La basilica di Collemaggio, un pezzo di storia
La foto antica di uno dei monumenti cittadini più noti in omaggio con “il Centro”
L’AQUILA. La settima uscita dell’iniziativa “Ieri & Oggi” sulle foto antiche della città, in omaggio ai nostri lettori, propone oggi la Basilica di Collemaggio. La storia è affidata ancora al professor Vincenzo Vivio, architetto e docente di Storia dell’Arte all’Istituto stata d’Arte “Muzi”.
«Insieme alla Fontana delle 99 Cannelle, la Basilica di Santa Maria di Collemaggio è senza dubbio il monumento aquilano più conosciuto». Ciò nonostante un alone di mistero circonda ancora oggi le vicende storiche della sua fondazione, tanto da appassionare molti alla ricerca di segni e significati occulti. Paradossalmente anche le recenti indagini archeologiche, effettuate sotto il livello del pavimento, hanno contribuito ad alimentare questa caccia quasi morbosa ai segreti nascosti di Collemaggio.
E in effetti l’avere accertato consistenti preesistenze murarie ben oltre il perimetro della chiesa attuale, non poteva che generare altra curiosità circa le reali intenzioni dei seguaci di Celestino. Ma almeno a questo enigma una spiegazione plausibile c’è. Ed è che lì dove sorge la basilica si può ipotizzare un insediamento precedente, ovvero lo scomparso Castello della Torre, il cui sito non è stato mai accertato, ma che si sa essere stato assai vicino alla nuova città di Aquila.
E in questo senso non è trascurabile il fatto che nel 1287 i monaci celestini acquistarono il terreno per la costruzione della chiesa da una tal Rogata di Bernardo della Torre. Insomma, quando il futuro Celestino V scelse quella propaggine del “Colle maggiore” per la sua grande basilica, là sopra dovevano esserci ancora le case dei torreggiani. La chiesa fu consacrata nel 1287 e i lavori erano in gran parte completati il 29 agosto del 1294, quando l’eremita Pietro del Morrone vi fu incoronato Papa.
Costruita a tempo di record, la basilica più grande della regione aveva un aspetto molto austero, del tutto coerente con la radicale povertà predicata da Celestino. Tre navate divise da pilastri ottagonali e arcate ogivali, conducevano nel transetto, concluso da cinque absidi semiottagonali. Senza scomodare le fantasiose interpretazioni sul “sacro ottagono”, è evidente che a quel tempo la forma ottagonale era molto diffusa, partendo dal notissimo Castel del Monte di Federico II, oggi riprodotto sulle monetine da un centesimo.
E all’epoca delle crociate l’impianto ottagonale veniva spesso utilizzato dagli ordini religioso-militari, in riferimento alla Cupola della roccia di Gerusalemme. Ma senza prove fondate, è velleitario congetturare una presenza dei templari (come oggi va di moda) per ogni edificio del XIII secolo che mostri elementi ottagonali. È, invece, certo che l’impianto celestiniano del 1287 riproduce forme già adottate in Abruzzo dai francescani, con chiari suggerimenti cistercensi nella zona presbiteriale.
Con la canonizzazione di Celestino, nel 1313, e con l’arrivo delle sue reliquie, nel 1327, i monaci videro aumentare le risorse per il completamento della chiesa. Dopo il terremoto del 1349, furono rifatte le absidi nelle forme attuali, venne affrescato tutto l’interno e furono realizzate numerose cappelline. All’inizio del XV secolo venne innalzata la maestosa facciata in pietra bianca e rosa, cui si deve la popolarità della basilica.
Nel 1517, Girolamo Vicentino realizzò il mausoleo del Santo, sull’esempio di quello di San Bernardino. Nel corso del Seicento, al culmine del loro splendore, i celestini fecero trasformare tutto l’interno in forme barocche, sovrapponendo decorazioni in stucco alle strutture medievali. E dopo il terremoto del 1703, il grandioso apparato scenografico fu concluso con la realizzazione di un soffitto ligneo a cassettoni, il grande organo, l’altare maggiore e altri arredi in marmi preziosi.
