Le tendopoli non chiudono
Dopo la scossa rallenta lo sgombero dei campi.
L’AQUILA. «Entro fine settembre non ci sarà più alcuna tendopoli aperta». Tra le parole del premier e la realtà ci sono una scossa di 4,1 Richter, il ritardo nella consegna delle case, le resistenze incontrate in alcuni campi di accoglienza, dove la gente, prima di mollare il posto, in tenda ma pur sempre un posto, vuole sapere qual è l’altro appiglio. Viaggio nei villaggi di tela tra paura e speranze.
AL GLOBO. Si parte dalla tendopoli del parcheggio Globo, dove i volontari del gruppo Alpini sarebbero pure pronti, basta un ordine, a sgomberare tutto. Anche se, per l’operazione, è già pronta una squadra speciale di 40 uomini che assicura che si farà tutto «presto e bene». Ma la fretta del dipartimento di Protezione civile, fretta che aveva spinto gli ospiti di questo campo ad avviare persino una raccolta di firme, ispirata dal comitato «3 e 32» dopo un’infuocata assemblea tra favorevoli e contrari alla chiusura del campo, sembra essere scemata. Sono ancora 700 gli ospiti del campo (che qualche mese fa ha avuto il picco di presenze con 1200 sfollati). In questi giorni sono andate via appena una ventina di persone. Le cucine della Marina e dell’Esercito sfornano ancora pasti e la sera la vigilanza viene raddoppiata perché, ora che qui accanto, nello stesso piazzale, hanno riaperto esercizi commerciali, «di notte si vede di tutto». Il capo campo Emilio Colleoni spiega: «Sappiamo che si stanno valutando, insieme ai residenti, le esigenze di ciascuno per arrivare ai trasferimenti.
Il funzionario passa tenda per tenda» e la conferma arriva da un manifestino che parla di censimento. La data probabile per lo smantellamento, adesso, è quella del 15 ottobre. Ma in tanti non vogliono andarsene. La signora Serena, che vive da sola, da sei mesi è in tenda con un gruppo di stranieri. La voglia di una sistemazione un po’ più normale è tanta. «Non voglio andare fuori città. Quasi certamente, invece, mi toccherà un albergo lontano da casa. Mi hanno detto: tra quattro giorni ti facciamo sapere dove vai. Forse la scossa ha rallentato tutto. C’è tanto malumore nel campo, ma le divisioni non servono.
Penso che dovremmo restare tutti uniti». Poco più in là Filomena De Luca, che abita alle case popolari, è infuriata. «La scossa? L’abbiamo sentita eccome. Adesso bisognerebbe temporeggiare prima di chiudere tutto. Io da qui non mi sposto. La mia casa sta bene, ma gli altri piani sono danneggiati. Ho una figlia disabile e non posso rischiare. Mi devono dare una casa di ferro sennò rimango qua». Intanto, da questo campo, quattro volontari sono stati spostati a Monticchio 1, dove lo sgombero del campo ha provocato numerose proteste sfociate in quella, clamorosa, di una donna che si è incatenata in tenda.
A PAGANICA. Un volantino che invita a scegliere i soldi dell’autonoma sistemazione è il deterrente della Protezione civile dell’Umbria per alleggerire il campo di Paganica 4. Nessuna iniziativa personale. Tutto in linea con la Protezione civile, ma gli umbri stanno facendo di tutto per assicurare da un lato la continuità dei servizi e dall’altro sollecitare, chi può e se la sente, a sistemarsi altrove. Anche qui la data ufficiale di stop è il 30 settembre ma tira tutta un’altra aria. Altro che smobilitazione. Tutto in piedi, tutto come al primo giorno, compresa la mensa dove siedono ancora 240 persone a pasto. «Più si sposta la data, più la gente resta », dice un volontario. Il capo campo, Andrea Pascucci, nella spianata spazzata dal vento del Gran Sasso conferma che le uscite, finora, sono state poche. «Qui la maggior parte della gente ha casa E o F. Delle case nuove si vedono solo gli scheletri.
