La sentenza “azzoppa” l’inchiesta-bis su Bertolaso

Grandi rischi, le motivazioni dell’Appello vanno oltre il giudizio sui sette imputati «Non c’è prova che l’intento mediatico fosse conosciuto e condiviso dagli esperti»

L’AQUILA. Gli scienziati della Grandi rischi – riuniti all’Aquila in forma privata, in una sorta di turris eburnea impenetrabile ai dettami della politica – non erano obbligati a parlare. Anzi, dovevano astenersi dal comunicare all’esterno le loro elucubrazioni. Ché farlo toccava ad altri. Non solo. Il convitato di pietra di questo processo – l’ex capo dipartimento della Protezione civile Guido Bertolaso – secondo la Corte d’Appello ha già chiarito il tenore della conversazione «casualmente intercettata» tra lui e l’assessore Daniela Stati. «Da un lato», scrivono i giudici di secondo grado, «l’esigenza di “zittire subito qualsiasi imbecille, placare illazioni, preoccupazioni ecc.”, dall’altro di invitare la Protezione civile regionale, alle dipendenze della Stati, a “non fare comunicati dove non sono previste altre scosse di terremoto”». Ma c’è di più. La Corte scavalca le carte di questo processo e va oltre, superando e quasi anticipando un altro giudizio pendente. A pagina 173 delle motivazioni del collegio Francabandera-De Matteis-Flamini viene offerta, infatti, un’interpretazione di natura psicologica delle vere intenzioni di Bertolaso, coindagato in reato connesso.

Scrivono i giudici: «La conversazione («casualmente intercettata», ma che è oggetto di altro procedimento, ndr) offre un quadro del convincimento circa la situazione in corso maturato da Bertolaso, evidentemente preoccupato nell’immediatezza più dell’allarme ormai già diffuso nella popolazione, a suo avviso imprudentemente fronteggiato dalla Protezione civile locale, che da un possibile – ma non prevedibile – evento sismico di portata maggiore rispetto a quanto già accaduto». Quindi, la chiosa: «Peraltro, per quel che in questa sede rileva, non vi è prova agli atti che detto intendimento fosse stato comunicato agli esperti da lui convocati e da costoro condiviso a priori, sino a contraddire o minimizzare quanto rilevabile dai dati scientifici oggetto della valutazione loro richiesta».

Insomma, hanno deciso per questo processo e per l’altro, se mai ci sarà. Visto che il caso Bertolaso, o Grandi rischi-bis, è nelle mani della Procura generale che deve decidere se chiedere il rinvio a giudizio o l’archiviazione. Si profila dunque all’orizzonte uno scontro tra poteri alla Corte d’Appello tra procuratore generale e giudicanti. Uno avoca la sentenza ritenendo che il pm della Procura non abbia fatto fino in fondo quanto fosse dovuto, gli altri parlano della posizione di un personaggio coindagato in reato connesso per arrivare a dire che non è vero che gli scienziati sapessero dell’«operazione mediatica». C’è anche questo nelle 389 pagine di motivazioni della sentenza che ha assolto sei ex componenti della Commissione scaricando tutte le colpe sul settimo imputato, Bernardo De Bernardinis, l’ex vice di Bertolaso.

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