Luco dei Marsi, caccia ai pusher della coca

La droga entrava in Italia dentro le barre metalliche dei trolley per eludere i controlli

AVEZZANO. Caccia ai pusher della droga che arrivava da Santo Domingo. A Luco, dopo l'arresto di quattro persone, tre stranieri e un italiano domiciliati in paese, ora si cerca chi spacciava la cocaina. Le sostanze stupefacenti passavano la dogana nascosti nelle barre metalliche dei trolley.

"Underwater" (sott'acqua), la maxi operazione della Guardia di finanza di Verona, ha fatto emergere un mondo sommerso legato allo spaccio di sostanze stupefacenti a Luco e nella Marsica. Ha portato alla luce le dinamiche che caratterizzavano il mercato della droga nella piana del Fucino e fatto chiarezza sulla provenienza della cocaina. Ora però si cercano gli spacciatori, coloro che materialmente si occupavano sul territorio della distribuzione delle grandi quantità di droga.

Gli arresti di Freddy Ramirez, 37 anni, la mente della banda, Hansel Samir Escobar Zapete (26), Juan Dionisio Francisco Gutierrez, detto Jesolito (30), dominicani, e Paolo Venticinque (31) marsicano, tutti domiciliati o residenti a Luco dei Marsi, sono il tassello fondamentale di un puzzle più complesso e articolato. L'operazione delle Fiamme gialle era iniziata a ottobre con l'arresto di altre tre persone di origine dominicana e soprattutto con il sequestro dei primi 20 chili di cocaina purissima destinata al mercato marsicano e abruzzese. La seconda fase dell'indagine, che ha portato agli arresti di Luco, ha visto il sequestro di altri 4 chili di cocaina.

A Luco, secondo quanto emerso dalle intercettazioni telefoniche, potrebbero essere arrivate partite di droga di pessima qualità che veniva a costare all'"ingrosso" 35 euro al grammo. In una conversazione tra Escobar e Guitierrez, i due commentano: «Ci hanno venduto merce come se fosse pura, invece era spazzatura. Un disastro. I clienti si sono lamentati e la gente ha pagato tutto come se fosse stata pura». Escobar propone quindi una revisione dei precedenti accordi proponendo di pagare «trenta» e di abbassare «di cinque punti» il prezzo ancora da corrispondere al fornitore dominicano. Nelle conversazioni, inoltre, si capisce che i corrieri preferivano viaggiare «sull'aereo piccolino che arriva diretto». Gli arrestati sono difesi dagli avvocati Roberto Verdecchia e Pasquale Motta.

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