La movida nel labirinto delle notti giovani

Pub, concerti e vecchie cantine: sopravvivere alla paura nei giorni delle scosse

L’AQUILA. «Il terremoto? Non tutti i mali vengono per nuocere: lunedì scorso il locale era così pieno che ho dovuto cacciare la gente». Fabio Salvati ha 37 anni e il sorriso di un ragazzo. Capelli e barba nerissimi, avezzanese, Salvati ha mollato, 7 anni fa, il suo lavoro di operaio per gestire un locale stile anni ’60, lo Student Bar, a due passi dalla chiesa trecentesca di San Pietro a Coppito. Lì, nella piazzetta, sotto gli occhi dei due leoni di pietra bianca che fanno da guardia al portone verde scuro della chiesa, nella notte senza scosse del fine settimana, chiacchierano e bevono birra, i giovani, aquilani e studenti fuori sede, che non riescono a entrare nello Student Bar. Una volta il bar si chiamava Black Moon ma tutti lo conoscevano come Il Picchio.

Nomi e soprannomi di locali e gestori si sovvrappongono come strati di ere geologiche successive nella mappa delle notti aquilane. Se a Pescara la movida si muove lungo l’asse di due sole strade, via delle Caserme e corso Manthonè, nel centro storico della città, all’Aquila la cartina del divertimento giovanile notturno richiama l’indecifrabilità del labirinto. Corso Federico, via Sassa, via Cavour, piazza San Pietro, i portici di San Bernardino: sono alcuni dei nomi della galassia che, ogni notte, si accende. Chi cerca ostinatamente un ordine nelle cose del mondo spiega che la notte del giovedì è quella degli studenti, quella del venerdì è abitata soprattutto da single trentenni, e quella del sabato da adolescenti. Ma se si imbocca, un venerdì sera, l’ingresso di quel labirinto ci si avvede presto di essere dentro un piccolo universo dominato dal caso e dalla mescolanza di età, stili di vita, classi sociali. Alle undici, la lunga discesa-salita di corso Federico II è battuta da pochi giovani che l’inerzia invernale intabarra a dispetto della serata mite.

Risalendo il corso, davanti al negozio Rosso Lacca, una decina di ragazzi ascolta un sassofonista che suona «La ragazza di Ipanema». In testa ha una vegetazione incolta di capelli ingrigiti. Una ragazza scatta delle foto. Seguono applausi tiepidi. In terra la custodia dello strumento contiene una ventina di euro in monetine. Questa parte bassa di corso Federico, fino all’incrocio con i portici di San Bernardino, il sabato pomeriggio si trasforma nel letto del fiume dello struscio, animato soprattutto da adolescenti aquilani e da quelli di paesi e frazioni come Pizzoli, Montereale, Lucoli, Tornimparte, Sassa, Paganica, Monticchio. Risalendo corso Federico sulla destra, un balcone al primo piano è affollato. E’ quello del Guastatore, un pub. Dall’interno precipita in strada musica ad alto volume.

Sul balcone le facce trentenni e pre-quarantenni di chi beve e chiacchiera appoggiato alla ringhiera di ferro battuto sembrerebbero dare ragione alla regola del venerdì sera, regno di single impegnati a esplorare la terra emotiva di nessuno degli anni post-universitari. Ma in piazza Regina Margherita ci pensa il Boss a scombinare di nuove le carte. Negli anni ’60 era una cantina, di quelle vere dove si vendeva vino al banco. In quarant’anni il Boss non è mai passato di moda e può permettersi di chiudere prima delle ore canoniche stabilite dalle ordinanze: l’una e le due di notte. Ci si arriva dal corso sbucando in piazza Regina Margherita. Aiuole e panchine punteggiate dal nero dei giubbotti dei giovani che fumano, parlano, bevono vino e birra.

Due lampioni liberty spandono la loro luce arancione sulla facciata del palazzo su cui si appoggia la statua di un Tritone. L’ingresso è in via Castello. Oltre il portoncino di legno, un bancone dietro il quale si mesce soprattutto vino rosso servito in bicchieri di vetro e una piccola fuga di stanze che dànno l’una nell’altra come nelle case dei nonni. Le sedie sono di legno e tutte occupate. Fra questi tavoli non c’è vincolo di appartenenza tribale che tenga. Ci trovi studenti e professori, politici e giocatori dell’Aquila rugby come Dario Pallotta, Lorenzo Milani e Daniele Giampietri. Ma anche attori delle compagnie di passaggio in città. «Tanto per dire», raccontano, «l’anno scorso, qui, ogni sera, ci trovavi Rocco Papaleo». Molti berretti femminili e maschili. Barbe che citano gli anni ’70 mediati dai racconti di genitori e fratelli maggiori. Maglioni di lana a pelle. I colori di rigore sono il solito nero, il blu e il verde scuri. Sono le undici e mezza.

