Macerie, ex Teges a rischio chiusura
Il sito è autorizzato fino al 31 dicembre, intoppi sulle altre aree.
L’AQUILA. Rifiuti sbucati in una cava dove si volevano portare le macerie, «duplicazione» di un sito di Barisciano dove due privati hanno indicato la stessa area. Macerie fuori regione. Sono questi i temi del comitato tecnico previsto per oggi.
LE SPINE. Il comitato tecnico convocato a palazzo Silone (sala Celestino) dovrà sciogliere una serie di nodi. La priorità assoluta è quella di individuare, entro gennaio, un nuovo sito per il deposito temporaneo, e quindi per il trattamento, dei tre milioni di metri cubi stimati di macerie che devono essere rimosse dall’Aquila e dagli altri centri colpiti dal terremoto. Il primo problema è questo, visto che tra due settimane scade il termine autorizzativo per l’ex Teges, l’unico sito temporaneo dov’è possibile, attualmente, conferire e trattare i resti di edifici crollati e demoliti, oltre al materiale prodotto dalle ristrutturazioni.
Insomma, serve una sterzata su questo fronte altrimenti la rimozione della macerie, che sta andando avanti alla media di 500 tonnellate al giorno (a fronte di un peso stimato di circa 4 milioni complessivi) rischia la paralisi, col conseguente blocco della ricostruzione dei centri storici e delle altre zone interessate dalla devastazione. Oggi la commissione tecnica, formata da Regione, Provincia, Comuni, Protezione civile, si aprirà anche alla partecipazione dei cavatori (invitato il presidente regionale dell’Arca Giannetti), dei costruttori dell’Ance, dei rappresentanti dell’Anci (Associazione nazionale comuni italiani) e dell’Ordine degli Ingegneri. Paolo De Santis, presidente degli Ingegneri della provincia, ha fatto la proposta di portare le macerie fuori regione, coinvolgendo le ditte che, nel passato, hanno «depredato» il territorio aquilano con «prelievi indiscriminati» dalle cave della zona. L’idea di De Santis, che vorrebbe che le regioni limitrofe si facessero carico di una quota di macerie, ha aperto il dibattito sul tema.
I VERBALI. Oggi i tecnici apriranno anche i verbali che contengono l’esito delle verifiche ispettive effettuate nel giorni scorsi sui primi 7 siti, a fronte delle 17 richieste da parte di amministrazioni pubbliche e di privati, che sono stati proposti per ospitare e trattare le macerie. Già si sa che in uno dei siti in questione (uno dei cinque ricadenti nel territorio comunale di Pizzoli) sono emerse criticità ambientali in quanto, nel corso del sopralluogo, sono spuntati fuori dei rifiuti solidi urbani che qualcuno ha scaricato illecitamente. Questo ha fatto scattare indagini ambientali da parte di Arta, Forestale e polizia ambientale. Per ora questo sito è impraticabile per le macerie. Quanto ai siti di Barisciano, entrambi indicati dai privati (la Bleu di Lanciano, che vorrebbe realizzare una discarica per rifiuti speciali in un’area che attualmente, in parte, è adibita a cava di inerti, e l’Edilizia generale D’Amico di Casoli che propone una cava in località San Lorenzo) a una più attenta verifica sarebbe emerso che l’area indicata sarebbe la stessa. Anche su questo i tecnici dovranno fare le loro valutazioni.
LA DIRETTIVA. Il comitato tecnico sta per varare anche una direttiva regionale che impone di riutilizzare almeno il 50 per cento di materiale inerte riciclato derivante da macerie per la realizzazione di opere pubbliche. Un’altra quota, invece, sarà destinata, con lo stesso criterio, al risanamento delle cave. Sono queste le due leve sulle quali la struttura tecnica fa affidamento per risolvere quello che il prefetto Franco Gabrielli, vicario della struttura commissariale, ha definito «il problema dei problemi». Si punta sul forte coinvolgimento dei Comuni perché le cave sono di proprietà demaniale. I Comuni verranno sollecitati a bandire le gare d’appalto per le macerie.
LE SPINE. Il comitato tecnico convocato a palazzo Silone (sala Celestino) dovrà sciogliere una serie di nodi. La priorità assoluta è quella di individuare, entro gennaio, un nuovo sito per il deposito temporaneo, e quindi per il trattamento, dei tre milioni di metri cubi stimati di macerie che devono essere rimosse dall’Aquila e dagli altri centri colpiti dal terremoto. Il primo problema è questo, visto che tra due settimane scade il termine autorizzativo per l’ex Teges, l’unico sito temporaneo dov’è possibile, attualmente, conferire e trattare i resti di edifici crollati e demoliti, oltre al materiale prodotto dalle ristrutturazioni.
Insomma, serve una sterzata su questo fronte altrimenti la rimozione della macerie, che sta andando avanti alla media di 500 tonnellate al giorno (a fronte di un peso stimato di circa 4 milioni complessivi) rischia la paralisi, col conseguente blocco della ricostruzione dei centri storici e delle altre zone interessate dalla devastazione. Oggi la commissione tecnica, formata da Regione, Provincia, Comuni, Protezione civile, si aprirà anche alla partecipazione dei cavatori (invitato il presidente regionale dell’Arca Giannetti), dei costruttori dell’Ance, dei rappresentanti dell’Anci (Associazione nazionale comuni italiani) e dell’Ordine degli Ingegneri. Paolo De Santis, presidente degli Ingegneri della provincia, ha fatto la proposta di portare le macerie fuori regione, coinvolgendo le ditte che, nel passato, hanno «depredato» il territorio aquilano con «prelievi indiscriminati» dalle cave della zona. L’idea di De Santis, che vorrebbe che le regioni limitrofe si facessero carico di una quota di macerie, ha aperto il dibattito sul tema.
I VERBALI. Oggi i tecnici apriranno anche i verbali che contengono l’esito delle verifiche ispettive effettuate nel giorni scorsi sui primi 7 siti, a fronte delle 17 richieste da parte di amministrazioni pubbliche e di privati, che sono stati proposti per ospitare e trattare le macerie. Già si sa che in uno dei siti in questione (uno dei cinque ricadenti nel territorio comunale di Pizzoli) sono emerse criticità ambientali in quanto, nel corso del sopralluogo, sono spuntati fuori dei rifiuti solidi urbani che qualcuno ha scaricato illecitamente. Questo ha fatto scattare indagini ambientali da parte di Arta, Forestale e polizia ambientale. Per ora questo sito è impraticabile per le macerie. Quanto ai siti di Barisciano, entrambi indicati dai privati (la Bleu di Lanciano, che vorrebbe realizzare una discarica per rifiuti speciali in un’area che attualmente, in parte, è adibita a cava di inerti, e l’Edilizia generale D’Amico di Casoli che propone una cava in località San Lorenzo) a una più attenta verifica sarebbe emerso che l’area indicata sarebbe la stessa. Anche su questo i tecnici dovranno fare le loro valutazioni.
LA DIRETTIVA. Il comitato tecnico sta per varare anche una direttiva regionale che impone di riutilizzare almeno il 50 per cento di materiale inerte riciclato derivante da macerie per la realizzazione di opere pubbliche. Un’altra quota, invece, sarà destinata, con lo stesso criterio, al risanamento delle cave. Sono queste le due leve sulle quali la struttura tecnica fa affidamento per risolvere quello che il prefetto Franco Gabrielli, vicario della struttura commissariale, ha definito «il problema dei problemi». Si punta sul forte coinvolgimento dei Comuni perché le cave sono di proprietà demaniale. I Comuni verranno sollecitati a bandire le gare d’appalto per le macerie.