unico tra i residenti del mio palazzo a non avere avuto l'assegnazione nel progetto Case o nei map, nonostante la mia abitazione sia inagibile. Ho fatto presente più volte l'anomala situazione, ma senza ottenere risposte. A questo punto mi domando perché dovrei restare nella città che mi ha visto nascere e crescere».
Nel tentativo di risolvere la situazione Sandro ha anche presentato denuncia alle autorità, scritto al Prefetto e diffidato il Comune. «Volevo essere trattato come gli altri nella mia situazione», conclude, «ma sono stato costretto a gettare la spugna e così tornerò nella mia casa in via Verzieri, sperando a questo punto di restare invisibile anche lì, facendo finta che nulla sia accaduto e aggiungendo, goliardicamente, questi 19 mesi trascorsi nella caserma Campomizzi a quelli del servizio militare svolto in gioventù. Ringrazio comunque chi mi dato fino ad oggi un tetto e un piatto di minestra».
«Sono nato a Preturo», racconta, «e ho lavorato una vita intera. Adesso la Struttura per la gestione dell'emergenza, la Sge, mi dice che dovrò essere assistito dal servizio sociale del Comune o dalla Caritas. Chi l'avrebbe mai pensato?». Sandro è indignato. Prima del terremoto abitava nelle case Ater di via Verzieri e dice: «Sono sono stato l'unico tra i residenti del mio palazzo a non avere avuto l'assegnazione nel progetto Case o nei map, nonostante la mia abitazione sia inagibile. Ho fatto presente più volte l'anomala situazione, ma senza ottenere risposte. A questo punto mi domando perché dovrei restare nella città che mi ha visto nascere e crescere».
Nel tentativo di risolvere la situazione Sandro ha anche presentato denuncia alle autorità, scritto al Prefetto e diffidato il Comune. «Volevo essere trattato come gli altri nella mia situazione», conclude, «ma sono stato costretto a gettare la spugna e così tornerò nella mia casa in via Verzieri, sperando a questo punto di restare invisibile anche lì, facendo finta che nulla sia accaduto e aggiungendo, goliardicamente, questi 19 mesi trascorsi nella caserma Campomizzi a quelli del servizio militare svolto in gioventù. Ringrazio comunque chi mi dato fino ad oggi un tetto e un piatto di minestra».
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