Letta ritorna ad Aielli da cittadino onorario
L’ex sottosegretario alla cerimonia: bisogna creare un clima di coesione Striscione polemico contro l’intitolazione della piazza allo zio fascista
AIELLI. Sullo schermo del navigatore c’è scritto ancora piazza Risorgimento, ma da un anno a questa parte, questo spazio si chiama piazza Guido Letta. È qui, nella chiesa di San Giuseppe, realizzata alla fine degli anni Trenta, che forze dell’ordine e rappresentanti locali si sono dati appuntamento per la cerimonia di conferimento della cittadinanza onoraria al nipote del prefetto fascista, l’ex sottosegretario alla Presidenza del consiglio, Gianni Letta.
Queste case e questi vicoli raccontano la sua storia e quella della sua famiglia. Su una pietra di Aielli Alto c’è inciso «L.L. 1914». Sta per Luigi Letta, il nonno di Gianni in una casa in cui visse anche il padre del politico. Mura che di lì a poco avrebbero fatto i conti col terremoto del 1915. «I Letta stanno a questa terra come i Kennedy agli Stati Uniti», scherza il senatore Filippo Piccone, sindaco di Celano, intervenuto alla cerimonia a nome dei primi cittadini della zona. Da bambino, prima di trasferirsi ad Avezzano, Letta pedalava da Aielli Alto ad Aielli Stazione. «Sognavo di fare il ferroviere», ha ricordato al pubblico della sala convegno. «E invece si è trovato a fare il “macchinista dell’Italia”», è stata la pronta risposta del sindaco B enedetto Di Censo. Un'iniziativa che da un anno sta facendo discutere proprio a causa dell’intitolazione di piazza Risorgimento al prefetto Letta, criticata da varie associazioni culturali – prima tra tutti l’Associazione nazionale partigiani – che in più occasioni avevano associato polemicamente la figura del prefetto Letta alle leggi razziali del fascismo. Critiche che avevano spinto gli organizzatori a rimandare la cerimonia della cittadinanza, per evitare guai. Ieri, nessuna contestazione, eccetto uno striscione appeso su un balcone alle porte del paese, con una frase di Primo Levi: «Chi dimentica il passato è condannato a riviverlo».
«La storia non si cancella», ha replicato Letta, «ognuno ha diritto a dare le sue interpretazioni, nella libertà e nel rispetto di tutti ma chiedendo anche una considerazione per il parere degli altri e soprattutto i fatti sono quelli e non si cancellano». Ma ieri è stato soprattutto il tempo della festa, per Letta e per i suoi familiari, tra cui la moglie Maddalen a, la figlia Marina e la sorella Maria Teresa. In sala, il prefetto Giovanna Iurato, il presidente della Provincia, Antonio Del Corvo, la parlamentare Paola Pelino e l’assessore regionale Angelo Di Paolo. Persone che in questi ultimi tre anni e mezzo hanno condiviso con l’ex sottosegretario le problematiche legate alla gestione di un altro devastante terremoto, quello aquilano. È qui che gli occhi di Letta ripercorrono le tappe principali del post-sisma, dalle difficoltà nel sostenere l’intervento del governo, ai rapporti con la gente, fino alle scelte strategiche per ripartire, in quest’area, come nel resto d’Italia. «Il destino di questo Paese dipende da tutto noi», ha detto Letta strappando l’applauso al sindaco di Avezzano, Gianni Di Pangrazio. Come esempio, Letta ha richiamato la laboriosità e la tenacia della popolazione della Marsica, «doti essenziali in un momento di crisi come l’attuale» ed ha auspicato «la creazione di un clima di coesione nazionale». Un messaggio che parte dalle immagini della cerimonia inaugurale olimpica e dalla tempesta shakesperiana: «Siamo fatti della sostanza dei sogni». Al termine è stata celebrata una messa.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
GUARDA LA FOTOGALLERY
E COMMENTA
www.ilcentro.it