Le consegne? Dal 14 novembre. Se arriva il freddo forte, ed è un miracolo che il tempo ancora regga, cominceranno i problemi». La soluzione alternativa proposte agli sfollati di Paganica? Isola del Gran Sasso, di là dal traforo. Con le navette per venire a scuola o a fare la spesa in paese per poi tornare a dormire lì, la notte. «Ma la gente non ci sta», afferma ancora Pascucci. «Di 12 contattati, la metà ha accettato. I moduli provvisori saranno pronti solo tra 40 giorni, ce l’ha ribadito il sindaco. Per questo stiamo spingendo col volantino sul contributo». Attaccato all’ingresso, dove tutti lo vedono, in grassetto c’è scritto: «800 euro due coniugi ultra 65enni; 1000 euro famiglia di 5 persone con 2 anziani; 200 euro per ogni ultra 65enne o persona con disabilità non inferiore al 67 per cento; 300 euro nucleo monofamiliare, 400 euro bifamiliare, 600 euro nucleo con 3 o più persone». Ieri notte, dopo la scossa, due persone sono tornate a chiedere posto in tenda. «Avevano paura del terremoto e li abbiamo riaccolti», conclude Pascucci, «ma secondo me in questa fase occorrerebbe più solidarietà tra famiglie. Magari chi ha posto in una casa che si è salvata potrebbe ospitare chi è senza soluzione. Qui vedo poca solidarietà ». Le tende chiuse finora sono state 14 su 80, di cui 4 negli ultimi giorni.
A PIAZZA D’ARMI. Al tramonto di settembre, davanti a uno scempio di immondizia lasciata al suo posto dopo lo sgombero forzato della tendopoli più grande e più problematica dell’intera città sparsa, tre dei 40 «irriducibili » ragionano su quando, finalmente, se ne potranno andare. «Non sappiamo niente. Di certo, a Ovindoli non se ne parla: l’abbiamo già detto. Avevano promesso che per questa settimana ci avrebbero trovato una sistemazione più vicina ma non si è visto nessuno. Ci hanno smontato e tolto tutto, dobbiamo fare pure la guardia ai cartoni di acqua minerale. C’è gente che viene da fuori e se la carica sulla macchina. Ma abbiamo chiamato i carabinieri e uno l’abbiamo beccato». Qui ci sono ancora persone disabili, come una donna anziana costretta sulla sedia a rotelle. «Cialente? Qua non si è mai visto». Senza corrente anche l’ambulatorio medico, che visita, sì, ma «fino al tramonto ». Tendopoli chiuse a settembre? Pare di no. L’ultimo aggiornamento parla di 11108 ospiti. Titti Postiglione (Sala Italia Protezione civile) insiste: «L’obiettivo resta invariato». Le tendopoli chiuse da maggio sono 86, ne restano ancora 85 anche se sul sito c’è scritto 110. Impossibile chiuderle in 5 giorni.
AL GLOBO. Si parte dalla tendopoli del parcheggio Globo, dove i volontari del gruppo Alpini sarebbero pure pronti, basta un ordine, a sgomberare tutto. Anche se, per l’operazione, è già pronta una squadra speciale di 40 uomini che assicura che si farà tutto «presto e bene». Ma la fretta del dipartimento di Protezione civile, fretta che aveva spinto gli ospiti di questo campo ad avviare persino una raccolta di firme, ispirata dal comitato «3 e 32» dopo un’infuocata assemblea tra favorevoli e contrari alla chiusura del campo, sembra essere scemata. Sono ancora 700 gli ospiti del campo (che qualche mese fa ha avuto il picco di presenze con 1200 sfollati). In questi giorni sono andate via appena una ventina di persone. Le cucine della Marina e dell’Esercito sfornano ancora pasti e la sera la vigilanza viene raddoppiata perché, ora che qui accanto, nello stesso piazzale, hanno riaperto esercizi commerciali, «di notte si vede di tutto». Il capo campo Emilio Colleoni spiega: «Sappiamo che si stanno valutando, insieme ai residenti, le esigenze di ciascuno per arrivare ai trasferimenti.
Il funzionario passa tenda per tenda» e la conferma arriva da un manifestino che parla di censimento. La data probabile per lo smantellamento, adesso, è quella del 15 ottobre. Ma in tanti non vogliono andarsene. La signora Serena, che vive da sola, da sei mesi è in tenda con un gruppo di stranieri. La voglia di una sistemazione un po’ più normale è tanta. «Non voglio andare fuori città. Quasi certamente, invece, mi toccherà un albergo lontano da casa. Mi hanno detto: tra quattro giorni ti facciamo sapere dove vai. Forse la scossa ha rallentato tutto. C’è tanto malumore nel campo, ma le divisioni non servono.