La basilica conservò questo assetto fino al 1970, quando un contestato intervento di restauro della Soprintendenza, ne ha ripristinato la spazialità originaria, cancellando però d’un colpo tutto quello che la storia aveva aggiunto al monumento.
«Insieme alla Fontana delle 99 Cannelle, la Basilica di Santa Maria di Collemaggio è senza dubbio il monumento aquilano più conosciuto». Ciò nonostante un alone di mistero circonda ancora oggi le vicende storiche della sua fondazione, tanto da appassionare molti alla ricerca di segni e significati occulti. Paradossalmente anche le recenti indagini archeologiche, effettuate sotto il livello del pavimento, hanno contribuito ad alimentare questa caccia quasi morbosa ai segreti nascosti di Collemaggio.
E in effetti l’avere accertato consistenti preesistenze murarie ben oltre il perimetro della chiesa attuale, non poteva che generare altra curiosità circa le reali intenzioni dei seguaci di Celestino. Ma almeno a questo enigma una spiegazione plausibile c’è. Ed è che lì dove sorge la basilica si può ipotizzare un insediamento precedente, ovvero lo scomparso Castello della Torre, il cui sito non è stato mai accertato, ma che si sa essere stato assai vicino alla nuova città di Aquila.
E in questo senso non è trascurabile il fatto che nel 1287 i monaci celestini acquistarono il terreno per la costruzione della chiesa da una tal Rogata di Bernardo della Torre. Insomma, quando il futuro Celestino V scelse quella propaggine del “Colle maggiore” per la sua grande basilica, là sopra dovevano esserci ancora le case dei torreggiani. La chiesa fu consacrata nel 1287 e i lavori erano in gran parte completati il 29 agosto del 1294, quando l’eremita Pietro del Morrone vi fu incoronato Papa.
Costruita a tempo di record, la basilica più grande della regione aveva un aspetto molto austero, del tutto coerente con la radicale povertà predicata da Celestino. Tre navate divise da pilastri ottagonali e arcate ogivali, conducevano nel transetto, concluso da cinque absidi semiottagonali. Senza scomodare le fantasiose interpretazioni sul “sacro ottagono”, è evidente che a quel tempo la forma ottagonale era molto diffusa, partendo dal notissimo Castel del Monte di Federico II, oggi riprodotto sulle monetine da un centesimo.
E all’epoca delle crociate l’impianto ottagonale veniva spesso utilizzato dagli ordini religioso-militari, in riferimento alla Cupola della roccia di Gerusalemme. Ma senza prove fondate, è velleitario congetturare una presenza dei templari (come oggi va di moda) per ogni edificio del XIII secolo che mostri elementi ottagonali. È, invece, certo che l’impianto celestiniano del 1287 riproduce forme già adottate in Abruzzo dai francescani, con chiari suggerimenti cistercensi nella zona presbiteriale.
Con la canonizzazione di Celestino, nel 1313, e con l’arrivo delle sue reliquie, nel 1327, i monaci videro aumentare le risorse per il completamento della chiesa. Dopo il terremoto del 1349, furono rifatte le absidi nelle forme attuali, venne affrescato tutto l’interno e furono realizzate numerose cappelline. All’inizio del XV secolo venne innalzata la maestosa facciata in pietra bianca e rosa, cui si deve la popolarità della basilica.
Nel 1517, Girolamo Vicentino realizzò il mausoleo del Santo, sull’esempio di quello di San Bernardino. Nel corso del Seicento, al culmine del loro splendore, i celestini fecero trasformare tutto l’interno in forme barocche, sovrapponendo decorazioni in stucco alle strutture medievali. E dopo il terremoto del 1703, il grandioso apparato scenografico fu concluso con la realizzazione di un soffitto ligneo a cassettoni, il grande organo, l’altare maggiore e altri arredi in marmi preziosi.
La basilica conservò questo assetto fino al 1970, quando un contestato intervento di restauro della Soprintendenza, ne ha ripristinato la spazialità originaria, cancellando però d’un colpo tutto quello che la storia aveva aggiunto al monumento.