In via Tempera c’è la fila davanti al Jason Irish Pub. In piazza Palazzo, quella del Comune, un altro pub affollato, il Farfarello. Quando, verso mezzanotte, il Boss spegne le luci, i giovani che non ne hanno ancora abbastanza della notte si riversano soprattutto al Farfarello o allo Student Bar. Scendendo per corso Umberto, sulla destra c’è il Vinalia, un ristorante-enoteca a fianco alla storica libreria Colacchi. La clientela è più adulta e meno precaria. Fuori non ci sono file o capannelli. In via dei Gaglioffi c’è Palazzo Gaglioffi. Uno dei portoni è quello dell’Exo. Disco live club recita la targa dorata che spicca sulla pietra sbriciolata dell’edificio del Trecento che un tempo ospitava le stalle della famiglia Gaglioffi. Entrando si viene avvolti da luci viola, rosse e blu. Due banconi bar in stile post-moderno anni ’80. Poi, otto gradini più giù, una sala con un palco in fondo dove stanno per salire Colori Primari, una band abruzzese.

Divani bianchi lungo le pareti su cui spiccano studenti in nero d’ordinanza. In attesa dei Colori Primari, il volume della musica non è alto, così si può chiacchierare senza ricorrere al linguaggio dei segni. Uscendo, piazza San Biagio è a due passi. Svoltando a destra, via Sassa, la strada dove la movida aquilana e quella pescarese sembrano darsi la mano per un momento. E’ lunga più o meno trecento metri ed è affollata di locali come corso Manthonè a Pescara. Si passeggia ma soprattutto si staziona davanti a pub e bar. A gruppi di quattro o cinque, i ragazzi bevono, soprattutto birra, e fumano. Qui c’è un altro Irish Pub che si chiama Silvestro’s come il nome del gatto dei cartoni della Warner Bros che ha la fissa per l’uccellino Titti. Sulla sinistra risalendo verso piazza Duomo, l’Andalucia, un locale dove si mangia e si beve spagnolo.

Quasi di fronte, al Messiè è in corso una festa Erasmus, con studenti stranieri e italiani. C’è la fila fuori. Dentro, il party sembra una citazione, confezionata per il popolo di YouTube, di una festa metà-anni ’60 della gang di Warhol al Dom o alla Factory. Il locale, piccolo, è stipatissimo. Le facce sono colorate dai video proiettati addosso come in un risorto Exploding Plastic Inevitable. Mancano solo Gerard Malanga ed Edie Sedgwick a mulinare fruste e torce elettriche. A sinistra c’è il Magoo. Due buttafuori all’ingresso. «Qui, l’estate scorsa c’è stata anche una serata con Fabrizio Corona», spiegano con un punta di orgoglio. D’estate si apre il dehors. Al coperto, invece, le pareti sono coperte da foto di divi del cinema classico: Montgomery Clift, James Dean, Grace Kelly. Ci sono due gigantografie in bianco e nero che spiccano contro il rosso che domina sulle pareti: la Loren di «Ieri, oggi e domani», e la Monroe di «Quando la moglie è in vacanza» che, davanti a Tom Ewell, cerca di tirare giù la gonna bianca gonfiata dallo sbuffo di vapore che passa attraverso la grata della metropolitana. Prima di riemergere in piazza Duomo un ultimo locale, il Cavour, che prende il nome dalla strada.

Fuori la solita piccola folla che fuma e beve, mentre dentro si balla. In una notte addolcita anche dall’assenza di scosse di terremoto, l’unico fantasma che aleggia, a tratti, è quello della crisi. Fino a quando la dolcezza del vivere della movida seguirà il suo corso nelle notti abruzzesi e italiane? «La crisi c’è», racconta Fabio Salvati appoggiato al bancone del suo Student Bar, che una volta si chiamava Black Moon ma che tutti conoscevano come il Picchio. «Ci sono studenti che si vengono ad offrire per il lavoro e che devo respingere. Sono ragazzi che cercano di guadagnare qualcosa per pesare di meno sulla famiglia, per pagare l’affitto se sono fuori sede. Che si fa con la crisi? Io qui ho gli stessi prezzi di sette anni fa. Prezzi non bassi, ma onesti». La mezzanotte e mezza è passata da poco. In corso Federico II, ormai quasi deserto, il sassofonista appassionato di bossa nova ha smontato il suo piccolo palco e svuotato degli spiccioli la custodia del suo strumento. Domani sera si replica.
(Ha collaborato Fabio Iuliano)