Penso che dovremmo restare tutti uniti». Poco più in là Filomena De Luca, che abita alle case popolari, è infuriata. «La scossa? L’abbiamo sentita eccome. Adesso bisognerebbe temporeggiare prima di chiudere tutto. Io da qui non mi sposto. La mia casa sta bene, ma gli altri piani sono danneggiati. Ho una figlia disabile e non posso rischiare. Mi devono dare una casa di ferro sennò rimango qua». Intanto, da questo campo, quattro volontari sono stati spostati a Monticchio 1, dove lo sgombero del campo ha provocato numerose proteste sfociate in quella, clamorosa, di una donna che si è incatenata in tenda.
A PAGANICA. Un volantino che invita a scegliere i soldi dell’autonoma sistemazione è il deterrente della Protezione civile dell’Umbria per alleggerire il campo di Paganica 4. Nessuna iniziativa personale. Tutto in linea con la Protezione civile, ma gli umbri stanno facendo di tutto per assicurare da un lato la continuità dei servizi e dall’altro sollecitare, chi può e se la sente, a sistemarsi altrove. Anche qui la data ufficiale di stop è il 30 settembre ma tira tutta un’altra aria. Altro che smobilitazione. Tutto in piedi, tutto come al primo giorno, compresa la mensa dove siedono ancora 240 persone a pasto. «Più si sposta la data, più la gente resta », dice un volontario. Il capo campo, Andrea Pascucci, nella spianata spazzata dal vento del Gran Sasso conferma che le uscite, finora, sono state poche. «Qui la maggior parte della gente ha casa E o F. Delle case nuove si vedono solo gli scheletri.
Le consegne? Dal 14 novembre. Se arriva il freddo forte, ed è un miracolo che il tempo ancora regga, cominceranno i problemi». La soluzione alternativa proposte agli sfollati di Paganica? Isola del Gran Sasso, di là dal traforo. Con le navette per venire a scuola o a fare la spesa in paese per poi tornare a dormire lì, la notte. «Ma la gente non ci sta», afferma ancora Pascucci. «Di 12 contattati, la metà ha accettato. I moduli provvisori saranno pronti solo tra 40 giorni, ce l’ha ribadito il sindaco. Per questo stiamo spingendo col volantino sul contributo». Attaccato all’ingresso, dove tutti lo vedono, in grassetto c’è scritto: «800 euro due coniugi ultra 65enni; 1000 euro famiglia di 5 persone con 2 anziani; 200 euro per ogni ultra 65enne o persona con disabilità non inferiore al 67 per cento; 300 euro nucleo monofamiliare, 400 euro bifamiliare, 600 euro nucleo con 3 o più persone». Ieri notte, dopo la scossa, due persone sono tornate a chiedere posto in tenda. «Avevano paura del terremoto e li abbiamo riaccolti», conclude Pascucci, «ma secondo me in questa fase occorrerebbe più solidarietà tra famiglie. Magari chi ha posto in una casa che si è salvata potrebbe ospitare chi è senza soluzione. Qui vedo poca solidarietà ». Le tende chiuse finora sono state 14 su 80, di cui 4 negli ultimi giorni.
A PIAZZA D’ARMI. Al tramonto di settembre, davanti a uno scempio di immondizia lasciata al suo posto dopo lo sgombero forzato della tendopoli più grande e più problematica dell’intera città sparsa, tre dei 40 «irriducibili » ragionano su quando, finalmente, se ne potranno andare. «Non sappiamo niente. Di certo, a Ovindoli non se ne parla: l’abbiamo già detto. Avevano promesso che per questa settimana ci avrebbero trovato una sistemazione più vicina ma non si è visto nessuno. Ci hanno smontato e tolto tutto, dobbiamo fare pure la guardia ai cartoni di acqua minerale. C’è gente che viene da fuori e se la carica sulla macchina. Ma abbiamo chiamato i carabinieri e uno l’abbiamo beccato». Qui ci sono ancora persone disabili, come una donna anziana costretta sulla sedia a rotelle. «Cialente? Qua non si è mai visto». Senza corrente anche l’ambulatorio medico, che visita, sì, ma «fino al tramonto ». Tendopoli chiuse a settembre? Pare di no. L’ultimo aggiornamento parla di 11108 ospiti. Titti Postiglione (Sala Italia Protezione civile) insiste: «L’obiettivo resta invariato». Le tendopoli chiuse da maggio sono 86, ne restano ancora 85 anche se sul sito c’è scritto 110. Impossibile chiuderle in 5 giorni.