«Le case non basteranno»
Il sindaco lancia l’allarme: avremo gravi tensioni sociali.
L’AQUILA. «Le case in costruzione non basteranno per tutti. E in questa situazione corriamo il rischio di dover affrontare gravi tensioni sociali». A lanciare l’allarme è il sindaco Massimo Cialente.
E’ un fiume in piena Cialente che «invita» la Protezione civile a rivedere alcune decisioni. «Scelte» afferma il primo cittadino «che scateneranno le proteste. In questo momento la mia grande preoccupazione» dice «è legata ai tempi del rientro nelle case. Il piano predisposto dal governo non consentirà a tutti gli aquilani di poter aver un alloggio in attesa della risistemazione delle case danneggiate dal sisma. Abbiamo circa 14mila nuclei familiari (lettere E ed F o residenti nella zona rossa) da sistemare, a fronte di 5mila case in costruzione che verranno consegnate tra settembre e dicembre. E sta scoppiando in tutta la sua drammaticità il problema della case B e C per le quali sono previsti lavori lunghi. Si tratta di altre migliaia di famiglie che attendono un sostegno serio e non la sistemazione in comuni del teramano. Non piace a nessuno la proposta di trasformarsi in pendolari, tanto meno a chi ha figli in età scolare. I tempi scivolano e si pone ora il problema di far capire che non tutti avranno quelle case “tanto belle” pubblicizzate da Berlusconi. Questa esaltazione darà luogo a un malcontento gravissimo».
Quale potrebbe essere, allora, l’alternativa al pendolarismo?
«Le case classificate B e C sono tante. Parliamo di circa 10 mila nuclei da sistemare per il periodo necessario alla riparazione dei danni. Interventi che non sono ancora cominciati, e non certo per colpa del Comune come qualcuno ha tentato di far passare. Il Comune ha finora evaso tutte le pratiche arrivate (200 A e 150 B) con le poche persone disponibili, ormai allo stremo. Ed ora ci sarà da affrontare anche il problema degli alloggi popolari per i quali siamo ancora in attesa dell’ordinanza. La mia idea è di ricorrere alle case mobili che andremo a posizionare in aree attrezzate e che potranno essere rimosse via via che le risistemazioni saranno completate. Un’operazione che non costerà neppure tanto. Alla gente che vuol tornare qui non si può proporre di fare il pendolare. E poi bisognerà pensare a chi non ha la possibilità di pagare l’affitto o di autosostenersi. Problemi che possono dar vita a una miscela esplosiva».
Negli ultimi tempi lei ha più volte dichiarato di essere stato tagliato fuori dalle scelte importanti per il futuro della città. I rapporti con Bertolaso e con il governo continuano ad essere difficili?
«Non voglio fare polemica, ma sono molto preoccupato. Ritengo di non poter tollerare che il ruolo del Comune sia divenuto improvvisamente marginale rispetto a quello svolto nella fase della prima emergenza. Qui è in gioco il ruolo degli enti locali, sui quali tra l’altro stanno ricadendo operazioni sperimentali, quale lo smaltimento delle macerie. Procedure complesse fino all’impraticabilità. Chiedo che il Comune venga coinvolto a pieno titolo, che si possa discutere insieme sulle soluzioni da ricercare e che l’ente venga dotato di mezzi e personale per poter gestire una tragedia così grande. Ora è in arrivo anche la valanga delle attività produttive. Ha ragione il presidente della Regione quando dice che ci vuole una Ferrari, e non una 500, per affrontare tutto questo. E’ arrivato il momento di fare chiarezza anche sul ruolo che compete ai sindaci».
E’ un fiume in piena Cialente che «invita» la Protezione civile a rivedere alcune decisioni. «Scelte» afferma il primo cittadino «che scateneranno le proteste. In questo momento la mia grande preoccupazione» dice «è legata ai tempi del rientro nelle case. Il piano predisposto dal governo non consentirà a tutti gli aquilani di poter aver un alloggio in attesa della risistemazione delle case danneggiate dal sisma. Abbiamo circa 14mila nuclei familiari (lettere E ed F o residenti nella zona rossa) da sistemare, a fronte di 5mila case in costruzione che verranno consegnate tra settembre e dicembre. E sta scoppiando in tutta la sua drammaticità il problema della case B e C per le quali sono previsti lavori lunghi. Si tratta di altre migliaia di famiglie che attendono un sostegno serio e non la sistemazione in comuni del teramano. Non piace a nessuno la proposta di trasformarsi in pendolari, tanto meno a chi ha figli in età scolare. I tempi scivolano e si pone ora il problema di far capire che non tutti avranno quelle case “tanto belle” pubblicizzate da Berlusconi. Questa esaltazione darà luogo a un malcontento gravissimo».
Quale potrebbe essere, allora, l’alternativa al pendolarismo?
«Le case classificate B e C sono tante. Parliamo di circa 10 mila nuclei da sistemare per il periodo necessario alla riparazione dei danni. Interventi che non sono ancora cominciati, e non certo per colpa del Comune come qualcuno ha tentato di far passare. Il Comune ha finora evaso tutte le pratiche arrivate (200 A e 150 B) con le poche persone disponibili, ormai allo stremo. Ed ora ci sarà da affrontare anche il problema degli alloggi popolari per i quali siamo ancora in attesa dell’ordinanza. La mia idea è di ricorrere alle case mobili che andremo a posizionare in aree attrezzate e che potranno essere rimosse via via che le risistemazioni saranno completate. Un’operazione che non costerà neppure tanto. Alla gente che vuol tornare qui non si può proporre di fare il pendolare. E poi bisognerà pensare a chi non ha la possibilità di pagare l’affitto o di autosostenersi. Problemi che possono dar vita a una miscela esplosiva».
Negli ultimi tempi lei ha più volte dichiarato di essere stato tagliato fuori dalle scelte importanti per il futuro della città. I rapporti con Bertolaso e con il governo continuano ad essere difficili?
«Non voglio fare polemica, ma sono molto preoccupato. Ritengo di non poter tollerare che il ruolo del Comune sia divenuto improvvisamente marginale rispetto a quello svolto nella fase della prima emergenza. Qui è in gioco il ruolo degli enti locali, sui quali tra l’altro stanno ricadendo operazioni sperimentali, quale lo smaltimento delle macerie. Procedure complesse fino all’impraticabilità. Chiedo che il Comune venga coinvolto a pieno titolo, che si possa discutere insieme sulle soluzioni da ricercare e che l’ente venga dotato di mezzi e personale per poter gestire una tragedia così grande. Ora è in arrivo anche la valanga delle attività produttive. Ha ragione il presidente della Regione quando dice che ci vuole una Ferrari, e non una 500, per affrontare tutto questo. E’ arrivato il momento di fare chiarezza anche sul ruolo che compete ai sindaci».