La trappola dei subappalti Piccoli costruttori non pagati

La Procura: «Documenti fasulli su due opere allo scopo di sbloccare fondi per mezzo milione» Imprenditore svela: «Le ditte ci promettono soldi per i lavori fatti, ma spesso non arriva nulla»

L’AQUILA. Un altro imprenditore indagato. I mancati pagamenti dei subappalti sembrano essere diventati la principale emergenza della ricostruzione. Un fenomeno che ormai ha ripercussioni pesanti nell’edilizia, sempre più in crisi, ma anche sul fronte giudiziario con l’apertura di diverse inchieste, al ritmo di quasi una al giorno. Il paradosso è che, a fronte di fiumi di milioni erogati per i lavori, tante piccole imprese aquilane sono in pieno dissesto.

SUBAPPALTI. «Si verifica troppo spesso», dice Nino Bruno, un subappaltatore il quale si fa anche portavoce di decine di piccoli imprenditori, «che le grandi aziende che prendono i maxi-appalti non ci paghino per i lavori e noi andiamo a gambe all’aria. Da parte loro», aggiunge, «c’è sempre la solita rassicurazione nei nostri confronti per la quale dicono che, trattandosi di fondi pubblici, comunque arrivano. Ma troppo spesso succede che nessuno ci rende il dovuto e a rimetterci siamo solo noi. Loro non rischiano nulla». «Ma com’è possibile», si domanda l’imprenditore, «che la legge consenta una semplice autocertificazione sul pagamento dei subappalti per far erogare fondi statali? Qui ci vorrebbero ben altre attestazioni con fatture e documenti ufficiali e non un atto predisposto da gente che arriva qui da lontano e che talvolta, non è nemmeno troppo affidabile». «La causa di tutto questo», commenta Bruno, «è che questa legge sulla ricostruzione sembra fatta per aiutare le grandi aziende che talvolta fanno anche la cresta sui subappalti a nostro discapito». Egli, infine, tiene a precisare che nel “cantiere più grande d’Europa” sarebbe stato opportuno, su iniziativa dei politici, creare consorzi di ditte locali in modo che fossero queste le vere protagoniste della ricostruzione.

LE DENUNCE. Le segnalazioni sono state tante, a fronte di almeno cento ditte che operano in questo comparto. Queste denunce, supportate anche da riunioni affollate, sono servite a scoperchiare un pentolone che farebbe venir fuori anche pesanti responsabilità, non solo degli imprenditori che non pagano e che falsificano documenti, ma anche di funzionari dei vari uffici che non fanno neppure controlli a campione sulle pratiche e che se ne sono infischiati delle segnalazioni.

L’ANCE. Nei mesi scorsi anche l’ex presidente dell’Associazione costruttori Gianni Frattale era intervenuto in maniera dura sul problema. «Se un’impresa autocertifica un pagamento falso», disse, «dev’ essere radiata dalla Soa e segnalata al Consiglio superiore dei lavori pubblici perché le chiacchiere se le porta il vento». La radiazione dalla Soa (Società di organismi di attestazione) comporta l’impossibilità di lavorare, visto che vengono meno i requisiti.

LA NUOVA INCHIESTA. La Guardia di Finanza sta mettendo il dito sulla piaga con una serie di indagini sulle autocertificazioni col trucco. L’ultimo caso riguarda alcuni lavori in un cantiere della ricostruzione a Paganica. Gli uomini della polizia tributaria, coordinati dal colonnello Sergio Aloia, hanno aperto l’ennesimo fascicolo a carico di un imprenditore aquilano, Fabrizio Tranquini, 40 anni, con accuse ancora tutte da provare. Il gup, si richiesta del pm Fabio Picuti, ha disposto a suo carico il sequestro per equivalente di 90mila euro. Questa, più in particolare, la contestazione: Tranquini, nella veste di titolare della ditta Sitec, attraverso due false autocertificazioni che hanno attestato l’avvenuto pagamento di due fornitori, ha ottenuto in modo illecito, da parte del Comune dell’Aquila, il pagamento di due Sal (Stato di avanzamento dei lavori) per un importo complessivo di mezzo milione di euro. Questo, dunque, ha portato a indagarlo per indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato e come detto, al sequestro, nei suoi confronti di una somma pari a 90mila euro circa, corrispondente all’importo delle fatture non pagate ai fornitori. «Gli affidatari dei lavori di ricostruzione e ristrutturazione degli edifici danneggiati dal sisma che omettono il pagamento dei propri fornitori di beni e servizi, subappaltatori», dice la Finanza, spiegando la ragione del forte impegno profuso in tal senso, «oltre a non assumersi alcun rischio d’impresa (perché i pagamenti per i lavori da loro svolti vengono elargiti puntualmente dall’amministrazione comunale a ogni stato di avanzamento lavori) e trattenendo quindi per sé tutti gli utili, privano di risorse finanziarie le imprese più piccole determinandone, sovente, se non il fallimento, quantomeno la sofferenza». Per cui, di fatto, si arreca anche un danno all’operatore economico che lavora in modo onesto. E il fenomeno al vaglio della magistratura non è secondario e, pertanto, si è deciso di non sottovalutarlo. Infatti è stato messo a punto il Progetto Crasi (Centro ricerca e analisi per lo sviluppo investigativo), cui collaborano numerose istituzioni oltre alla Procura distrettuale antimafia, le forze dell’ordine, prefettura e Comuni del cratere mettendo a disposizione la documentazione e facilitando il lavoro investigativo.

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